Una storia di amicizia e un percorso interiore
“Il posto degli assenti” di Francesco Puccio edito da Marlin è un romanzo sull’assenza, che aleggia tra le pieghe dell’animo del protagonista, Teo, e che aleggia sulla splendida isola greca. Qui l’autore si è ritirato per poter scrivere il suo nuovo giallo.
Siamo in Grecia, a Cefalonia, qui Teo, giovane quarantenne, ritorna per scrivere un romanzo giallo e farsi ispirare dalle bellezze mozzafiato dell’isola. Arrivato qui, però, apprende della morte improvvisa di Petra, il bizzarro proprietario di una taverna con cui Teo aveva stretto una profonda e sincera amicizia. Petra era un uomo sui generis, gli piaceva raccontare storie agli avventori, narrazioni a metà strada tra finzione e realtà. Nel ricordare Petra e le sue storie, Teo inizia un percorso interiore dove la memoria, l’amicizia e le assenze giocano un ruolo fondamentale nella sua esistenza.
Francesco Puccio, nato a Cava de’ Tirreni nel 1982, è ricercatore all’Università di Padova, dove si occupa di teatro antico greco e latino e della sua ricezione sulla scena contemporanea. Autore e regista teatrale, è ideatore e direttore artistico de “L’antico fa testo”, progetto di ricerca sulla performatività del mito classico sulla scena moderna. Ha scritto romanzi, drammaturgie e saggi. Ha realizzato numerosi progetti per il teatro nelle aree archeologiche e nei siti museali del territorio nazionale, specializzandosi nella scrittura di testi ispirati al mito antico e alla sua permanenza nel mondo contemporaneo.
“Il posto degli assenti” di Francesco Puccio
Nell’intervista di oggi, l’autore ci svela diversi elementi del suo romanzo. Con lui abbiamo parlato di memoria, amicizia e assenza.
Cominciamo dal protagonista, Teo. Per la sua caratterizzazione a cosa si è ispirato? Non so, ha attinto dalla realtà, è il suo alter ego, ha tratto spunto da un libro?
Teo è uno scrittore di gialli, un genere che mi appassiona come lettore ma che non pratico come autore. Ma è soprattutto un personaggio irrisolto che in questo suo viaggio sull’isola – Cefalonia nel mio romanzo – va alla ricerca di una sorta di una propria identità riconoscibile. Di qui, l’importanza dell’amicizia che intreccia con Petra, proprietario di taverna e moderno cantastorie che mi piace immaginare come un aedo fuori dal tempo. È una tipologia di personaggio che, per talune sue caratteristiche, sebbene in forme diverse, torna anche in altre mie scritture.
Ne “Il posto degli assenti” prendono vita due storie parallele, quella di Teo e quella legata alla morte improvvisa del suo amico Petra. C’è un fil rouge che unisce le esistenze dei due protagonisti?
Assolutamente sì. Il libro è anche una celebrazione di uno straordinario valore quale l’amicizia. Una forma di amicizia pura, assoluta, in grado di costruire legami indissolubili al di là delle frequentazioni quotidiane e dei momenti condivisi negli incastri della vita.
Il suo romanzo è un libro sull’”assenza”, può accennare ai lettori a cosa si riferisce?
L’assenza può costituire una presenza costante nella vita di ciascuno. Si presenta come un’affermazione ossimorica, eppure è quello che accade. E non mi riferisco solo all’assenza intesa come perdita di qualcuno che abbiamo amato o al quale siamo stati legati da un’amicizia profonda, ma anche ad un’assenza che assume le sembianze di un distacco, di una separazione, di un vuoto che talvolta facciamo fatica a colmare, e che forse non riusciremo mai davvero a riempire. Accade, talvolta, che certi temi bussino alla nostra porta e senza aspettare che li si lasci entrare, si mettono comodi, in attesa che ad essi ci si rivolga. Occupano lo spazio intorno, abitano i luoghi, attraversano le memorie, e iniziano a diventare parte del tuo vissuto. Mi è capitato così con l’assenza, prima in certe mie scritture teatrali dedicate ai personaggi del mito classico, e poi in questo libro.
“Il posto degli assenti” è anche un viaggio nella memoria. Che importanza dà Teo a questo aspetto della vita? Il suo personaggio alla fine del libro subirà un cambiamento?
Un aspetto essenziale. E, alla fine del suo viaggio, anche Teo subirà una metamorfosi. Di qui un’immagine che mi viene in mente: nuotare, lasciando che i ricordi tornino a galla, e in dissolvenza i volti e le voci e gli odori di quelli che sono stati, e ancora sono, il senso della nostra vita.
Ci racconta brevemente qualcosa della sua precedente pubblicazione?
Vorrei ricordare, in questa occasione, un altro mio romanzo edito da Marlin, ugualmente ambientato in Grecia, Mathilde bianca di calce. Il protagonista Diego, originario di una città del Sud ma trasferitosi a Roma per lavoro, arriva su un’isola delle Cicladi per realizzare un servizio fotografico. Alle spalle, un’ex fidanzata con cui ha ancora qualche legame, e un senso di mancata appartenenza al tempo presente. Con l’aiuto delle persone che conoscerà sull’isola, tra cui la vecchia Nora e, in particolare, la guida Cleante, moderno aedo narratore di storie, Diego riuscirà a realizzare foto bellissime, ma imparerà anche ad amare di nuovo e a non temere i sentimenti. Sullo sfondo, come in dissolvenza, il racconto che Cleante farà della storia del tragediografo Euripide e della leggendaria creazione della sua Medea, nata dall’incontro del poeta, in quella stessa isola, con la giovane e ribelle Agape.