Sono in pochi a discuterne, ma il Programma Europeo per gli Aiuti alimentari (PEAD), si è concluso il 31 dicembre 2013 e al momento non è stato ancora approvato il regolamento per il nuovo Programma (FEAD). E’ a rischio la chiusura degli Enti Caritatevoli quali Caritas, Croce Rossa, Comunità di Sant’Egidio, Associazione Banco Alimentare con sede a Fisciano (SA), Fondazione Banco delle Opere di Carità. L’Italia è un paese in grave ritardo. Al momento le scorte di prima necessità destinate ai poveri e ai soggetti a rischi, sono esaurite. E’ un momento difficile soprattutto per chi mendica un piatto di pasta e una spelonca per dormire. I fondi dell’Ue sostengono l’azione di 15.000 mense, in Italia il numero dei soggetti affamati si aggira intorno ai 4.000.000 di cui 400.000 mila bambini. A lanciare l’allarme è il presidente dell’Associazione Banco Alimentare (SA) Roberto Tuorto:
– 300 strutture caritative convenzionate. 139.000 persone povere ed emarginate. 5000 pasti al giorni. Oltre 70 volontari. Una realtà quotidiana e ad oggi una vera e propria emergenza da 4 milioni di poveri. Quali potrebbero essere le ricadute sociali derivanti dalla scarsità di derrate alimentari da distribuire agli indigenti?
Le ricadute sarebbero evidenti. Possono ignorarle solo chi non vive quotidianamente in contatto con chi nonpuò mettere un piatto a tavola. L’Emergenza Alimentare può facilmente trasformarsi in emergenza sociale, con gravi ripercussioni per tutti, anche per coloro che non hanno subito la crisi. Sono in grave aumento i poveri ma anche i furti, gli atti criminali ma anche il numero di persone disperate che si toglie la vita perché non riesce a portare avanti la propria famiglia. Noi stiamo facendo tutto il possibile. A giugno la Rete Banco Alimentare ha organizzato una Colletta Straordinaria, oltre alla consueta che si svolge durante l’ultimo sabato di novembre. In un solo giorno sono state raccolte 4470 tonnellate di prodotto grazie ad oltre 60.000 volontari.
– Quali sono i benefici derivanti dal programma di aiuti alimentari?
Inizialmente questi fondi vennero stanziati per evitare che le eccedenze dell’agricoltura (grano, frumento, mais, riso, latte, etc.) andassero perdute. Difatti i fondi erano utilizzati per trasformare queste eccedenze in cibo da destinare ai poveri. Successivamente, in mancanza di crisi del mercato, tali fondi sono stati utilizzati anche per comprare direttamente il cibo. In questi anni, grazie a questo programma, migliaia di strutture caritative presenti sul territorio nazionale hanno potuto sfamare milioni di persone, stando loro vicino, tendendogli una mano. E’ stato sviluppato così un tessuto sociale, una rete sussidiaria in favore di tante persone che altrimenti sarebbero state abbandonate al loro destino. Siamo convinti che portare a casa di chi ha bisogno un “pacco alimentare” o sostenere le numerose e affollate mense per i poveri, da un lato, risponde ad un bisogno primario e, dall’altro, permette un incontro umano che porta speranza, capacità di rimettersi in gioco e spazza via la solitudine. La più grande delle povertà, come sosteneva Madre Teresa, è proprio la solitudine. Qualcosa in più di un pacco di alimenti o di un po’ di spiccioli per fare la spesa.
– Perché , secondo lei, è sorta la necessità di tagliare i fondi destinati ai più bisognosi in un periodo di profonda crisi e disagio sociale? Lungaggini burocratiche e inefficienza da parte degli organi dirigenti?
La crisi del precedente programma Pead è stata il risultato di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea da parte della Germania che non voleva più che l’Europa si occupasse di welfare, materia che compete ai singoli stati. Dal punto di vista “tecnico” il ricorso ha trovato il parere favorevole e il Pead è terminato. Ora, chiaramente, questo ci interroga, come stanno facendo molti, sul ruolo di una Europa che i padri fondatori hanno voluto come Europa dei popoli e non delle banche. Popoli che stanno attraversando una profonda crisi non solo economica ma, come ha ricordato il Papa, antropologica.
Abbiamo dovuto combattere una battaglia durata circa due anni affinché tali fondi fossero ristanziati ed appostati sul Fondo Sociale Europeo. Questo ha comportato un cambio di titolarità dei Fondi dal Ministero dell’Agricoltura a quello del Welfare e dunque la necessità di ripresentare un programma che prevedesse anche strumenti di inclusione sociale. A questo punto la burocrazia ed i cosiddetti “tempi tecnici” hanno lasciato un vuoto di forniture dall’inizio dell’anno. Ma, grazie all’impegno del Ministro e alla collaborazione fattiva con Agea, riteniamo che da settembre (al massimo ottobre) il programma possa ripartire in maniera stabile per i prossimi sette anni. Siamo in dirittura di arrivo ma non tutto però è fatto, per cui continueremo ad essere vigili, a collaborare con le istituzioni, pungolandole continuamente, perché abbiamo a cuore davvero il destino delle persone che aiutiamo e tutto il tessuto di solidarietà ed amicizia che permette, gratuitamente, di aiutarle.