Per chi è ormai stanco del binomio mare-serata gagliarda poco stimolante ed ormai retrò il cicloturismo sembra essere la giusta soluzione. Una bestemmia per molti, la pedalata non è poi così attraente quanto un lettino in riva al mare. Ma cosa significa essere cicloviaggiatori? Tante cose, ma per iniziare ecologia, natura e benessere psico-fisico.
Le nostre bici quest estate ci hanno portato in Puglia, la California del sud, dal mare stupendo e paesaggi incredibili. Dunque non è del turismo selvaggio che c’interessa parlare bensì di quello avventuroso come direbbe il mio amico Pietro, e di gran lunga più interessante. Un paio di amache per gli amanti della natura in tutte le sue forme, ma anche la tenda non va snobbata per chi vuole trovare riparo da insetti e zanzare e avere un sonno tranquillo. E via alla scoperta della terra salentina tra uliveti, pinete, mare blu, sabbia bianca e coste favolose.
Ma cose prevede il bike tour di quest’anno? Tante tappe, innumerevoli incontri che lasciano il segno e tanti tanti kilometri.
1° Giorno. Il viaggio inizia a Brindisi, attraversiamo la città e la zona industriale, l’unico colore che ci circonda è il giallo ed un sole incontrastato su di noi. È qui che il mio amico Pietro buca. L’unica casa nei paraggi è abitata da rumeni che gentilmente ci offrono dell’acqua. Pochi minuti e si riparte, destinazione: Lecce. Senza mappa e gps seguiamo il nostro itinerario che poi non è altro che frutto di intuito, informazioni raccolte da persone incontrate lungo la strada e indicazioni stradali poco chiare. Arriviamo finalmente a Casalabate, da lì scopriamo un percorso cicloturistico che porta fino a Lecce, contentissimi per la scoperta ci fiondiamo sul sentiero. Fichi e uliveti a perdita d’occhio, poche macchine per fortuna, e qualche amico ciclista che ogni tanto ci saluta. Il viaggio già inizia bene, positività e natura sono un ottimo connubio. Il paesaggio cambia quando giungiamo nell’area militare. il sole tramonta dietro di noi, terra bruciata intorno e odore di morte. Ormai sono passate 4-5 ore da quando abbiamo iniziato a pedalare, il sole sta calando e la preoccupazione di non giungere a Lecce in tempo si fa sentire. Proprio quando inizia ad imbrunire scopriamo che siamo solo ad un paio km da Lecce. Il primo traguardo è stato raggiunto ed i primi cinquanta km anche.
L’estate leccese sembra molto viva, piena di turisti, artisti di strada, ritroviamo anche alcune facce familiari, il che ci fa sorridere. Per la notte abbiamo la fortuna di essere ospitati dai ragazzi di Binario 68, un centro sociale autogestito da una decina di ragazzi che hanno occupato quella che era una stazione ferroviaria.
2° Giorno. Tra un pasticciotto leccese e una focaccia si riparte. Questa volta ci sono le amiche francesi con noi che attrezzatissime già sanno quali saranno le prossime tappe e come arrivarci. Armati di mappe e scorte d’acqua si parte per Galatina. Durante il tragitto troviamo un altro percorso ciclistico, uliveti, fichi, more, sono lì pronte li per essere colte.
3° Giorno. Dopo aver trascorso la notte a Copertino, in una terra di ulivi, il giorno dopo continuiamo per Galatina, la patria della Taranta. Un piccolo paesino, poco turistico a dir la verità, chiese di epoca barocca e foto di feste di piazza, bei ricordi tra taranta e pizzica. Così attraversiamo il tacco nella sua parte interna, fatto di campagne, fichi selvatici, ulivi secolari ed antiche masserie spesso abbandonate. Si susseguono Galatone, Nardò la Firenze del sudcome la chiamano e poi si scende verso la costa attraversando il Parco Naturale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Il panorama impone una sosta per contemplare, fotografare, far in modo che tutto ciò si fermi in qualche modo nel tempo e non scivoli semplicemente via. Scendiamo fino a Torre Uluzzo, qui un tuffo nel mare blu è quasi d’obbligo. Una piccola sosta per rinfrescarsi e poi via si riparte. Iniziamo a cercare un posto per la notte quando ad un tratto un uomo dal suo terrazzo ci chiede cosa cerchiamo e alla nostra risposta non esita ad aprirci le porte di casa sua, si tratta di Carlo originario di Nardò, la moglie rumena Michela ed il piccolo Mario; persone semplici ed ospitali che hanno la gioia di condividere quel poco che hanno con quattro stranieri. Una spaghettata, tanto per rispettare la tradizione italiana, fichi d’india e caffè e tra un racconto ed un altro si conclude il terzo giorno del nostro viaggio.
4° Giorno. Il mattino seguente la bella sorpresa è scoprire che tre bici su quattro hanno le ruote bucate. Ma con il kit di Pietro e l’aiuto di Carlo tutto si risolve in poche ore e si riparte. La costa si apre davanti a noi tra riserve naturali, spiagge e un fortissimo odore di pino che ci accompagna per tutto il tragitto. La meta del giorno è Gallipoli e tra scorpacciate di fichi selvatici e qualche tuffo a mare arriviamo a destinazione. Ci immergiamo nel turismo di massa, nelle decine di piccoli negozietti che propinano le specialità pugliesi ad ogni passante. Non c’è spazio per andare in bici e siamo costretti a continuare a piedi. Rimontiamo in sella e quello che si sussegue è ancor peggio. Centinaia di persone, macchine e ragazzi in bici sfilano lungo le spiagge di Gallipoli, Baia verde e a scendere per svariati km. Non ci si vede l’un l’altro e volano flyer per disco e simili. La sera a Mancaversa un signore gentilmente ci lascia dormire nella sua terra. Il mattino dopo Giuseppe e Francesca, i genitori anziani ci offrono la colazione e passiamo tutta la mattinata in loro compagnia. Con loro parliamo della Xylella e di come Giuseppe e gli altri di Taviano e dintorni abbiano protestato giorno e notte contro l’abbattimento dei loro ulivi.
5° Giorno. Tra una pedalata ed un’altra ci ricordiamo che è la notte di San Lorenzo e decidiamo di fermarci a Torre Mozza, lì sulla spiaggia dove amici e famiglie si attrezzano a loro volta per trascorrere la notte guardando le stelle. In realtà di cadenti non ne vediamo però la serata va nel migliore dei modi ugualmente.
6° Giorno. Si riparte e nella mente c’è solo un obiettivo: raggiungere la punta del tacco Santa Maria di Leuca. La strada non è più così pianeggiante, il sole picchia e con incredibile gioia guardiamo da lontano il faro di Leuca. Siamo arrivati. Qui un breve giro e una visita alla cascata monumentale e poi si riprende. Dopo Santa Maria di Leuca il paesaggio cambia: costa frastagliata, grotte stupende da ammirare, torri d’avvistamento costruite nel 1200 per difendersi da turchi e saraceni, ma anche tante e faticose salite. Il paesaggio è stupendo, pedaliamo in quella che è la riserva naturale di Santa Maria di Leuca e bosco Tricase; qui non c’è spazio per il turismo di massa. Tutto è invariato, tutto è natura libera e selvaggia. Dopo un paio salite estenuanti arriviamo a ponte Ciolo, godendoci finalmente una lunga discesa che ci porta su un mare blu con tanto di grotta. La sera dormiamo ad Andrano.
7° Giorno. Si parte di buon ora, abbiamo perso il conto di quanti km abbiamo percorso però il tempo stringe e dobbiamo arrivare ad Otranto. Dopo qualche ora ci siamo. Qui ci fermiamo a visitare il lago di bauxite, una vecchia cava scoperta negli anni ’40 da cui ha avuto origine questo laghetto verde smeraldo che la gente viene a visitare. La cava è stata poi abbandonata negli anni ’70 in quanto poco produttiva. Ma l’incontro più interessante è con un signore originario di Lecce cha ha un’azienda agricola; 10.800 ulivi racconta e la Xylella è arrivata anche lì. Tante sono le opinioni su questo batterio che quest’anno ha colpito gli ulivi salentini. Alcuni dicono che sia stato portato in questa terra per favorire il mercato dell’olio francese, altri che sia stato creato per abbattere gli ulivi e piantarne altri con semi ogm, favorendo multinazionali come la Monsanto. Il signore che incontriamo ci dice che la Xylella non è una novità e che simili parassiti sono sempre esistiti. Non esita a colpevolizzare il metodo degli agricoltori, ovvero l’assenza per decenni di aratura del terreno. In virtù del fatto che l’ulivo è un albero selvatico, la cura e aratura del terreno non sono stati considerati necessari e con gli anni il terreno è diventato talmente duro e poco pregnante che gli alberi non sono più in grado di prendere gli elementi essenziali alla loro sopravvivenza, da qui l’attacco di parassiti e simili.
Più della metà del viaggio è andata, abbiamo fatto tanti km ed in così poco tempo che quasi sembra impossibile. La sera campeggiamo sui laghi Alimini, altro spettacolo naturale.
8° Giorno. Un tuffo alla baia dei turchi è d’obbligo, anche se ne rimaniamo delusi. C’è così tanta gente nonostante sia mattino presto che rimanere lì sembra un suicidio. Il perchè del nome è sicuramente più interessante del posto in sè. È qui che infatti sbarcarono i turchi nel corso dell’assedio alla città di Otranto del XV secolo, uccidendo ben 800 persone del posto, noto come l’eccidio di Otranto del 1480.
Ma il viaggio ancora non è finito, le nostre amiche francesi sono così curiose di andare alla riserva naturale WWF le Cesine che tutti non vediamo l’ora di arrivarci. Purtroppo anche li la sorpresa non è piacevole. Lo spettacolo ci lascia senza parole: immondizia sulla spiaggia, residui di ogni tipo tra plastica vetro e fiale di medicinali. Non è possibile fruire della spiaggia e alcune ragazze si feriscono a causa di alcuni vetri lasciati tra la sabbia. Un pò amareggiati ripartiamo per San Cataldo e poi Lecce in serata.
È qui che il cerchio si chiude da dove è cominciato. Ritorniamo dai ragazzi di Binario 68. Rivediamo i visi familiari, questa volta con un pò di tristezza nei cuori. È passata una settimana, così veloce ma intensa. Indimenticabile, come gli amici che abbiamo scoperto, i paesaggi che abbiamo vissuto e le persone che ci hanno aperto le porte e accolto come figli, raccontandoci e condividendo con noi pezzi della loro vita. Tutto questo è cicloviaggio, è natura, scoperta e condivisione di tutto quello che probabilmente non noteresti e vivresti seduto in una macchina.