La COP21 si chiude con l’assunzione di una serie di impegni, tra cui, come obiettivo minimo, una soglia di 2°C come limite di innalzamento della temperatura media globale alla fine del secolo rispetto all’epoca pre-industriale. Questo è un primo fondamentale passo concreto, con una forte valenza politica, che parte dal lavoro della comunità scientifica internazionale, sintetizzato dall’accuratissimo rapporto IPCC del 2013. Il rapporto documenta un incontrovertibile e significativo riscaldamento globale nel corso del secolo scorso e fino ad oggi ed attribuisce una estrema probabilità al ruolo delle attività umane sul riscaldamento osservato.
Le conclusioni principali dell’IPCC sono il risultato di una sintesi accurata degli studi scientifici sul tema e sono condivise dalla stragrande maggioranza degli scienziati del settore (vedi PNAS, 107, 12107-12109, 2010). Ciò non toglie che per una comprensione profonda del sistema climatico e per ridurre l’incertezza associata ai risultati presentati nell’IPCC sia necessario affrontare e risolvere numerosissime questioni scientifiche. Per esempio, grande è l’incertezza legata ai vari e complessi processi di retroazione, alla valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici in diverse regioni ed a differenti scale, e questo problema richiede l’impegno della comunità scientifica internazionale, unito ad una costante revisione critica alla luce di nuovi elementi, metodologie e scoperte.
Vogliamo sottolineare come l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) e numerosi altri Istituti del Cnr operano da molti anni a livello nazionale ed internazionale in differenti ambiti della ricerca sul clima,un campo che è necessariamente interdisciplinare se si vuole affrontare in modo integrato i numerosi aspetti della sua complessità. Devono essere infatti coniugati aspetti avanzati sia delle scienze ‘dure’, dalla fisica teorica ed applicata, alla chimica, ed alla biologia, che delle scienze sociali. Il progresso scientifico è frutto delle diverse metodologie dell’attività di ricerca, dalla sperimentazione in laboratorio, alle misure in-situ, alla simulazione attraverso modelli numerici (Earth Systems) la cui dinamica è basata sulle Leggi della Fisica. Il Cnr, per la sua intrinseca interdisciplinarietà, ha quindi un ruolo fondamentale a livello nazionale ed internazionale.
Infine la questione della comunicazione, sollevata anche in un recente editoriale apparso sull’Almanacco. La stragrande maggioranza degli scienziati non usa certamente espressioni allarmistiche. Basti pensare al fatto che la definizione di un vocabolario preciso, quale la scelta di espressioni come ‘probabile’ (likely) rispetto a ‘molto probabile’ (very likely), ha coinvolto una comunità di centinaia di scienziati impegnata nella sintesi, stesura e revisione del rapporto IPCC. Èstato scelto di documentare in maniera rigorosa e precisa l’incertezza dei risultati sul cambiamento climatico (Nature Climate Change, 35-41, 2011) e di promuovere una ‘literacy’ della società su clima ed energia (http://ncse.com/climate/teaching/principles-of-climate-literacy).
Questa è una sfida particolarmente importante nel nostro paese dove, secondo i rapporti OCSE-PISA gli Italiani hanno una sempre minore confidenza nella scienza e dove sarebbe davvero necessaria una migliore sinergia fra ricerca, mondo della formazione e media per recuperare il ritardo nella diffusione della cultura scientifica. A tutto questo certo non contribuisce, come sottolinea il suddetto editoriale, ‘la sciagurata propalazione di autentiche bufale’ o la riduzione del metodo scientifico a diatriba ideologica.