Il 43,9% degli individui che vivono in famiglie con stranieri è a rischio di povertà relativa, contro il 17,4% di quanti vivono in famiglie composte da soli italiani. Più in particolare, lo è il 49,1% di chi vive in famiglie di soli stranieri e circa un terzo di chi vive in famiglie miste (32,7%). Tra le principali cittadinanze, il rischio di poverta’ relativa è più diffuso tra gli ucraini, i marocchini e i moldavi
Il reddito delle famiglie con stranieri è poco più della metò di quello delle italiane. E’ quanto si legge nel report “I redditi delle famiglie con stranieri” diffuso oggi dall’Istat in collaborazione con il ministero del Lavoro. Nel 2008, si legge, le famiglie con stranieri residenti in Italia disponevano, in media, di un reddito netto pari a 18.254 euro, per un importo mensile di circa 1.521 euro. Il reddito mediano era invece, nello stesso periodo, pari a 14.469 euro, vale a dire che la metà delle famiglie con stranieri disponeva al massimo di un reddito mensile pari a 1.205 euro. Se si considerano i redditi familiari netti, secondo la cittadinanza della persona di riferimento della famiglia, si osserva, in particolare, una differenza notevole tra le famiglie composte di soli stranieri, con un reddito mediano pari a 12.400 euro (poco più della metà rispetto alle famiglie di soli italiani), e le famiglie miste, il cui reddito mediano raggiunge 25.635 euro, un livello superiore anche a quello delle famiglie di soli italiani. Tra le principali cittadinanze residenti in Italia, le famiglie in cui la persona straniera della famiglia è di cittadinanza ucraina e moldava mostrano i più bassi livelli di reddito, pari rispettivamente a 7.624 e 9.933 euro annui (il 31% e il 40% del reddito delle famiglie italiane), mentre le famiglie ecuadoriane, albanesi e tunisine hanno i redditi piu’ alti tra quelle con stranieri, pari circa al 70% del livello delle famiglie italiane. Inoltre,in Italia, uno straniero su due è a rischio povertà se vive in una famiglia composta da soli stranieri. E’ quanto si legge nel report. Il rapporto spiega che il 43,9% degli individui che vivono in famiglie con stranieri è a rischio di povertà relativa, contro il 17,4% di quanti vivono in famiglie composte da soli italiani. Più in particolare, lo è il 49,1% di chi vive in famiglie di soli stranieri e circa un terzo di chi vive in famiglie miste (32,7%). Tra le principali cittadinanze, il rischio di povertà relativa è più diffuso tra gli ucraini, i marocchini e i moldavi, con tassi rispettivamente pari al 64,5%, 55,8% e 55,7%; anche le comunità con redditi familiari relativamente più elevati, come i filippini e i peruviani, presentano tassi di rischio di poverta’ relativa molto elevati (rispettivamente 38,7% e 35,2%). La diffusione del rischio di povertà relativa cresce lungo la direttrice Nord-Sud, sia per le famiglie di soli italiani, sia per le famiglie con stranieri: il tasso di rischio di povertà per le famiglie con almeno uno straniero residenti nelle regioni del Mezzogiorno raggiunge il 64,2% e sale ulteriormente al 74% per le famiglie di soli stranieri. Spicca la diffusione del rischio di poverta’ relativa tra i marocchini residenti al sud (78,6%) e la polarizzazione dei tassi di povertà per i romeni residenti al Nord e al Sud (36,7% contro 78%), a testimonianza dell’impatto delle differenze territoriali nelle opportunità di inserimento nel mercato del lavoro. Non solo le famiglie con stranieri sono esposte a un rischio di povertà relativa notevolmente più alto rispetto alle famiglie di soli italiani, esse lo sono anche in misura più grave: il reddito mediano delle famiglie italiane a rischio di povertà risulta pari al 77,4% della soglia, mentre quello delle famiglie con stranieri si ferma al 66,1%. La peggiore condizione nelle famiglie con stranieri che emerge attraverso l’analisi del rischio di povertà (43,9%), oltre due volte superiore a quello registrato nelle famiglie italiane (17,4%), si accompagna ad una quota di famiglie con stranieri che dichiarava di arrivare a fine mese con grande difficoltà superiore a quella delle famiglie di soli italiani (22,6% contro 14,5%) e a una diffusione della condizione di deprivazione materiale di circa tre volte più elevata (34,5% contro 13,9%).