Il razzismo negli stadi italiani, il caso Koulibaly, Osimhen, Anguissa bersagliati dagli spalti a Firenze, bordate di fischi all’inno spagnolo e fischi al portiere della nazionale nella ‘sua’ Milano, questa la situazione negli stadi che si apprestano ad essere ripristinati nella loro capienza totale con una fretta inusitata per i tempi italiani.
Gli stadi italiani, ma non solo, non sono mai stati salotti buoni frequentati da giovanotti e signorine compiti e perfettini che si mettono a sedere e al massimo applaudono al gol della loro squadra diciamolo senza alcuna ipocrisia.
Le curve, ma non solo, sono sempre state una sorta di “rispecchio” della realtà sociale che rappresentano con violenze di ogni tipo, le partite ed il tifo un pretesto buono per dare sfogo alla rabbia ed alla frustrazione di una vita spesso vissuta ai margini.
La pandemia ci aveva regalato stati vuoti ed immacolati che, chissà perché poi, hanno fatto sorgere levate di scudi risentite non solo delle società di calcio (cosa del tutto naturale guardando alle casse delle stesse) ma anche di eminenti antropologi, sociologi, giornalisti ed esperti di sport internazionali che hanno asserito che il calcio senza spettatori non ha senso.
Rispetto a questo lasciateci qualche dubbio sulla valenza del calcio come sport e non solo come prodotto commerciale, ma è un’evidente posizione romantica la nostra che ci porta a pensare al calcio come movimento e non solo al mondo patinato – ma indebitato – della serie A e della Champions.
Il razzismo negli stadi italiani, non una novità
Dicevamo che gli episodi a sfondo razziale nei nostri stadi non sono una novità e non crediamo ci sia bisogno di sfornarvi la lista di tutti gli episodi di violenza verbale e non solo che si sono verificati negli stadi da decenni e decenni.
Sono cambiati gli obiettivi: prima erano i napoletani appellati come colerosi, sporchi, puzzolenti, terremotati ed attaccati in ogni stadio da Verona a Cagliari in un impeto che davvero unisce tutta l’Italia.
Basti ricordare lo striscione ormai passato alla storia (oggetto del solito revanscismo odierno che vede tutto in relazione al genere) dei tifosi napoletani esposto a Verona dove sono stati sempre bersaglio di improperi e non solo: “Giulietta è na zoccola”!
Oggi, invece sono i calciatori che hanno l’unica colpa di avere la pelle di colore diverso a questi energumeni che girano senza nessun problema in ogni stadio.
Il razzismo negli stadi italiani: gli ultimi casi
La parabola assomiglia tanto a quella di certe forze politiche che a più riprese hanno manifestato le stesse “idee” che questi esprimono nelle loro espressioni gutturali, ma tant’è.
Il vizietto di fischiare gli inni delle squadre avversarie, poi, da Roma ’90 quando all’0limpico si pensò bene di manifestare così il proprio odio verso Diego Armando Maradona e la sua Argentina rea di aver eliminato l’Italia precedentemente, è diventata prassi comune che qualche commentatore guarda anche con un sogghigno compiaciuto.
Subissare Donnarumma di fischi nel suo ritorno a Milano era quasi un delitto annunciato vista la burrascosità con cui lui e la sua ex squadra si sono lasciati lo scorso anno dopo il mancato rinnovo contrattuale.
Il razzismo negli stadi italiani: non solo razzismo anche altro
Questi fatti, a dispetto di quanto sostenuto da tanti, sono per noi non assimilabili e non sono affatto complementari tanto da farci nascere il dubbio che voler fare di ogni un fascio sia proprio un atteggiamento per imbonire l’opinione pubblica e arrivare alla sempre uguale e gattopardesca decisione che sempre contraddistingue il calcio italiano.
Sono fatti molto distanti fra loro, testimoni sì di una inciviltà trasversale che lascia basiti, per la natura degli stessi.
Nel caso di Donnarumma ci sono tifosi che sentendosi traditi fischiano l’ex pupillo per dimostrare il loro disappunto per la decisione di andarsene nel rifugio dorato parigino degli sceicchi e, seppure possano essere ritenuti eccessivi, in un discorso di “tifo” ci sta tutto.
Poi se siano opportuni e ingrati questo è discorso filosofico morale che ha tutt’altro svolgimento.
I beceri fischi all’inno spagnolo prima della semifinale di Nation League a San Siro sono espressione molto diversa che già deborda e non poco dal discorso del “tifo” puro e semplice scadendo in volgarità e offesa verso l’avversario che non ha nessun fondamento sportivo.
Il razzismo negli stadi italiani: Firenze
Quanto accaduto sugli spalti del Franchi di Firenze è tutt’altra cosa che afferisce e rispecchia la società che viviamo: l’odio razziale verso l’altro da se che ha radici molto più serie di una partita di calcio.
Non è vero che sono i soliti quattro gatti come si vuole far passare in questi giorni, se in quattro hanno agito in tanti sono stati zitti e chi tace acconsente.
Bene ha fatto la Fiorentina, gloriosa società, a smarcarsi da quei signori ma va fatto molto molto di più. Per carità non è il caso di ritornare alla responsabilità oggettiva che vigeva fino a pochi anni nel mondo del diritto sportivo e del calcio ma un argine va posto.
Quelle persone sono facilmente rintracciabili e punibili per quanto hanno fatto, basta solo avere la volontà di farlo.
Il razzismo negli stadi italiani: che fare
Ben più problematico sarà debellare questo pernicioso virus, molto più antico del Covid, non solo dagli stadi ma dalla nostra vita. Di sicuro l’atteggiamento riscontrato finora come al solito di minimizzare ha portato, porta e porterà alla sicura non eliminazione del problema.
La severità va comunque estesa anche alle società stesse che fanno orecchie da mercanti e, soprattutto, vanno attenzionate quelle città e quegli stadi dove questi episodi si ripetono perché anche esse sono note.
La recidività va punita con ancora più severità arrivando a comminare sanzioni e penalizzazioni così da far riflettere le società stesse sulla necessità di non praticare lo sport delle tre scimmiette.
Serve serietà, il calcio sarà capace di averla e praticarla ?
Quel calcio che si crede eden dorato al di fuori del mondo e che segue solo le leggi del marketing tranne poi mettere striscioni e mostrine sulle maglie o fare insulse giornate contro il razzismo negli stadi?
Agire e smettere di parlare, solo così si potrà uscire da questo pantano melmoso che sono diventati i nostri stadi.