Le avete mai sentite le imprecazioni napoletane? Frasi colorite, al limite dell’incomprensibile pronunciate con espressioni del viso indiavolate. La maggior parte delle imprecazioni napoletane inizia con la parolina “Mannaggia”. Mannaggia è una locuzione molto comune in tutto il Centro e Sud Italia e deriva dall’antica espressione “mal n’aggia”, che significava “male ne abbia”. Così mannaggia assume il significato di “Che sia maledetto”. Il napoletano dice mannaggia a una persona che gli ha fatto del male, a un oggetto in cui è inciampato, a un evento che proprio non doveva capitare. Quando, invece, non c’è nessuno contro cui inveire si apre tutta una letteratura con tanto di riferimenti alla storia e alle tradizioni e al folklore della città. Tutto tranne la religione: le imprecazioni non sono mai bestemmie.
Personaggi mitologici
Mannaggia a Bubbà è una delle espressioni più usate. Bubbà era una persona, non meglio definita, che dell’Ottocento animava i vicoli di Napoli dove compiva piccoli furti, truffe. Se accadeva qualcosa di strano, Bubbà era sempre coinvolto.
Mannaggia o Pataturc. Un abile tentativo per evitare una bestemmia? Forse. In questa espressione, in realtà, molti studiosi ci vedono diversi riferimenti storici. Il padre dei turchi sarebbe il capo del popolo che nel Cinquecento aveva invaso la città. Altri studiosi avanzano la teoria secondo la quale la parola sarebbe il risultato della fusione tra due parole, patata e crucco, e si riferirebbe a un soldato di inizi Novecento che probabilmente aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale di origine tedesca o slava. Insomma uno sciocco mangiatore di patate.
Imprecazioni napoletane a sfondo storico
Nel maggio del 1860 la marina del Regno delle Due Sicilie non poté evitare lo sbarco di Garibaldi in Sicilia. E’ in questi termini che ragionò il re Francesco II di Borbone quando ebbe la notizia. La rabbia fu tale che il sovrano arrivò a imprecare contro la stessa marina. “Mannaggia la Marina!” disse a gran voce ascoltato dai suoi cortigiani. Mannaggia ‘a Marina è una delle imprecazioni più utilizzate ancora oggi.
Passeggiando per le strade di Napoli capita di sentire l’espressione “Mannaggia ‘a culonna“. Ora, per spiegare cosa sia la colonna ricordata nell’esclamazione, gli studiosi hanno partorito diverse teorie. Una di queste si rifà alla tradizione cinquecentesca di adorare la colonna sita in piazza Ottocalli. Alla colonna era attribuito un potere magico: far cambiare le condizioni meteorologiche a seconda delle richieste del popolo.
Un’altra tradizione colloca la colonna nei pressi di Porta Capuana. Era la colonna di debitori in fila per pagare. Se non erano in grado di ottemperare al debito, erano legati a una colonna per essere frustati.
La vita quotidiana
La fantasia napoletana investe anche nelle maledizioni elementi della vita quotidiana. L’ingresso di topi in casa è da sempre considerato un evento tragico. Per evitarlo, nei tempi andati le donne erano solite mettere uno straccio bagnato sul pavimento in corrispondenza della porta. Capitava, però, che il piccolo roditore riuscisse ugualmente a entrare tirandosi dietro urla e strepiti (nonché maledizioni). Ecco che nasce così l’imprecazione “Mannaggia o suricillo e a pezza ‘nfosa”: Mannaggia al topolino e allo straccio bagnato.
Non possiamo non ricordare un’imprecazione “moderna”, nata cioè in tempi recenti. Mannaggia a cardarella! La cardarella è il contenitore metallico con due manici nel quale il personale impegnato in lavori edilizi scioglie il cemento nell’acqua. Se lavorando non si nota e si inciampa, allora ecco che si impreca contro di lei.
Si ha sempre bisogno di qualcuno e qualcosa con cui prendersela purché si mantenga tutto in un perimetro di innocenza e goliardia.