Ha tracciato un ritratto inedito del ‘pianeta nano’ che si trova ai confini del nostro sistema planetario e ora torna alla ribalta per un’indagine sul vento solare che, condotta durante il suo viaggio di avvicinamento a Plutone, sarà oggetto di uno studiodi prossima pubblicazione sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal.
Stiamo parlando di New Horzions, la sonda della NASA che il14 luglio 2015 ha raggiunto il corpo celeste classificato – fino al24 agosto 2006 – come il nono pianeta del Sistema Solare. Lo storico rendez-vous con Plutone, scoperto da Clyde Tombaughnel 1930, è avvenuto dopo un viaggio di oltre 9 anni e quasi 5 miliardi di chilometri.
I dati e le immagini inviati da New Horizons hanno dato un contributo fondamentale nel delineare l’identikit del pianeta nano, fornendo agli studiosi gli elementi per analizzarne lecaratteristiche geologiche, la composizione e l’atmosfera. Gli occhi elettronici della sonda, tuttavia, non si sono limitati all’obiettivo principale della missione, ma sono stati tenacemente vigili durante il lungo viaggio interplanetario e hanno raccolto elementi di grande rilievo sul vento solare, l’emissione costante di particelle che dal Sole fluiscono nello spazio.
Le misurazioni, effettuate tra l’orbita di Urano e il rendez-vous con Plutone – un’area raggiunta sinora da pochi veicoli spaziali, sono state svolte nell’arco di oltre tre anni e hanno permesso di colmare una lacuna tra i dati raccolti dalle missioni dedicate specificamente al Sole e quelli forniti dalle sonde Voyager 1 e 2, ancora in attività a quasi 40 anni dal lancio.
New Horizons ha svolto questo particolare ‘compito’ con lo strumento Solar Wind Around Pluto (SWAP), gestito dalSouthwest Research Institute (SwRI) di San Antonio in Texas.
La sonda quindi ha permesso di inquadrare con più chiarezza le condizioni dell’ambiente spaziale del Sistema Solare esterno e l’influenza che il Sole vi esercita.
I dati mostrano che le particelle del vento solare sono caratterizzate da un’iniziale esplosione di energia, un’accelerazione che le spinge oltre la loro velocità primaria e che potrebbe essere all’origine di raggi cosmici anomali. Questa tipologia di raggi è stata osservata anche dalle due missioni Voyager, che però ne avevano colto solo lo stadio finale lasciando aperti i quesiti sulle origini e sulla provenienza.
Inoltre, l’ambiente spaziale, che risente non solo del vento ma dell’attività solare in generale, in regioni così remote mostra unacompagine meno complessa rispetto alle zone più vicine alla Terra in quanto è caratterizzato da strutture più piccole che tendono a indebolirsi o a raggrupparsi quando si muovono verso l’esterno.
Grazie all’operato di New Horizons, quindi, la comunità scientifica, che in precedenza doveva ricorre a modelli e simulazioni, dispone di maggiori informazioni sull’ambiente di Plutone e della regione remota in cui si trova e può approfondire i meccanismi di propagazione del vento solare attraverso il nostro sistema planetario.