Le industrie dolciarie italiane non sempre sono sinonimo di tradizione familiare. La Balocco, venuta tristemente alla ribalta delle cronache nel mese di agosto, rappresenta un caso quasi eccezionale. L’amministratore delegato Alberto Balocco, venuto a mancare per un incidente, rappresentava, insieme alla sorella Alessandra, la terza generazione impegnata nell’attività di famiglia. E’ una storia affascinante, quella della Balocco: gli esperti del settore analisi potrebbero definirla un case history.
Industrie dolciarie italiane: come nasce la Balocco
La storia della Balocco inizia da un bambino di 11 anni. L’azienda dai numeri stupefacenti, che generalmente associamo al panettone mandorlato e a volti del mondo dello spettacolo, ha tra i vari meriti, quello di aver capito con largo anticipo l’importanza del marketing e della comunicazione d’impresa. Sul suo sito web possiamo infatti leggere di tutti i momenti che hanno portato il piccolo Francesco Antonio Balocco, capostipite della dinastia dolciaria, a creare il brand che tutti conosciamo. Dal suo apprendistato come pasticciere in tenera età, alla prima pasticceria aperta a vent’anni e a una seconda aperta a trenta. Dal matrimonio con Lucia Cussino alla nascita del figlio Aldo. Dalla tragedia della seconda guerra mondiale, che impose uno stop all’attività, alla rinascita nel dopoguerra. Dalla pasticceria secca da vendere all’ingrosso al panettone: l’iconico mandorlato Balocco. Fino ad arrivare a oggi, alla terza generazione di imprenditori: Alberto e Alessandra, figli di Aldo, e alle numerose linee di produzione che guardano alla salute e all’ambiente oltre che al gusto.
Un’impresa al passo coi tempi
Tra i meriti della Balocco, dicevamo, vi è quello di aver capito per primi l’importanza della comunicazione. Negli anni Settanta si chiamava, senza alcuna vergogna, pubblicità. Carosello era uno spazio prestigioso e Aldo decise di associare il proprio marchio, tipicamente italiano, a personaggi particolarmente amati dagli italiani. Le gemelle Alice ed Ellen Kessler furono le prime testimonial del mandorlato negli anni Settanta, seguite negli anni Ottanta da Heather Parisi. La stagione delle belle donne della tv, rappresentata tra le altre da Antonella Elia, Elenoire Casalegno e Vanessa Incontrada, finisce quando entra in gioco il “Signor Balocco” interpretato dall’attore Cosimo Cinieri. Le hit del momento (come “Cicale”) cedono il passo a uno slogan semplice quanto efficace: “Fate i buoni”.
La “fortuna” di chiamarsi Balocco
La prematura e assurda (diciamolo) scomparsa di Alberto Balocco ha acceso un faro su una realtà che non solo è un vanto per l’industria italiana (senza alcun intento populistico, sia chiaro) ma anche un modello virtuoso di imprenditoria. A dirlo non sono i numeri (quelli semmai sono il risultato) ma l’idea di impresa che l’ha sorretta in quasi cento anni; i valori che ha dimostrato di abbracciare, il senso di appartenenza a un qualcosa che si considera un bene inalienabile. In ultimo, non per importanza, nelle parole di tre giovani rimasti orfani all’alba della maturità. Tre giovani che rappresentano una nuova generazione, il futuro possibile di una prestigiosa tradizione di famiglia.
In copertina foto di Mongolo 1984