Il più grande produttore e consumatore di carbone del mondo, la Cina, ha annunciato che nei prossimi 3 anni non darà nessuna nuova concessione per aprire miniere di carbone. Una misura presa per contrastare il devastante inquinamento delle città e per incoraggiare la produzione di energia con altre fontio, compreso il nucleare. Quella annunciata dall’Amministrazione energetica nazionale cinese è di una mossa senza precedenti per il governo centrale di Pechino, che però ricorda che negli anni passati sono già state chiuse diverse miniere di carbone e che altre ne chiuderanno durante i tre anni della moratoria.
Il blocco delle licenze carbonifere coincide con un rallentamento dell’economia cinese – che ha pesanti ricadute non solo in borsa, ma anche sulla domanda di energia – ma soprattutto con l’esplodere dell’emergenza smog a Pechino e nella megalopoli che si espande fino alla costa nord-orientale. A dicembre decine di milioni di cinesi hanno dovuto sperimentare la prima allerta rossa per l’inquinamento atmosferico, con scuole, fabbriche e cantieri chiusi e targhe alterne. Intanto a Pechino e nelle città vicine è inizuata la corsa a comprare costosi depuratori dell’aria.
L’annuncio della moratoria significa che la Cina sta prendendo sempre più le distanze dallo sporco carburante delle sua crescita economica e che vuole mantenere le promesse fatte alla COP21 Unfccc di Parigi. Della moratoria cinese sulle miniere di carbone e del crescente utilizzo di energie rinnovabili ne beneficerà tutto il mondo, ma l’eredità lasciata dalle vecchie centrali e dalle miniere di carbone chiuse è diventata un grosso problema di bonifica ambientale e di disoccupazione per il governo cinese.
Attualmente circa il 64% dell’energia cinese proviene dal carbone, ma il governo ha annunciato di voler ridurre del 2% il consumo di carbone già nel 2016, presentando la cosa come l’inizio di una svolta.
Secondo alcuni studi, il picco del consumo di carbone in Cina potrebbe essere già stato raggiunto nel 2013 e, nel 2014, c’era già stato un calo e che il governo si è impegnato a produrre milioni di kilowatt in più di energia eolica e solare nei prossimi cinque anni. La cattiva notizia è che il governo comunista ha dato anche il via libera alla costruzione di un imprecisato numero di centrali nucleari nelle metropoli industriali costiere. Comunque, bruciare meno carbone significa meno emissioni che causano il riscaldamento globale ed anche minore particolato respirato dai cinesi. Secondo uno studio pubblicato nel 2015 dall’U.S. Energy information administation, ogni anno muoiono circa 1,6 milioni di cinesi a causa dell’inquinamento atmosferico, il 17% di tutti i decessi in Cina.
Secondo Nathaniel Shoaff, staff attorney di Sierra Club, la moratoria cinese potrebbe addirittura minacciare la leadership climatica del presidente Usa Barack Obama: «La recente decisione della Cina di bloccare le licenze per nuove miniere di carbone è un importante passo per affrontare il cambiamento climatico globale e la crisi dell’inquinamento atmosferico del Paese. (…) Dovremmo unirci all’esempio dato dalla Cina e attuare una moratoria sulle nuove concessioni carbonifere sulle terre federali, così come riformare il programma esistente per fornire un equo compenso ai contribuenti per il carbone estratto nelle nostre public lands».