La sua visione multidimensionale del benessere umano è al centro delle politiche sociali e di sviluppo di Governi e Istituzioni internazionali. Amartya Kumar Sen –premio Nobel per l’Economia (1998), ospite della Fondazione MAST. nell’ambito del Festival della Scienza Medica – è il teorizzatore della salute universale (universal healthcare) e ha dimostrato che l’obiettivo della copertura sanitaria universale è perseguibile in modo coerente e può essere realizzato perfino in tempi più brevi anche nei paesi a reddito più basso.
Nel 2012, con la risoluzione “Universal Health Coverage”, l’Onu dopo oltre 30 anni di dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha posto al centro del dibattito politico internazionale la rilevanza della copertura sanitaria universale non solo per una più efficace tutela della salute, ma anche per contribuire allo sviluppo sostenibile e allalotta contro la povertà e le diseguaglianze socio-economiche. In coerenza con questa dichiarazione, l’Onu ha poi inserito la copertura sanitaria universale tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, chiedendo agli Stati membri di garantire entro il 2030 a tutti i cittadini l’accesso a prestazioni sanitarie essenziali e di qualità (inclusi gli interventi di promozione, prevenzione, trattamento, riabilitazione e palliazione) senza partecipazione diretta alla spesa (se non entro il 15-20%) al momento dell’erogazione.
A influenzare queste scelte è stato anche il lavoro di Amartya Sen. Il premio Nobel ha contribuito anche a mostrare come la copertura sanitaria universale, oltre a garantire performance superiori in termini di aspettative di vita e di mortalità evitabile, può contribuire in modo decisivo alla crescita economica e alla riduzione della povertà e delle diseguaglianze, non solo nei paesi a basso reddito. Infatti, da un lato una popolazione che invecchia mantenendosi in migliori condizioni di salute è più produttiva sul lungo termine e dall’altro la presenza di copertura universale consente di evitare l’azzeramento dei patrimoni e la riduzione della capacità reddituale per le famiglie con redditi medio-bassi in presenza di rischi sanitari catastrofici, evitando l’ampliarsi della quota di popolazione in condizioni di povertà.
Uno degli esempi più sorprendenti dell’importanza della copertura sanitaria universale a cui si è dedicato Sen è l’analisi comparata dello stato del Kerala, uno dei più poveri dell’India fino al momento dell’istituzione di un servizio sanitario universale e di un sistema di educazione pubblico, che in modo sinergico hanno portato il Kerala a conseguire il più alto livello di reddito pro-capite tra tutti gli Stati indiani.
Ma anche per Paesi come l’Italia che da quasi 40 anni hanno optato per un Servizio sanitario a finanziamento pubblico, devono continuare a riflettere sulle analisi di Sen in tema di universalismo, dato che le nuove sfide per garantire la sostenibilità e la qualità dei servizi sanitari – in particolare il flusso continuo di innovazioni ad altissimo costo – richiedono perfezionamenti continui nei modelli di organizzazione e gestione attiva e partecipata della salute.
Questo perché da un lato i costi di erogazione dei servizi sanitari dipendono soprattutto dall’uso intensivo di lavoro (professionale) il cui costo è proporzionato agli standard di vita di ciascun Paese e dall’altro perché i sistemi assicurativi di tipo universale, garantendo il pre-finanziamento della spese, consentono di dedicare risorse alla promozione di stili di vita più sani, alla prevenzione e alla gestione attiva della salute dei singoli e delle popolazioni secondo modelli organizzativi più efficienti e quindi tali da condurre a performance superiori soprattutto nei contesti in cui le risorse a disposizione sono minori.