Nei ghiacci del Polo Sud c’è una speciale trappola per neutriniad alta energia. È l’IceCube Neutrino Observatory, una rete di rivelatori sferici all’interno di stringhe scavate nel ghiaccio antartico, a una profondità compresa tra i 1450 e i 2450 metri. L’annuncio dei primi neutrini astrofisici caduti in questa rete è del 2013. Ma la loro origine resta ancora un mistero.
Un team di ricercatori dell’University of Wisconsin-Madison, in un articolo pubblicato su The Astrophysical Journal, ha escluso un possibile candidato: le galassie con intensa formazione stellare.
I neutrini hanno massa piccolissima e carica elettrica nulla. Soggetti solo alla forza nucleare debole e a quella gravitazionale, sono considerati particelle fantasma, sfuggenti, che interagiscono molto raramente con la materia. Basti pensare che a miliardi attraversano ogni secondo le nostre dita, senza che ce ne accorgiamo e senza lasciare traccia.
Nelle galassie fucine di stelle avvengono frequenti collisioni tra raggi cosmici e gas interstellari. Collisioni che producono particelle instabili, i pioni, che decadono in una frazione di secondo in neutrini, la cui produzione è accompagnata dall’emissione di raggi gamma.
L’osservazione di questi ultimi potrebbe, quindi, avvalorare la presenza di neutrini provenienti da questa fonte galattica. Ma i dati di IceCube sembrano escludere questa possibilità, e questo porta a bocciare l’ipotesi di queste galassie come origine dei neutrini osservati in Antartide. La ricerca di una fonte astrofisica compatibile con i dati, pertanto, continua.