Pensavate davvero che i nostri lontanissimi avi bevessero acqua o qualche prelibata poltiglia? Niente affatto, anzi, erano dei veri e propri ubriaconi! Il mito del vino ha radici antichissime, ci sono documenti che testimoniano la coltivazione della vite e la produzione del vino nel vicino Oriente già nel 2.300 a.C!
Le sbornie sono un vizietto atavico quindi. Nonostante la coltivazione della vite fosse già nota in Asia e nel bacino del Mediterraneo, è con gli egiziani che la pratica della viticoltura si consolida e si diffonde in altri paesi. Da questo momento in poi, “il nettare degli dei” regnerà sovrano in Grecia, in Arabia e in Sicilia fino a diffondersi presso gli Etruschi che diventarono abili coltivatori e vinificatori.
Il punto di svolta si ebbe solo dopo la conquista della Grecia da parte dei romani. Relegato a mero prodotto alimentare , i greci ebbero il grande pregio di elevare e diffondere il vino quale merce di scambio e di averlo assurto a simbolo del dio protettore della viticoltura, Dionisio figlio di Zeus.
Nel periodo relativo al tardo impero si registra un forte slancio nella produzione vinifera; all’epoca si registrò un aumento della produzione senza eguali, tanto è vero che l’imperatore Domiziano nel 98 d.C emanò un’ordinanza che limitava l’innesto di vigneti per evitare la sovrapproduzione ormai imperante. Il decreto però ebbe vita breve: nel 282 d.C l’imperatore Probo decise di annullarlo, cercando di incentivare questo tipo di attività tra i suoi soldati che nei periodi di pace obbligava a piantare viti per allontanare l’ozio. Per quanto il lavoro possa nobilitare l’uomo e quello dei campi possa indubbiamente dare parecchie soddisfazioni, i soldati di Probo non la pensavano cosi’. Tale sistema, unitamente alla ferrea disciplina, finì col suscitargli l’odio delle truppe: Probo infatti, fu ucciso dai suoi stessi soldati. Chissà, forse il valoroso imperatore avrebbe fatto meglio a riposarsi più spesso su un comodo letto triclinare circondato da preziose coppe di Falerno anziché organizzare il tempo libero dei suoi soldati……..sicuramente, grazie anche agli antiossidanti contenuti nel vino, sarebbe vissuto più a lungo!
Nonostante la grande produzione, il vino romano risultava pesante, acido o amaro e diventava rancido invecchiando. Diciamo che la produzione del vino non era proprio il loro forte. Anche sulla fermentazione i romani non erano particolarmente ferrati. Essi infatti non conoscevano la fermentazione nei tini e per conservare il vino all’ingrosso e mantenerne la stabilità durante il trasporto nei dolia (i grandi vasi di terracotta), lo trattavano con l’acqua di mare (secondo l’uso greco). Ma l’acqua di mare non era l’unico trattamento che ne assicurava la buona conservazione; ottimi rimedi potevano esser il gesso, la pece, la retina o la calce.
Beh, è difficile immaginare che sapore avesse il vino romano, tuttavia visti i modi con cui veniva trattato e lavorato, forse un’idea riusciamo a farcela…
Il nostro viaggio alla riscoperta del vino continua e ci porta tra le campagne campane.
FONTI:
A.DOSI, F. SCHNELL, Vita e costumi dei romani antichi, Museo della civiltà romana, Edizioni Quasar
http://www.italyeno.com/vinificare/storiadelvino.htm