Vite borderline
Il Marchio del blocco Est di Fabiana Ratti edito da Felici editore è il romanzo d’esordio dell’autrice, che abbiamo avuto il piacere di intervistare. Il libro ha catturato la nostra attenzione perché tratta un tema molto attuale, di cui si parla solo periodicamente, magari dopo un fatto di cronaca. Ci riferiamo al degrado di alcune zone del nostro Paese, che coincidono quasi sempre con la periferia delle grandi città. Lì arriva poco o nulla. Pochi servizi, poca assistenza, ma innanzitutto pochi svaghi e poche attività culturali, che inducono all’emarginazione.
Il Marchio del blocco Est di Fabiana Ratti è un libro intenso, che indaga l’animo umano, l’animo di quelle persone che vivono nel degrado, subiscono violenze e che sanno di avere poche speranze per emergere da quel buco nero. E così l’autrice ci accompagna nel mondo della giovanissima Nina che subisce una violenza dal fratello del ragazzo che ama, Niko.
Attorno ai due ragazzi si muove un magma di personaggi loschi a cui i giovani si rivolgono pur di uscire dal “blocco” ed aspirare ad una vita migliore. Ci riusciranno?
A Fabiana Ratti abbiamo fatto diverse domande non solo per incuriosire i lettori sulla trama del Il Marchio del blocco Est, ma anche per conoscere meglio l’autrice.
Il Marchio del blocco Est di Fabiana Ratti
Nel suo romanzo lei tratta un argomento molto attale, quello dell’emarginazione delle persone che vivono nelle zone periferiche delle grandi città. Perché ha scelto di ambientare il suo libro in una zona disagiata? C’è stato un evento, una notizia che le ha fatto scattare la scintilla?
Sono stata sempre affascinata dalle sfumature dell’animo umano e dalle risorse (a volte inconsce) possedute dall’uomo che solitamente appaiono in situazioni estreme. Con questo libro ho cercato di capire il percorso delle persone evitate dalla società, ghettizzate e con una scarsa rete familiare, se non assente, alle spalle. Ho grattato sotto la vernice, non accontentandomi del fatto in se stesso, ma facendo emergere la disperazione e l’umanità di persone a cui la vita non ha dato chance e che spesso sono penalizzate solo perché non hanno avuto la fortuna di nascere in un’ambiente diverso.
Non c’è un evento scatenante, ma la somma di infinite storie di disperazione che ho notato avere spesso in comune la zona di appartenenza.
C’è un personaggio tra quelli che ha creato che le sta particolarmente a cuore? E se sì perché?
Certamente. Io amo e ammiro il personaggio di Luce detta la Lù. Anche se all’ apparenza sembra essere la più debole, perché già dalla descrizione lo si nota: piccola, esile e disperata, lentamente viene fuori tutta la sua forza d’animo. La vita al Blocco Est è vero che l’ha piegata, ma non è mai riuscita a spezzarla. Imperterrita, notte dopo notte, marciando nel fango, vende il suo corpo, ma mai la sua anima. Portera avanti i suoi ideali, che sono poi anche molto semplici: oltre la sopravvivenza, il garantire la sicurezza di una vita per sua sorella e il suo nipotino.
La scelta del suo sacrificio è data dal forte sentimento d’amore per ciò che per lei è la sua unica famiglia. Il suo percorso dimostrerà che nella vita non vince il più forte, ma solo chi saprà adattarsi meglio.
Qual è stata la difficoltà maggiore che ha riscontrato durante la stesura del suo romanzo? Non so, l’ambientazione, la caratterizzazione dei personaggi, il climax.
La scrittura di questo romanzo, mi ha in qualche modo creato sofferenza, il dolore di alcuni personaggi l’ho sentito mio. Li ho creati e accompagnati fino ad un certo punto, poi lentamente è successo l’opposto: sono stati loro a prendermi per mano e ad aprirmi al loro complicato mondo. Non è facile raccontare quelli che sono gli istinti primari legati alla sopravvivenza di persone problematiche.
Ci sono alcune cose che si tende a nascondere in fondo, in un angolino del nostro essere. Il mettere a nudo una parte dell’animo umano comporta anche una certa delicatezza che non sempre è possibile usare quando l’ambiente e la situazione sono quelli degradati del Blocco Est, dove si arriva ad usare un linguaggio crudo e spiccio, che determina l’urgenza della situazione.
Con Il marchio del blocco Est, ha fatto solo una piacevole esperienza oppure aveva già in mente di lanciare ai lettori un messaggio ben preciso, qualcosa su cui riflettere?
Le notizie di cronaca che appaiano continuamente sui tg, social, giornali, hanno attirato la mia attenzione sul fenomeno dell’emarginazione. Se ne sente parlare continuamente, al punto da esserne diventati quasi indifferenti. Io ho cercato di accendere un riflettore facendo una fotografia di questa situazione con occhio non giudicante per dare un punto di vista diverso: quello degli emarginati.
Credo che l’indifferenza uccida più dell’odio e spero di aver sensibilizzato il lettore su alcuni argomenti come l’autolesionismo, lo sfruttamento, il bisogno viscerale di ognuno di noi di essere amati, a volte perdonati e accettati. Nel mio piccolo ho cercato di essere la voce di chi viene prima giudicato e poi, forse, ascoltato.
Qual è stato il complimento più bello che ha ricevuto da chi ha letto il suo romanzo?
Le parole più belle mi sono arrivate da chi mi ha detto con voce rotta dal pianto: “Io questa storia l’ho vissuta. Quel marchio è anche sulla mia pelle.”
Che progetti ha per il futuro? Le piacerebbe diventare una scrittrice professionista?
Nell’immediato ? Ho giusto un paio di libri sul comodino che voglio leggermi.
In quanto a diventare una scrittrice professionista certo che mi piacerebbe… ho ancora qualche cosa che vorrei raccontarvi.