Nei nostri giorni sembra essersi riaccesa la polemica tra gli psicologi infantili, i pedagogisti, gli educatori sulla necessità o meno di raccontare al bambino il mondo incantato delle fiabe, polemica che già negli anni ’70 fece furore.
Nella discussione tra studiosi di tradizioni popolari, psicologi, educatori, genitori si inserì in quegli anni con tutto il peso del suo prestigio lo psicologo infantile Bruno Bettelheim, nato a Vienna nel 1903 e trasferitosi negli Stati Uniti nel 1939, dopo essere stato per un anno internato a Buchenwald e Dachau. Sulle sue esperienze in campo di concentramento è basato uno dei suoi libri più noti, “Il prezzo della vita”. Professore alla facoltà di Psicoanalisi e Psichiatria dell’Università di Chicago, ha diretto per anni la Scuola Ortogenetica Sonia Shankman.
Con il libro, “Il mondo incantato” egli entrò nel dibattito aperto da vari studiosi sulla valenza formativa delle fiabe e la loro influenza nell’educazione del bambino, che molti affermavano e affermano ancora oggi essere negativa, dichiarandone al contrario la fondamentale importanza. Ancora oggi ci pare che il suo libro sia restato insuperato per maestri e genitori nella difesa del diritto e necessità dei bambini di poter accedere ad un mondo fantastico che non solo non è dannoso, ma imprescindibile per la loro crescita.
Bettelheim ci parla innanzitutto della faticosa e necessaria ricerca del significato della propria vita che solo una volta acquisito ci permette il raggiungimento della maturità psicologica.
Il compito più importante e anche il più difficile per un educatore, sia genitore o docente, è quello di aiutare il bambino a trovarlo questo significato. Ma per questo, bisogna uscire dai confini di un´esistenza egocentrica e credere di poder dare un importante contributo alla vita, se non subito almeno in un futuro più o meno lontano. Questa sensazione è necessaria perché una persona possa essere soddisfatta di sè e di quanto sta facendo.
Quando il bambino è piccolo è la letteratura che trasmette nel miglior modo il significato della vita. Ma la stragrande maggioranza della cosiddetta “letteratura per l´infanzia” solo diverte o informa, o entrambe le cose, ma non riesce a trasmettere significato al vivere del bambino, ossia ad arricchirne la vita, a stimolare la sua immaginazione, ad aiutarlo a sviluppare il suo intelletto e a confrontarsi con le sue emozioni, ad entrare in sintonia con le sue ansie e aspirazioni, a riconoscere appieno le sue difficoltà, e insieme a suggerire soluzioni ai problemi che lo turbano.
Niente come la fiaba popolare, ci dice Bettelheim, può essere in grado di assolvere a questa funzione. Certo a livello manifesto le fiabe hanno poco da insegnare circa le specifiche condizioni della vita nella moderna società di massa; ma ciò che esse possono rivelare appartiene al mondo dei nostri problemi interiori, esse propongono soluzioni giuste alle difficoltà di un bambino in qualsiasi società.
Bettelheim, applicando il modello psicanalitico della personalità umana, riconosce le fiabe come portatrici di messaggi alla mente conscia, preconscia e subconscia, a qualunque livello ciascuna di esse sia funzionante in quel dato momento. Nel bambino e nell’adulto l’inconscio è un potente fattore che determina il comportamento. Ma la cultura dominante preferisce fingere, soprattutto quando si tratta di bambini, che il lato oscuro della vita non esista.
Gli adulti tentano di far credere ai bambini che tutti gli uomini sono intrinsecamente buoni; ma i bambini sanno che loro stessi non sono buoni e spesso, anche quando lo sono, preferirebbero non esserlo. I personaggi delle fiabe non sono ambivalenti: non sono buoni e cattivi come siamo tutti nella realtà. Ma dato che la polarizzazione domina la mente del bambino, domina anche le fiabe. Il succo di queste fiabe non è la morale, ma piuttosto la fiducia di poter riuscire. La vita può essere affrontata con la fiducia di poter superare le difficoltà o con la prospettiva della sconfitta: anche questo costituisce un importantissimo problema esistenziale.
Le storie moderne scritte per l’infanzia evitano per la maggior parte questi problemi esistenziali. Le fiabe, al contrario, pongono il bambino onestamente di fronte ai principali problemi umani.
E’ caratteristico delle fiabe esprimere un dilemma esistenziale in modo chiaro e conciso. Questo permette al bambino di afferrare il problema nella sua forma più essenziale, mentre una trama più complessa gli renderebbe le cose confuse. Contrariamente a quanto avviene in molte moderne storie per l’infanzia, nelle fiabe il male è presente come la virtù, non è privo delle sue attrattive e spesso ha temporaneamente la meglio. Comunque nel bambino non è il fatto che alla fine la virtù trionfi che promuove la moralità, ma il fatto che l’eroe gli risulti la figura più attraente con la quale s’identifica.
La psicanalisi, creata per consentire all’uomo di accettare la natura problematica della vita senza esserne sconfitto, prescrive che soltanto lottando coraggiosamente contro quelle che sembrano difficoltà insuperabili, l’uomo può riuscire a trovare un significato alla sua esistenza. Ed è esattamente questo il messaggio delle fiabe.
I profondi conflitti interiori sono tutti negati in gran parte dalla moderna letteratura per l’infanzia, e quindi il bambino non viene aiutato ad affrontarli.
La fiaba invece prende molto sul serio le ansie e i dilemmi esistenziali e s’ispira direttamente ad essi.
I bambini moderni non crescono più nella sicurezza di una famiglia allargata o di una comunità bene integrata: è perciò importante fornire loro immagini di eroi che devono uscire da soli nel mondo e trovare la loro giusta strada con profonda fiducia interiore. Nel suo libro Bettelheim ci mostra come le fiabe rappresentino in forma fantastica in che cosa consiste il processo del sano sviluppo umano e come esse rendano attraente per il bambino questa esperienza di sviluppo, apportando inoltre contributi psicologici significativi per la sua crescita interiore.