Passato e presente
“Il ponte di ghiaccio” di Michele Visconti edito daHolden Edizioni è la storia del giovane protagonista Claudio Morelli che si trova coinvolto in un vortice di eventi imprevedibili. Claudio è giovane e svolge regolarmente il praticantato per diventare avvocato E’ ancora alla ricerca della sua strada e si diverte con gli amici tra una partitina a poker e una a scacchi, sua grande passione.
All’improvviso però accade qualcosa e Claudio Morelli viene catapultato indietro nel tempo, alla sua infanzia e alla storia della sua famiglia. Iniziano così una serie di avventure che portano il giovane avvocato a perseguire un unico obiettivo: riabilitare l’onore di suo padre.
Michele Visconti, classe 1979, è napoletano e da qualche anno vive e lavora a Pescara. Durante il giorno è geometra presso una società di ingegneria e nel tempo libero si diletta con le sue due grandi passioni, il disegno e la scrittura. Da dieci anni ormai quest’ultima è parte integrante della sua vita e gli regala sempre nuove soddisfazioni, specialmente nell’ambito dei concorsi letterari. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo la raccolta di racconti I Fanta Eroi (La Quercia Editore); per Giovane Holden Edizioni i romanzi Il mondo sommerso (Holden Edizioni, 2017) L’uomo con la pelliccia (Holden Edizioni,2018); Croce e testa (Holden Edizioni, 2020).
Anche questa volta abbiamo avuto il piacere di intervistare Michele sul suo ultimo lavoro. Abbiamo approfittato della sua disponibilità per chiedergli qualcosa in più sul romanzo e anche per introdurci novità e differenze con il precedente libro, Croce e testa.
“Il ponte di ghiaccio” di Michele Visconti
Lei è tornato a deliziare i lettori con un nuovo lavoro, “Il ponte di ghiaccio”. Guardando al suo romanzo d’esordio, “Croce e testa”, ha notato dei cambiamenti nella sua scrittura o nel modo di concepire i personaggi?
Grazie, mi auguro di deliziarli sul serio. Sì, credo di sì. Ho provato a dare più spazio alla descrizione dei personaggi, ho rallentato per soffermarmi sui luoghi e sui particolari. Riguardo a Croce e testa, ho letto parecchie volte sulle recensioni che il finale era troppo sbrigativo e che ci sarebbero stati molti spunti per rendere più sostanziosa la storia. Ricevo complimenti ed anche critiche. Riguardo alle ultime presto attenzione e cerco di fare meglio, penso sia il modo migliore di affrontare questo percorso.
Claudio Morelli è il protagonista del suo romanzo. Anche in questo caso il suo personaggio è alla ricerca della propria strada. Perché sceglie di raccontare le storie di uomini “alla ricerca”?
Mi piace l’idea che i protagonisti siano in viaggio, inteso non solo come luogo geografico ma anche come percorso interiore. Il cambiamento dopo la sfida, la consapevolezza: credo che siano argomenti necessari per dare vita ad una bella storia. Cerco di narrare qualcosa dove il lettore possa rispecchiarsi, possa trovare compagnia: dei momenti dove confrontarsi, insomma. Cerco di rendere la narrazione dinamica, mi concentro molto sulla trama: non mi piace essere noioso, anche se mi sono reso conto che rischio di correre troppo.
Ne “Il ponte di ghiaccio”, Claudio è accompagnato da una figura femminile. Che ruolo ha la donna nell’ambito delle avventure a cui va incontro il protagonista?
Nel caso specifico il ruolo di Daniela è fondamentale, non vorrei dire troppo, ma nel corso delle vicende gli darà una grossa mano. Un’altra donna fondamentale per Claudio è la madre, anche lei non resterà con le mani in mano. Ultimamente sto dando sempre più spazio alle figure femminili. La tecnologia ha reso ancora più sole le persone, a mio avviso l’unica speranza che abbiamo è riposta nelle donne, sono loro che possono dare una svolta a questa società ed unire nuovamente le famiglie, hanno una visione più completa delle cose ed hanno una sensibilità nettamente differente. La protagonista della mia prossima storia è una donna.
Tutto inizia con una partita a poker. Com’è raccontato il gioco all’interno del suo giallo? Come un vizio? Come cioè lo descriveva Dostoevskij ne “Il Giocatore’, ossia un’ossessione?
Nel mio romanzo il gioco del poker ha un ruolo poco importante, nel senso che non domina il protagonista. Claudio Morelli è un ragazzo sveglio che si serve delle sue abilità nel gioco del poker e nel gioco degli scacchi. Mi piaceva l’idea di unire due discipline totalmente diverse: nelle carte serve fortuna, nel secondo caso serve studio e ingegno. Dostoevskij è citato anche nel libro da Silvia, e riguardo a “Il Giocatore”: ricordo un workshop di sceneggiatura cinematografica svolto alla casa di produzione cinematografica di Alessandro Cannavale, il figlio del famoso attore Enzo. Le lezioni furono a cura del regista Edoardo De Angelis, qui ebbi modo di conoscere persone eccezionali come Nico Falco, (giornalista di Fanpage), Isabella Infascelli (regista). Da questi approfondimenti nacquero delle brevi sceneggiature in autopubblicazione con Il mio libro di Kataweb, alcune furono anche girate, così per gioco. I protagonisti delle sceneggiature hanno gli stessi nomi di quelli del famoso romanzo, ma non sono molto attinenti con il capolavoro: sono delle scenette comiche napoletane. Sono appassionato di sceneggiatura cinematografica ed amo il teatro, specie quello della tradizione napoletana: già da bambino ho avuto la fortuna di vedere tante volte a teatro Luisa Conte al Sannazaro, a quei tempi davano le commedie di Scarpetta.
Qual è la parte del romanzo che si è divertito di più a scrivere? E perché?
Mi sono divertito soprattutto nel descrivere le scene di battibecchi e di litigi ed in generale mi piace quando posso rovesciare le situazioni. Spiego meglio: mi capita magari di assistere a dei diverbi dove il più forte vince sul più debole, quando poi decido di mettere queste cose su carta, posso far emergere il mio senso di giustizia e di equità, ribaltando le situazioni. Provo ad immaginare le scene al contrario, magari mi rendo protagonista e penso a cosa avrei detto o a cosa avrei fatto. Una cosa che mi fa tornare bambino, ma la scrittura, come il cinema ed il teatro, è anche magia. Gioca un ruolo fondamentale nella società ed ha grandi responsabilità, ma è anche un momento ludico, un luogo incantato dove dare spazio alla fantasia e all’immaginazione.