Oltre la “normalità”
“Il vento non si arrende” di Elisa Bedoni edito da Biplane, è un viaggio affascinante nella vita delle donne, nelle loro difficoltà e paure. E’ un viaggio alla scoperta dei sentimenti, quelli veri, di nuove prospettive, di nuovi punti di vista e di nuovi orizzonti. E’ un viaggio nell’animo umano, ma innanzitutto nelle nostre paure, che come fardelli e pesanti zavorre ci inchiodano a terra, impedendoci di vivere pienamente e intensamente.
Daria, la protagonista del romanzo, ha fatto diverse scelte sbagliate per paura, fino a quando un uragano che investe la città non spazza via tutto. Il vento però non porta via solo gli oggetti, ma anche le bugie e le falsità che caratterizzano la vita di Daria. L’uragano che arriva e devasta tutto, è anche Leo, che come il vento cerca di librare Daria verso nuovi orizzonti, nuove scelte, nuovi sentimenti. Ci riuscirà?
Elisa Bedoni ama scrivere e le piace inventare storie. E’ una scrittrice emergente e “Il vento non si arrende” è il suo romanzo d’esordio. Elisa è nata a Melegnano e nel 2004 si è trasferita in Sicilia, sull’Etna, dove, insieme al marito, avvia un’azienda agricola biologica. Ha tre figli e una bambina di origini marocchine in affido.
“Il vento non si arrende” ci ha incuriositi e abbiamo scambiato alcune battute con l’autrice per farci raccontare qualcosa in più sul suo romanzo e sui progetti futuri.
“Il vento non si arrende” di Elisa Bedoni
Quando e perché è nato in lei il desiderio di scrivere un romanzo?
Non ho una risposta esatta per questa domanda. Da ragazza avevo un po’ accarezzato quest’idea ma mi sembrava qualcosa di troppo grande. Ho fatto tutt’altro nella vita ma ho sempre inventato storie nella mia testa, mai scritte. Poi una decina di anni fa ho pensato che avrei potuto provare a scriverne una. Era più che altro un passatempo che però mi coinvolgeva sempre di più, diventando quasi una necessità. Quando ho messo il punto finale ho pensato che non potevo sprecare tutta quella fatica e passione che ci avevo messo (e le tante ore di sonno perse, visto che scrivevo perlopiù di notte). Allora ho iniziato a prendere la cosa seriamente. Il manoscritto originale ha subito parecchie modifiche da allora fino alla forma che mi sembrava finalmente adatta per essere proposta alle case editrici.
Nel “Il vento non si arrende” tutto inizia con l’arrivo dell’uragano che 2001 colpì la Lombardia. Che cosa rappresenta il vento nel suo libro?
In senso generale rappresenta tutto quello a cui non ci si può opporre, che non si può contrastare, di cui bisogna farsene una ragione. Ma il vento è anche qualcosa che ha una forza che può essere sfruttata, come sanno fare gli uccelli veleggiatori e come sa bene chi vola in deltaplano.Il vento può avere un’incredibile potenza distruttrice – proprio come successe nel 2001 in Brianza – ma anche una forza rinnovatrice. Quando vivevo a Milano raramente facevo esperienza del vento: a Milano l’aria è spesso ferma e umida e il cielo grigio nella sua cappa di smog e foschia. Erano le rare giornate di vento che portavano aria pulita e cielo azzurro. Il vento mi infastidiva ma ogni volta pensavo che almeno, poi, avrebbe portato il sole. Tra quelle cose a cui non ci si può opporre ci sono i sentimenti, l’amore in particolare. Daria, la protagonista del romanzo, ha cercato di resistergli, ma il vento non si arrende e continua a soffiare. Nel momento in cui non ha accettato questo sentimento, di “volarci dentro”, ne ha sperimentato solo l’effetto distruttivo.
Nel suo protagonista c’è qualcosa di lei oppure si è ispirata ad una persona che ha conosciuto realmente?
Il personaggio di Daria è nato in un periodo in cui ho conosciuto, o già conoscevo, tante donne rimaste sole con figli piccoli, chi per un motivo chi per un altro. Essendo io madre mi immedesimavo molto nelle loro situazioni, nelle loro difficoltà e nella loro, spesso, sofferenza. Daria è nata da queste donne, dai loro racconti e dalle loro vite. Credo fosse un mio desiderio di riscattarle.
In “Il vento non si arrende”, che ruolo ha Leo nella vita di Daria?
Leo è la forza che vuole trascinare Daria e svincolarla dalle zavorre che la tengono vincolata coi piedi per terra. Leo, con la sua passione per il deltaplano e il suo amore per la vita libera dei falchi, vorrebbe vederla volare, con tutti i significati che questo verbo si porta dietro. Vorrebbe farle sperimentare l’ebbrezza folle di staccare i piedi da terra, di cambiare prospettiva per vedere che dall’alto, quelli che sembrano ostacoli insormontabili, appaiono come piccole cose insignificanti.
C’è un messaggio che ha voluto lasciare ai lettori con il suo romanzo?
Non mi piace l’espressione “lasciare messaggi” perché non mi sento di dover insegnare nulla a nessuno. Credo che sia il lettore che, in base al proprio vissuto e alla propria sensibilità, possa ricavare un messaggio, o più di uno, adatto a sé partendo dalla storia di un romanzo. Quello che voglio fare scrivendo è raccontare delle idee, dei sentimenti che spero abbiano la forza di palesarsi quanto più chiaramente possibile al lettore. E, fondamentalmente, l’idea che volevo comunicare con questa storia era quella dell’importanza dei legami veri, dei propri valori e ideali e dei propri sogni. Sono le ali che ci permettono di volare.
Che progetti ha per il futuro? Continuerà a scrivere oppure “Il vento non si arrende” è stata solo una piacevole parentesi nella sua vita?
Come dicevo ho iniziato a scrivere questo romanzo più per passatempo, ma più andavo avanti più scrivere diventava una necessità. Più scrivevo più avevo voglia di scrivere, più procedevo nella storia più ne immaginavo altre. È come se si fosse aperto un passaggio segreto e non potessi più fare a meno di percorrerlo per vedere dove mi porta. Ho già terminato un’altra storia che inizierà ora il lungo lavoro di revisione e riscrittura. Ma ne ho in mente altre.