Il nucleare può essere classificato come fonte di energia rinnovabile? L’interrogativo torna alla ribalta dopo che l’Unione europea ha deciso, a inizio anno, di inserire il nucleare nella tassonomia del green deal europeo. Il dibattito sull’opportunità di utilizzare l’energia nucleare divide da decenni ma i tempi dei referendum abrogativi in materia sono lontani. Se l’obiettivo è di azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050, il nucleare può essere certamente d’aiuto. Nucleare, però, fa rima anche con rischio di guerra atomica e con il conflitto in Ucraina, dopo gli attacchi alla centrale di Zaporižžja e le ultime escalation, si fa sempre più concreto.
Energia rinnovabile: il nucleare a che punto è?
A inizio 2022 l’Unione europea, dicevamo, ha dichiarato il nucleare come compatibile con gli investimenti per la transizione ecologica. Gli impianti nucleari, infatti, non emettono CO2 e i progressi fatti in questa tecnologia negli anni dovrebbero contribuire ad abbattere quegli ostacoli che ancora danno remore. Se al suo avvento la tecnologia nucleare aveva tra i suoi punti deboli gli elevati costi di produzione e mantenimento delle centrali, il cosiddetto nucleare di seconda generazione ha lavorato per ammortizzare nel tempo i costi iniziali. La terza generazione, ha invece lavorato sulla sicurezza, creando dei sistemi per ridurre e contenere i problemi provocati da eventuali incidenti. Siamo arrivati a oggi al nucleare di quarta generazione di cui in verità si sa poco. Ciò a cui si sta lavorando è risolvere i problemi legati allo smaltimento delle scorie future e quelle già esistenti.
Le centrali in Europa
Nell’Unione europea, la maggior parte dei reattori appartiene alla seconda generazione. Secondo i dati Eurostat 2020, ci sono 109 impianti sparsi in 13 Paesi e hanno prodotto un quarto dell’energia totalmente prodotta in Ue. La Francia ha prodotto dal nucleare il 67% della sua energia elettrica. Livelli così alti sono tenuti solo da Slovacchia con il suo 54% di energia ricavata dal nucleare, Ungheria (46%), Bulgaria (41%). Belgio, Slovenia, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia si attestano rispettivamente sul 39%, 38%, 37%, 34% e 30%. La produzione più bassa si registra nei Paesi Bassi (3%), Germania (11%), Romania 21%, Spagna 22%.
Il rischio di una guerra atomica
L’impianto con più alta produzione di energia in Europa, nonché tra i più grandi al mondo, resta la centrale di Zaporižžja. Abbiamo imparato a conoscerla un po’ tutti perché protagonista di un assalto feroce da parte delle forze russe che ne hanno assunto il controllo. Il timore di una guerra nucleare ha sempre aleggiato e le continue escalation non fanno altro che alimentarlo. Due anni fa, il programma Science and Global Security (SGS) dell’Università di Princeton ha simulato una guerra nucleare. Secondo “Plan A” (è questo il nome del progetto) con un solo colpo inviato dalla Russia a una base Nato o USA si avrebbero 90 milioni di morti o persone gravemente ferite. Dividendo le operazioni militari in tre fasi la prima avrebbe come obiettivo la distruzione di tutte le basi Nato in Europa attraverso l’uso di 300 armi nucleari. La risposta dell’America prevedrebbe l’uso di 180 armi nucleari che provocherebbero la morte di 2,6 milioni di persone nelle prime tre ore. La seconda fase vedrebbe la maggior parte delle forze militari europee distrutte. A questo punto la risposta degli Stati Uniti (600 missili contro la Russia) causerebbe la morte di circa 3,4 milioni di persone in soli 45 minuti. L’ultima fase vedrebbe l’attacco a 30 città e centri economici più popolati con cinque/dieci testate ciascuna. Il bilancio sarebbe 85,3 milioni di morti in 45 minuti.
In copertina foto di Markus Distelrath da Pixabay