(Adnkronos) – Le microplastiche sono davvero ovunque. Basta cercarle e aumentano le evidenze della loro presenza in diversi organi e tessuti umani, dalla placenta al latte materno, dal fegato e dai polmoni ai tessuti cardiaci. E non solo. Non si trovano solo nelle arterie, ma anche nei trombi, formazioni solide costituite da componenti del sangue come piastrine, globuli rossi e bianchi e fibrina, che si formano nei vasi sanguigni o nelle cavità cardiache. A documentare al loro interno notevoli concentrazioni di microplastiche è uno studio cinese, pubblicato su Lancet.
“Le microplastiche sembrano essere un problema molto più importante di quello che si pensi. Invece di berciare su inesistenti danni da vaccino, sarebbe il caso di affrontare una questione che non è per niente semplice da risolvere”, sottolinea Roberto Burioni, professore di virologia all’università Vita-Salute San Raffaele Milano, postando e commentando su X lo studio della Shantou University.
Infarto e ictus, microplastiche trovate nel sangue
Per indagare sul potenziale impatto di queste sostanza sulla salute umana, in particolare sul sistema circolatorio, la ricerca è stata condotta con l’obiettivo di identificare, e quantificarne le concentrazioni, i tipi di polimeri e le proprietà fisiche delle microplastiche nei trombi umani prelevati chirurgicamente dalle arterie cerebrali, dalle coronarie e dalle vene profonde negli arti inferiori. I ricercatori, inoltre, hanno valutato la potenziale associazione tra i livelli di microplastiche e la gravità della malattia.
I campioni di trombi analizzati sono stati raccolti da 30 pazienti sottoposti a procedure di trombectomia dopo essere stati colpiti da ictus ischemico, infarto miocardico o trombosi venosa profonda. Ebbene, le microplastiche sono state rilevate, mediamente, nell’80% (24/30) dei trombi, con concentrazioni più alte in quelli prelevati dai pazienti che avevano avuto un infarto.
Nel dettaglio, sono stati trovati la poliammide 66 (Pa66), il cloruro di polivinile (Pvc) e il polietilene (Pe): quest’ultimo è il polimero più presente (53%). Ulteriori analisi hanno suggerito che concentrazioni più elevate di microplastiche possono essere associate a una maggiore gravità della malattia. Per gli scienziati, dunque, “è urgentemente necessaria una nuova ricerca con un campione più ampio per identificare le fonti di esposizione e convalidare le tendenze osservate nello studio”.
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