Il salario minimo è la più bassa paga oraria, giornaliera o mensile alla quale ha diritto, per legge, un lavoratore. La prima applicazione del salario minimo avvenne in Australia e Nuova Zelanda alla fine del XIX secolo. In Europa, quasi ogni Paese disciplina la materia con un’apposita normativa, diversa a seconda dei casi nazionali.
Lo Stato italiano non prevede alcun salario minimo per i lavoratori. Si tratta di una delle poche eccezioni europee, insieme a Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia. Nel nostro Paese la disciplina della materia è affidata alla contrattazione collettiva, che fissa gli standard retributivi al di sotto dei quali non è possibile scendere. Tuttavia, oltre 1 lavoratore su 10 percepisce una paga inferiore rispetto al minimo stabilito per legge. Attualmente l’introduzione di un salario minimo italiano è diventato uno dei temi discussi, tra gli altri, all’interno del Jobs Act proposto dal capo del governo Matteo Renzi. Ma cosa accade altrove?
Qui si può dare uno sguardo al salario minimo presente negli altri Paesi dell’eurozona. Nel 2013, nel Regno Unito, che ha tradotto in legge il “National Minimum Wage Act” nel 1999, il minimo sindacale mensile è stato di 1,249 euro. Attualmente il salario minimo è pari a 6,50 sterline l’ora per gli over 21, una quota, come mostrano i dati del governo, sempre in crescita negli ultimi 10 anni. Altri casi: sempre nel 2013 in Olanda il salario minimo è stato di 1,469 euro, in Francia 1,430, in Spagna 752. In Germania, lo scorso luglio il parlamento tedesco ha approvato per la prima volta un disegno di legge sul salario minimo, che prevede una retribuzione oraria di almeno 8,50 euro. La legge andrà in vigore a partire dal 1° gennaio 2015 e interessà oltre 5 milioni di lavoratori che attualmente percepiscono una paga oraria inferiore al minimo stabilito.
I numeri, però, presi così dicono poco. Come spiega Il Sole 24 ore il salario minimo non è di per sé la soluzione, ma va relazionato agli equilibri salariali del singolo Paese. Secondo alcuni economisti, infatti, quando il salario minimo non corrisponde almeno al 60% del salario “mediano” (il salario dei lavoratori posti al centro della distribuzione dei salari) allora gli effetti positivi del sistema non sono garantiti. Un esempio, a tal proposito, è stato il Lussemburgo. Nel 2012 il piccolo stato offriva il salario minimo più alto d’Europa, cioè 10,41 euro l’ora. Tuttavia, il provvedimento non ha dato gli effetti sperati poiché quel minimo salariale era pari solo al 42% del salario mediano della nazione.