Ciro Esposito è morto, lo hanno scritto i giornali, lo si legge sui social e lo urla la gente di Napoli. Da pochissimo si è aperta la camera ardente nell’auditorium a Scampia e una folla già sciama intorno alla salma in senso di cordoglio e vicinanza alla famiglia.
Il tifoso napoletano ferito in quello che sembra avere, secondo le ricostruzioni e le testimonianze, tutte le caratteristiche di una sorta di agguato che nulla aveva a che fare con la finale di Coppa Italia che si sarebbe disputata di lì a poco lo scorso 3 Maggio. Ciro non è l’unica, né probabilmente l’ultima, vittima della violenza negli stadi.
Il primo episodio risale al 28 Aprile 1963, durante il match Salernitana –Potenza (campionato di serie C , un invasore di campo, innervosito dall’arbitraggio, si scontra con le forze dell’ordine generando la rivolta degli spalti. A calma ristabilita, si scopre il corpo del tifoso salernitano Giuseppe Plaitano, un uomo di 48 anni, padre di quattro figli, probabilmente ucciso schiacciato dalla folla.
Ill 28 Ottobre 1979 durante un derby romano muore il tifoso laziale Vincenzo Paparelli colpito al volto da un razzo mentre mangia un panino accanto alla moglie in curva Nord, 33 anni e due figli in giovanissima età. L’oggetto, sparato dalla curva opposta, attraversa tutto il campo e arriva al tifoso laziale. .L’autore del fatto, il minorenne Giovanni Fiorillo, si rende latitante in Svizzera. Si costituisce dopo 18 mesi e viene condannato a sette anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Ancora il 29 Maggio del 1985 a Bruxelles, l’Uefa decide di disputare la finale di Coppa dei Campioni nell’impianto di Heysel, nonostante le carenze strutturali dell’edificio.
La carica degli Hooligans del Liverpool, ai danni dei tifosi juventini, genera il caos che a sua volta porta alla morte di 39 tifosi di cui 32 italiani.
Sciagura avvenuta in diretta etere sotto gli occhi atterriti dei telespettatori. I contorni della tragedia e l’i incapacità delle autorità belghe di gestire l’intero evento rappresentano, forse, il punto più basso nella storia del calcio europeo.
Nel 1995, è il tifoso genoano Vincenzo Spagnolo, di 24 anni, a farne le spese, prima della partita Genoa – Milan viene ucciso da un coltello ad opera di un tifoso avversario che guadagnerà 14 anni e 8 mesi di reclusione. Da allora il Genoa ospita annualmente il “Trofeo Spagnolo” .
Non meno importante e, richiamato all’attenzione dai recenti fatti dell’Olimpico, è l’omicidio Raciti del 2 Febbraio 2007. Filippo Raciti, Ispettore Capo della Polizia di Stato, 40 anni e due figli, viene colpito a morte a causa dei disordini tra tifoserie per il derby siciliano tra Catania e Palermo.La morte di Raciti suscita grande emozione e attira l’attenzione di tutti i media stranieri. Le indagini portano alla condanna di Antonio Speziale (minorenne all’epoca dei fatti: 14 anni di carcere poi ridotti a 8 in appello per omicidio preterintenzionale) e Daniele Natale Micale (maggiorenne all’epoca, 11 anni di carcere). Alla memoria di Raciti vengono intitolati due impianti – Quarrata (PT) e Siderno (RC). E’ stata la scintilla per l’attuazione della messa a norma di sicurezza degli impianti italiani.
Questi sono soltanto alcuni degli eventi tragici del calcio italiano. Basta poco per passare da una normalissima disputa sportiva a una vera e propria guerriglia civile che, talvolta, di motivazioni sportive ne presenta ben poche.
Quali sono, dunque, i piani per il contenimento del fenomeno? In questi anni sono state introdotte diverse misure di sicurezza per frenare gli ultras più accaniti: l’uso di telecamere a circuito chiuso, l’identificazione personale del tifoso, attraverso la tessera, introdotta dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni, ad Agosto 2009 e aspramente criticato dai supporters italiani che continuano a non considerarlo come un escamotage per arrivare a debellare la violenza negli stadi.
Tali misure, tuttavia, non si sono ancora dimostrate sufficienti ad annichilire completamente il fenomeno.
Alfano e lo stesso premier Renzi hanno annunciato, già dallo scorso Maggio, di voler approdare ad un nuovo progetto che possa restituire il calcio alle famiglie. In attesa di quanto promesso non possiamo non analizzare gli strumenti adottati dagli altri paesi europei per far fronte alla problematica con particolare attenzione al gruppo di tifosi più esagitati per eccellenza: gli Hoolingans.
In Gran Bretagna, dopo la strage dell’Heysel, ad opera degli hooligans, furono introdotti numerosi provvedimenti: fu vietata l’introduzione di alcolici negli stati e, con il “Public Order Act”, si permise alla magistratura di interdire la presenza di soggetti ritenuti violenti agli eventi sportivi, costringendoli alla firma in caserma.
Negli anni successivi, dopo la strage di Hillsborough nel 1989, il primo ministro Margaret Thatcher (per i più la Lady di Ferro) intensificò fortemente le misure contro i vandalismi sportivi. Chi era stato condannato per reati legati al calcio non poteva più presenziare ad eventi sportivi fuori dall’Inghilterra e dal Galles. Chiunque avesse voluto entrare allo stadio avrebbe dovuto presentare un documento di identità ( misura eccezionale, dato che in Gran Bretagna non vige l’obbligo di portarlo con sé). Nei ranghi della polizia di Scotland Yard fu creata una squadra speciale di sorveglianza, installate telecamere a circuito chiuso e fu richiesto alle società di ristrutturare i complessi sportivi in modo da eliminare le barriere fra campo e spalti sostituendole con gradinate. Le recinzioni, infatti, erano ritenute pericolose in caso di tafferugli e allo stesso tempo considerate in grado di generare tensioni negative nello spettatore col rischio di approdare a spiacevoli episodi di aggressività.
Il modello Inglese, al momento considerato il più efficace e attuale, ha puntato sulla responsabilizzazione delle società sportive al punto da affidargli la sorveglianza negli stadi, gli stewards, pagati dai club sono, in costante contatto radio con la polizia presente all’esterno degli impianti sportivi. Forze dell’ordine, che hanno facoltà di arrestare e far processare per via direttissima i tifosi anche solo per oltraggi verbali.
Lo schema anglosassone è stato in parte recepito dalla Germania dove negli ultimi anni, sono stati ristrutturati moltissimi complessi sportivi, sulla scia inglese, sono state elise le barriere fra campo e tribune, sono state istallate apposite sale di monitoraggio controllate dalla polizia ed anche qui sono gli stewards ad occuparsi della sicurezza, individuando in casi particolari tifosi molesti che possono essere espulsi a tempo indeterminato dagli stadi.
C’è da dire che in Germania non vige una legge nazionale sulla sicurezza negli stadi, il Governo tedesco ha optato per una più incisiva responsabilizzazione del tifoso stesso, prevedendo la possibilità di richiedere la presenza delle forze dell’ordine in quei match considerati a rischio.
Analoga anche la posizione della Spagna, steward negli stadi ed espulsione a tempo determinato di soggetti violenti, oltre al divieto di introduzione di aste e bandiere. Spetta, invece, alla Commissione Antiviolenza statale imporre ai club il pagamento di forze di polizia aggiuntive in caso di partite potenzialmente pericolose.
In Francia, invece, nel 1993 si è adottata una legge contro la violenza nello sport e dal 2003 si sono sviluppate regole molto più ispide. Cinque anni di reclusione per chi danneggia beni pubblici, due per chi non rispetta il veto alla presenza allo stadio, tre per chi porta coltelli aste o striscioni sugli spalti. Anche il possesso di simboli razzisti o xenofobi, l’introduzione di bevande alcooliche e l’invasione di campo sono puniti duramente. I responsabili rischiano fino a 1 anno di carcere.
Per quanto riguarda il Belgio è stato invece avviato il progetto ‘Football Fan Card’, una sorta di tessera del tifoso obbligatoria per l’acquisto di un biglietto, dotata di microchip con tutti i dati utili per l’identificazione del tifoso.
Misure più o meno rigide per contrastare un fenomeno ormai diventato la moda del momento sia fuori che dentro gli stadi. Moda che mette in pericolo le vite sia degli spettatori, dei protagonisti delle vicende e non ultimi gli esponenti delle forze dell’ordine.
E’ evidente e sotto gli occhi di tutti, la necessità di approdare a misure di sicurezza similari alla scia europea. Sono gli stessi frequentatori dello Stadio San Paolo, a Roma il 3 Maggio, a confermarcelo, li abbiamo ascoltati sulla vicenda.
Abbiamo chiesto di manifestare il proprio pensiero ad un gruppetto di tifosi napoletani in merito alla vicenda intera e ai fatti dell’Olimpico.Uno di loro ci ha risposto cosi:
Noi all’Olimpico c’eravamo, devo dire con molta ansia, immaginavamo che la partita potesse presentare dei problemi a causa delle divergenze fra le tifoserie ma non a certi livelli. Non eravamo in curva, siamo entrati subito nello stadio per evitare la folla esterna, dunque, non abbiamo avvertito né compreso cosa stesse accadendo.
Abbiamo appreso successivamente i fatti e che da casa erano tutti in ansia poiché, seguendo il match in tv avevano inteso la vicenda, provavano a contattarci ma i nostri telefoni non avevano campo. Penso che la tensione di chi da casa aveva amici all’Olimpico sia stata davvero tagliente. Purtroppo è vergognoso quanto succede oggi negli Stadi, è impensabile e, civilmente inammissibile ,che un evento ludico debba sfociare in tragedia. Non è giusto dover discernere fra partite da vedere allo stadio e partite da vedere sul divano per non rischiare la vita. Non è una guerra è calcio. Come non riuscirò mai a capire gli insulti o i cori razzisti, questo non è sport è qualcosa di completamente opposto al concetto sportivo.
Non porterei mai mio figlio allo stadio avrei troppa paura anche per una partita potenzialmente tranquilla. Solidarietà alle famiglie delle persone sacrificate per un gioco, tanta rabbia per episodi di violenza in generale che sono inammissibili dentro e fuori dagli stadi.
Spero veramente che il futuro sia meno grigio, dobbiamo sperare che lo sia perché siamo fuori da ogni coscienza. Poliziotti, o tifosi non devono rischiare la vita per 90 minuti che dovrebbero essere divertimento. Davvero non so cos’altro dire. Spero soltanto che questo ennesimo triste episodio sportivo metta le istituzioni di fronte al problema e che si arrivi ad una legge o a qualsiasi altra soluzione che ponga freno a certe scempiaggini.