Il protagonista della politica italiana, in questi ultimi giorni, è il redditometro. Lo strumento di controllo fiscale, andato in “disuso” con l’arrivo del Governo Meloni, è tornato in auge con l’ultimo decreto ministeriale a firma del vice ministro dell’Economia Maurizio Leo. Il decreto che ipotizzava un suo ritorno è stato aspramente criticato dalla maggioranza. La conseguenza è stata la sospensione del decreto ed una riflessione che il Governo Meloni deve fare. Perché questo redditometro fa tanta paura?
Cos’è il redditometro?
Il redditometro, ufficialmente conosciuto come “accertamento sintetico di tipo induttivo”, è uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per stimare il reddito presunto di un contribuente in base alle sue spese. In parole semplici, il fisco confronta le spese effettuate da un individuo con il suo reddito dichiarato e, se rileva una discrepanza significativa, può avviare un’indagine per accertare un’eventuale evasione fiscale.
Come funziona?
L’Agenzia delle Entrate dispone di un’ampia base dati che include informazioni su:
- Redditi dichiarati: Dalle dichiarazioni dei redditi annuali, il fisco estrae informazioni sui redditi da lavoro, da impresa, da capitale e da altre fonti.
- Spese sostenute: Vengono incrociate informazioni provenienti da diverse fonti, come:
- Acquisti con carta di credito e bancomat: Le transazioni effettuate con strumenti di pagamento elettronici sono tracciabili e forniscono dettagli sugli acquisti di beni e servizi.
- Possesso di immobili: Catasto e visure ipotecarie permettono di verificare la proprietà di case, terreni e altri immobili.
- Mezzi di trasporto: Il PRA (Pubblico Registro Automobilistico) fornisce informazioni sulle auto, moto e natanti intestati al contribuente.
- Utenze domestiche: I consumi di energia elettrica, gas e acqua possono indicare il tenore di vita di un individuo.
- Altri indicatori: Possono essere inclusi anche altri elementi come abbonamenti, frequentazione di ristoranti di lusso, viaggi all’estero, ecc.
L’Agenzia delle Entrate applica a ciascuna voce di spesa un coefficiente moltiplicativo, stabilito annualmente con un decreto ministeriale. La somma dei prodotti tra coefficienti e spese fornisce un’indicazione del reddito presunto del contribuente. Se il reddito presunto supera di una certa soglia il reddito dichiarato, il contribuente viene invitato a giustificare la discrepanza.
Cosa succede se il reddito presunto è superiore al reddito dichiarato?
Se il contribuente non riesce a fornire una giustificazione valida per la differenza tra reddito presunto e reddito dichiarato, l’Agenzia delle Entrate può avviare un accertamento fiscale. In questo caso, il fisco ricalcola il reddito imponibile del contribuente, applicando le imposte e le sanzioni dovute.
Criticità e limiti del Redditometro
L’utilizzo del Redditometro ha sollevato diverse critiche, tra cui:
- Possibili inesattezze: L’incrocio di dati provenienti da diverse fonti può generare errori e portare a conclusioni errate sul reddito effettivo del contribuente.
- Invasione della privacy: La raccolta e l’analisi di dati sensibili relativi alle spese personali dei cittadini possono essere considerate una violazione della privacy.
- Mancanza di equità: Il Redditometro non tiene conto di tutte le variabili che possono influenzare le capacità di spesa di un individuo, come ad esempio la presenza di persone a carico, spese mediche straordinarie o investimenti effettuati in passato.
Nonostante le critiche, il Redditometro rimane uno strumento importante per contrastare l’evasione fiscale in Italia. Tuttavia, è fondamentale che venga utilizzato in modo corretto e proporzionato, nel rispetto dei diritti dei contribuenti e con la dovuta attenzione alla tutela della privacy.
Foto di Steve Buissinne da Pixabay