“Je suis Charlie” sì, “Je suis Charlie” no. All’indomani dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo il mondo è addolorato, demoralizzato, scosso e indignato. Tre terroristi musulmani hanno barbaramente ucciso dodici persone, tra cui Charb, Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Honoré, 5 tra i vignettisti francesi più famosi d’Europa. In Italia poche persone conoscono il giornale satirico d’oltralpe, chi sia realmente George Wolinski, le vignette satiriche pubblicate, le controversie sulla rivista, le caricature di Maometto del giornale Jyllands-Posten, gli attentati precedenti. In breve, pochi sanno chi sia Charlie Hebdo.
Dopo l’attentato cambia tutto: sui social network, tra i vip, persino tra i politici italiani si alza un grido di protesta. Sono tutti Charlie Hebdo, tutti a favore della satira. La libertà d’espressione, per molti, è andata a farsi friggere; il diritto di satira ha subito un grosso colpo; i vignettisti sono stati assassinati solo per qualche disegno satirico. Islam, per molti, diventa una religione pericolosa, più di quanto non lo fosse prima. «L’Islam è pericoloso: ci sono milioni di persone in giro per il mondo, e anche sui pianerottoli di casa nostra, pronti a sgozzare e a uccidere in nome dell’Islam», dichiara Matteo Salvini, segretario della Lega; «È vero che ci sono tanti musulmani moderati, ma è anche vero che l’Islam non è una religione moderata», afferma Magdi Allam. Il popolo italiano (di internet e non) rivendica la libertà di fare satira. Sembra che tutti dicano “Siamo tutti Charlie!”, “l’Islam non ha senso dell’umorismo”, “viva la satira sulla religione”. Persino la cattolicissima Daniela Santanchè, uno dei “simboli politici” italiani dell’anti-Islam, si batte per portare Charlie Hebdo in Italia. “Come editore voglio diventare licenziataria di Charlie Hebdo per poter ampliare quello che fanno, bisogna salvare l’informazione”, dichiara a L’Aria che tira, programma di La7. E’ chiaro: il popolo è a favore della satira.
Poi la trasformazione: tanti italiani si ammalano di schizofrenia. Sul web cominciano a girare i disegni scomodi di Charlie Hebdo sul cattolicesimo e quei simboli di libertà d’espressione e satira diventano automaticamente “porcherie”. Il “Journal Irresponsable” ha avuto l’ardire di pubblicare vignette che pungolano la religione cattolica e l’approccio ai matrimoni omosessuali (con un ménage à trois di Padre, Figlio e Spirito Santo); ha preso in giro Papa Ratzinger dopo le sue dimissioni, ha scherzato sul nuovo moderno Santo Padre, ha “irriso” la religione cattolica.
I “Charlie” del giorno precedente diventano critici nei confronti di un giornale che ha insultato milioni di persone, il “diritto di satira” diventa il “diritto d’offendere”. Il giornale francese ha passato il segno. Molti pubblicano stati, articoli o pezzi su blog per dire pubblicamente “Je ne suis pas Charlie”, evidenziando però l’assurdità della strage nella redazione francese. Ci si discosta da quella satira religiosa così irriverente e irrispettosa, viene bollata come blasfema. Molti celebri vignettisti italiani, pur avendo delle riserve sul “gusto” di alcuni disegni di Charlie difendono il loro mondo: «La grande satira di Charlie Hebdo, come la nostra, quella dei grandi autori italiani con cui ho lavorato, è irriducibile con la religione. E dà fastidio a tutte le fedi. Perché è un racconto di verità, che rompe ogni tabù. A chi dice “questo è un dogma” risponde “vaffanculo”; a chi dice “Maometto non si può disegnare” risponde disegnandolo dieci volte e nei modi più truci», dichiara Vincino, simbolo satirico italiano. Vauro è d’accordo: «Noi che viviamo di satira siamo, che piaccia o no, degli istintivi. In noi domina quell’elemento ludico, infantile, anche inopportuno come spesso sono inopportuni i bambini, un elemento che non si fa intimorire dalle minacce di un gruppo di intolleranti». Anche il giornalista Marco Travaglio si schiera per la satira libera: «E’ giusto e liberatorio che esistano giornali come Charlie Hebdo (ne avevamo anche in Italia, pensiamo al Male e a certe fasi di Cuore), interamente consacrati alla satira più libertina, che non hanno né debbono avere limiti».
In questi giorni molte persone (e personaggi famosi) hanno anche espresso solidarietà nei confronti di Paolo Brosio, vittima di uno scherzo religioso de “Le Iene – Scherzi a Parte”. La burla nei confronti del giornalista italiano, che piange dopo aver parlato con un finto Papa Francesco, diventa vergognosa, “non si scherza sulla religione delle persone”, il programma manca di sensibilità, Brosio non merita tutto questo.
Ma siamo così sicuri che siamo tutti Charlie?
Nel frattempo, in Italia, sono andate a ruba le 260mila copie del numero 1178 del giornale satirico (realizzato dopo la strage) e sarà di nuovo in edicola il 15 gennaio. Ironia della morte.