Da sempre scienziati, psicologi ma anche semplici curiosi si interrogano circa l’esistenza di un sesto senso. Istintivamente si pensa ad esso come a qualcosa di magico, una facoltà extra-sensoriale, una sensibilità del tutto speciale che sarebbe in grado di illuminarci preventivamente in merito ad un evento, ad una persona, a quello che questa potrebbe mettere in atto o che ha già messo in atto. Jung nei suoi “Tipi psicologici” ne parlava in termini di “intuizione estroversa”: il soggetto percepisce gli aspetti visibili delle cose attraverso gli aspetti marginali che sfuggono al soggetto sensazione.
Ma quanto è difficile indagare un territorio per definizione così aleatorio? Tantissimo, e ancor di più sondarlo scientificamente, se da un lato entrano in gioco dinamiche di energie misteriose e poteri occulti, e dall’altro non risulta possibile far rientrare il fenomeno in un qualsiasi modello concettuale noto della scienza. Eppure, se analizziamo a fondo i sensi tradizionali, scopriamo che potremmo contarne più di cinque. Il tatto ad esempio non comporta semplicemente la sensazione derivante dal toccare persone e oggetti, ma contempla tutto ciò che afferisce alle sensazioni termiche e dolorifiche. Esiste poi il senso che ci consente di avere consapevolezza della nostra posizione in uno spazio così come sensi sviluppati per cogliere sensazioni interne o generali relative al sistema nervoso vegetativo. Il fantomatico sesto senso però non si riferisce a nulla di così conoscibile.
E se solo la definizione fosse sbagliata? Un recente studio condotto dal team di Marwa El Zein dell’Istituto francese di Sanità e Ricerca medica ha fatto emergere una capacità specifica di alcuni neuroni di agire in modo automatico e velocissimo dinanzi ai pericoli. Una sorta di intuito misto ad immediatezza nell’agire che conferisce al cervello una sorta appunto di “sesto senso” che si attiva nei momenti di crisi.
Il nostro cervello riceve delle informazioni, le interpreta e le utilizza, per certi versi, per fare previsioni su cosa accadrà. Le previsioni però non hanno nulla a che fare con la magia, ma semplicemente attingono al nostro patrimonio esperienziale. Il confronto quotidiano con tutto ciò che è altro da noi ci fornisce progressivamente delle chiavi di lettura. E così, potendo in qualche modo “leggere” gli altri, soprattutto se siamo dotati di una buona dose di empatia, in qualche misura possiamo anticiparne le mosse. Le aspettative, lo stress, il cambiamento insito nelle cose, la predisposizione emotiva rendono però questa capacità non così perfetta, altrimenti potremmo a buon merito definirci degli indovini.
Chiamare dunque “sesto senso” questa facoltà è improprio. Più appropriato invece è parlare di una specie di intuito speciale, un’ancora di salvezza, una voce che parla dentro di noi prima ancora della razionalità, nonché un retaggio dell’evoluzione, che ci ricorda di quando l’uomo viveva fianco a fianco con predatori che potevano attaccarlo in qualsiasi momento.