Il libro fu scritto da Adelbert Von Chamisso e pubblicato per la prima volta nel 1813. Di origini aristocratiche francesi, Chamisso fu costretto a lasciare il paese in seguito ai movimenti rivoluzionari di fine secolo XVIII, per stabilirsi in Germania dove intraprese la carriera militare ed ebbe modo di alimentare il suo interesse letterario. Fece parte, infatti, del noto circolo di intellettuali fondato da Madame de Steal nella città di Coppet in Svizzera, che promosse e diffuse il nuovo grido romantico in tutta Europa
Il libro, non propriamente un romanzo ma più un racconto lungo di narrativa, si colloca nel filone di quel genere, un pò esoterico, dedicato al misterioso rapporto tra la natura umana e le forze del maligno (leggasi: “patto col diavolo”), sempre impersonificate da raffigurazioni demoniache (si pensi, a tal proposito, ad opere di più ampio successo come il “dottor Faust” di Ghoete, o al “Faust” di Marlowe, al “Dottor Faust” di Thomas Mann oppure a “Il maestro e Margherita” di Bulgakov). Infatti, la trama del racconto descrive le vicende di Peter Schlemihl, un uomo insicuro e profondamente insoddisfatto della sua condizione sociale, che in seguito ad un incontro con un oscuro personaggio, accondiscende a privarsi della propria ombra in cambio di un’infinita ricchezza in denaro. Una novità di degna di menzione è svelata proprio dalla scelta inconsueta di far ricadere sull’ombra, e non anche sull’anima, la contropartita tecnica della quale privarsi in cambio di tutti i benefici materiali che il vile denaro comporta. Ed è, questa, una novità che incuriosce il lettore sin dal principio, poiché, difatti, anche in senso simbolico, l’ombra, seppure come attributo inseparabile dell’uomo, appartiene all’esteriorià di una persona e la sua rinucia difficilmente potrebbe portare al dissidio interiore di chi, privatosi dell’anima, rinunci alla sua sfera etica. È evidente infatti l’associazione dell’ombra come qualcosa che non attenga tanto al mondo della morale o della coscienza, quanto al suo manifestarsi all’esterno, in maniera visibile, e alla sua riconoscibilità a terzi. L’ ombra come prova della propria esistenza.
qualcuno ha sostenuto che in questo caso, la natura simbolica dell’ombra rappresenti l’attacamento alla patria e alle proprie origini, un aspetto molto caro all’autore, e che, probabilmente, sembra essere l’interpetazione più attendibile.
Il personaggio protagonista non è configurabile, nei comportamenti e nelle azioni, come un uomo senza scrupoli, caratteristica tipica dell’esteta, e a dire il vero il racconto fornisce pochi strumenti per capire fino in fondo quale sia la sua reale natura ma appare piuttosto come un personaggio incompiuto, di centro, di mediazione appunto, motivo per cui il racconto, al di là delle vicende sempre affascinanti per gli amanti del genere è debole dal punto di vista letterario.
La tecnica di scrittura è molto semplice, in alcuni casi anche confusa. Si passa dalla narrazione in prima persona ed in forma epistolare, ad alcuni periodi con lunghi dialoghi tra i personaggi senza sorta di interruzione denotando, così, una scarsa cura per i tempi di narrazione. Le descrizioni dei luoghi e dei personaggi sono giusto abbozzate e talvolta mancano addirittura, nello spazio di poche righe cambiano luoghi e personaggi evidenziando, dunque, una debole preparazione nella tecnica. Anche per ciò che concerne la descrizione del personaggio demoniaco, l’autore, seppur abbandonando molti luoghi comuni legati all’immaginario collettivo di questa figura (ad esempio: gli arti inferiori caprini, la testa cornuta, espressioni animalesche del volto.) ed attribuendogli, dunque, sembianze umane comuni al più tipico degli uomini di società , pone risalto più sulle sue manifestazioni grottesche e beffarde che sulle sue reali intenzioni. La mancanza di cui più risente, infatti, la narrazione è la presenza di un dialogo principale tra i due personaggi in cui il lettore, come avviene per altre opere appartenenti al genere, possa cimentarsi in interrogativi profondi e stimolanti.
In conclusione il libro conserva il fascino tipico e intrinseco di alcune questioni, che mentre in alcune opere sopra menzionate emerge in maniera magistrale, in questo caso assume un aspetto più fiabesco, quasi fantastico, distaccandosi, forse un pò troppo dall’intento che dovrebbe avere un racconto appartenente a questo genere e riuscendo, suo malgrado, a divenire un’opera poco più che intrattenitiva ma non anche appropriatamente profonda e geniale.
Antonio Vetrano
Garzanti Libri, edizione 2011, pag.124