DPCM che si approva, deroghe che si chiedono. Non si placa lo scontro tra governo centrale e regioni nella gestione delle fasce di rischio. Stavolta l’attore principale è la neo assessora al Welfare Letizia Moratti la quale ha chiesto deroghe al DPCM che ha visto la Lombardia scivolare in zona rossa. Anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha annunciato che presenterà ricorso al TAR del Lazio per impugnare il provvedimento.
Le deroghe chieste da Letizia Moratti al DPCM
Da domenica 17 gennaio per due settimane, la Lombardia sarà in zona rossa. Un provvedimento, conseguente alle nuove soglie stabilite dal ministero della Salute per la collocazione delle regioni nelle fasce di rischio, mal sopportato dai vertici del Pirellone. Così Letizia Moratti, appena subentrata a uno stanco Gallera alla guida dell’Assessorato regionale al Welfare, firma il suo primo atto formale: un contro dossier con dati, a suo dire, non compatibili con la zona rossa. Contestualmente, la neo assessora ha chiesto una sospensione di 48 ore del provvedimento per consentire lo studio del suddetto dossier. Perché i vertici reginali lombardi non concordano con la zona rossa? Cosa cambia con il nuovo DPCM? Le novità più eclatanti riguardano la zona gialla dove riaprono i musei anche se solo nei giorni feriali e la zona arancione dove ci si può recare se si possiede una seconda casa.
La situazione in Lombardia
Le dichiarazioni dei vertici lombardi venivano rese note negli stessi giorni in cui si registravano nuovi 1.600 contagiati e 65 morti nelle ultime 24 ore. Dati che ridavano alla regione Lombardia il triste primato già conseguito nella prima ondata. Eppure, gli effetti della zona rossa, strade deserte, uffici vuoti e negozi chiusi con la stagione dei saldi appena iniziata, non sono digeribili per i vertici regionali che rivendicano alla Lombardia il ruolo di locomotiva di un intero Paese. A unirsi al coro di proteste e richiedere un “trattamento da zona arancione” ci sono anche i sindaci delle città lombarde: da Brescia a Bergamo e a Cremona. Critiche alle quali il ministro per gli Affari Regionali Boccia ha risposto con un invito alla collaborazione.
Autonomia = anarchia?
Collaborazione: una parola ormai dimenticata in questi mesi nei quali l’autonomia regionale ha svelato i suoi lati più oscuri. La collocazione in zona rossa è vista, dalle regioni, ancora come una punizione. In Lombardia, che è la regione col numero più alto di morti e di contagiati ma anche quella che ha gestito peggio l’emergenza sanitaria, con il rimpasto doveva cambiare passo. E il risultato? Un contro dossier nel quale si rivedono i numeri in altra chiave per favorire riaperture. Si è passati da una gestione approssimativa, quella di Gallera, a una saccente che vuole aprire al resto del Paese la nuova via da seguire. I dati che il ministero della Salute acquisisce per stabilire le collocazioni in fascia di rischio non sono forniti dalle regioni? Se si hanno nuove proposte sulla lavorazione dei dati a disposizione non è più corretto farle in sede di riunione invece che quando la situazione si mette male? Sembra lo stesso atteggiamento di quegli studenti che presentano la giustifica solo quando capiscono che il professore interroga. Ma il tempo della scuola non era finito?
In copertina foto di Bruno Cordioli per Flickr