Nel mondo cresce il numero di donne e ragazze rese più vulnerabili a causa dei fenomeni migratori, in combinazione con ulteriori fattori di ineguaglianza legati al sesso, l’etnia e la classe sociale. Dal 2000 al 2015 il numero totale dei migranti internazionali donne è aumentato di oltre 32 milioni, con conseguenze per la loro sicurezza e la loro salute.
Oggi il 60% delle morti materne evitabili e il 53% dei decessi di bambini al di sotto dei cinque anni si svolgono in contesti di conflitto, spostamento e disastri naturali. Si stima che nel mondo oltre 26 milioni di donne e bambine in età riproduttiva vivono in situazioni di emergenza e in condizione di bisogno rispetto ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.
Sono questi alcuni dei temi al centro dell’audizione parlamentare tenuta presso la Commissione Affari Esteri dal Vice Direttore Generale dell’OMS,Flavia Bustreo, presso la Camera del Deputati, dove ha incontrato le deputate del gruppo di lavoro Salute globale e diritti delle donne, dell’Intergruppo Donne della Camera e del gruppo Agenda 2030.
“Le crisi – ha dichiarato Flavia Bustreo al termine dell’incontro alla Camera dei Deputati – sono oggi sempre più caratterizzate da spostamenti di massa e di lungo termine, con conseguenze sempre più rilevanti, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione quali donne, bambini e adolescenti, colpite in modo sproporzionato e con gravi conseguenze anche per quanto riguarda la loro salute. È invece importante capire il valore delle dinamiche globali; le donne sono infatti attori chiave nello sviluppo della salute e del sistema di assistenza del ventunesimo secolo, artefici del global care chain, la catena di assistenza globale, ossia del fenomeno crescente che le vede migrare per svolgere lavori di tipo sociale e di assistenza. L’Italia, un paese che storicamente ha saputo garantire il diritto universale alla salute, può assumere un ruolo guida nella protezione, nell’assistenza e nelle cure rispetto alle popolazioni in difficoltà in collaborazione con gli altri paesi in prima linea rispetto ai fenomeni migratori”.
Secondo le stime OMS, nei paesi colpiti da conflitti o da crisi migratorie aumentano i casi di violenza sessuale e di violenza da parte del partner. All’interno di questi contesti, pratiche tradizionali dannose per la salute come la mutilazione genitale femminile o imatrimoni forzati e minorili, possono essere ulteriormente esacerbate.
Le condizioni stesse in cui donne e adolescenti si spostano le rendono particolarmente vulnerabili. Molte viaggiano senza documenti, svolgono attività lavorative a basso salario, o non regolamentate, mancano di protezione, si trovando in condizioni di particolare dipendenza e rimangono vittime di soprusi che possono includere anche la violenza e la violenza sessuale.
A livello mondiale, stima l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1 donna su 3 ha vissuto un’esperienza di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di violenza sessuale da parte di una persona estranea. E questo fenomeno rischia di essere ulteriormente accentuato in contesti di emergenza. Circa 200 milioni di bambine e donne vivono o sono a rischio di subire le conseguenze negative sulla salute derivanti da mutilazioni genitali femminili. L’aumento della migrazione sta rendendo questo fenomeno un problema di natura globale: nel 2013, oltre 25.000 donne e ragazze hanno cercato asilo in Europa da paesi in cui si praticano le mutilazioni genitali femminili. Questo numero è in costante aumento dal 2008. Si stima che nel 2010 circa 57.000 ragazze e donne straniere di età compresa tra 15-49 che avevano subito le mutilazioni genitali vivevano in Italia.