Siamo alle solite. Italia, alunno indisciplinato. Stavolta la maestra Ue bacchetta l’Italia non solo per la corretta applicazione della direttiva comunitaria sui ritardati pagamenti da parte della PA alle imprese (ritardo che secondo la Commissione Ue arriva sino a 210 giorni contro i 30-60 giorni previsti) ma anche per l’eccessivo cuneo fiscale. La tassazione del nostro Paese, soprattutto quella legata al lavoro, è tra le più alte al mondo (siamo i sesti). I dati emersi dal rapporto “Taxing Wages” dell’Ocse hanno confermato che tra il 2009 e il 2013 il cuneo fiscale calcolato su un lavoratore medio senza figli ha subito un incremento dell’1% arrivando al 47,8 per cento. In cima alla classifica altri cinque paesi europei: Belgio (55,8%), Germania (49,3%), Austria (49,1%), Ungheria (49%) e Francia (48,9%), a fronte di una media Ocse del 35,9%. Se andiamo a considerare, invece, una famiglia composta dai coniugi più due figli, il peso della tassazione è stato, nel 2013, del 38,2 per cento, registrando una leggera contrazione di 1,3 punti percentuali rispetto allo stesso anno. Discorso diverso riguarda gli stipendi, di molto sopra la media OCSE sia per quelli più bassi (44,7% Italia contro il 32,2% Ocse), che per quelli più alti (53,2% Italia contro il 40,3% Ocse). All’indomani dell’ultimo giorno utile per pagare la Tasi, che ha generato non poche polemiche sulle modalità di riscossione, aliquote e quant’altro, interviene anche Bankitalia per fare una previsione di quanto ci costerà la famigerata tassa sui servizi indivisibili. Ebbene se l’aliquota scelta da tutte le amministrazioni sarà quella massima (com’è giusto ipotizzare visto che pochi sono i Comuni che rinunceranno all’opportunità di fare cassa), “il prelievo sulle abitazioni principali aumenterà del 60% rispetto al 2013, tornando ai livelli dell’Imu 2012”. Dunque, per quanto ne dica il Governo, gli aggravi ci saranno e incideranno sui già provati bilanci delle famiglie, che tenderanno a contrarre ancor di più i consumi nella misura maggiore rispetto a quanto si riducano i redditi. Il dato di Bankitalia nella relazione annuale del 2013 già andava in questa direzione: nel periodo suddetto la spesa delle famiglie è scesa del 2,6%, a fronte di un calo del reddito disponibile dell’1,1%.
Il dl Irpef che è diventato da poco legge mirerà a blindare il bonus degli 80 euro (erogati già nei cedolini paga di maggio ai dipendenti con reddito inferiore ai 26mila euro)in attesa di erogarlo con la prossima legge di stabilità anche alle famiglie monoreddito con più figli, a pensionati ed incapienti.(chi ha un reddito da lavoro dipendente inferiore a 8mila euro annuali).
Sul fronte imprese c’è una disposizione nella nuova legge che determina complessivamente un taglio strutturale del 10 % dell’IRAP, che è un primo passo concreto verso un progressivo abbassamento del carico fiscale che pesa sulle nostre imprese.Questo cut sarà finanziato dall’aumento dal 20 al 26% della tassazione sulle rendite finanziarie. Ci sarà inoltre lo sblocco di una nuova tranche di pagamenti di debiti della Pa alle imprese (tra i 5 miliardi e gli 8 miliardi), che dovrebbe concorrere anche al sistema delle “coperture” insieme alla maggiore Iva prodotta .
Non è un mistero che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e l’attività di ricerca e sviluppo. Ma non basta. Occorre anche una governance, uno scenario normativo che semplifichi la vita agli imprenditori che vogliono assumere. Il Job Act è davvero una risposta alla crisi e alla fame di occupazione?