Fundraising per la politica: se ne parla tanto ma durante le ultime elezioni comunali è stato utilizzato? Il Centro Studi sul Non Profit, Raise the Wind e Competere.eu hanno monitorato le attività di molti candidati a sindaco per capire quanto interessasse ci fosse rispetto a due temi in particolare: il fundraising e il people raising.
“Abbiamo monitorato le attività di 20 candidati a sindaco– dichiara Raffaele Picilli fundraiser specializzato in politica, senior fellow di Competere.eu e autore del libro, con Marina Ripoli, “Fundraising e comunicazione per la politica” – ma solo l’8% ha fatto fundraising e non semplicemente raccolta di fondi. Un dato molto deludente. Fundraising vuol dire partecipazione. I donatori di un candidato diventano anche suoi elettori e partecipano alla scelta del loro futuro in maniera attiva e diretta. Molti aspiranti sindaco si sono limitati ad organizzare cene elettorali, qualcuno ha fatto raccolta fondi online, pochi hanno utilizzato attivamente il merchandising. È spesso mancata la gestione del donatore e il suo pieno coinvolgimento che solo con il fundraising si riesce ad ottenere. Abbiamo provato a dare alcune donazioni online e non ci è nemmeno arrivata l’email di ringraziamento. È uno scenario preoccupante se si pensa che tra meno di sei mesi termineranno i fondi pubblici a sostegno dei partiti politici. Al contrario,- continua Raffaele Picilli – alcuni hanno utilizzato bene ed in maniera strutturata il people raising rispolverando metodologie quasi dimenticate ma molto efficaci: coinvolgimento dei volontari, formazione mirata, loro impegno nel “porta a porta”, nell’organizzazione degli eventi e anche nel volantinaggio. Una rete ben collaudata specialmente dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico“.
“Nel 2017 – dichiara il Segretario generale di Competere.eu Roberto Race – saranno definitivamente aboliti i finanziamenti pubblici ai partiti. Ad oggi, sono in pochi i partiti a prepararsi ai tagli e sono ancora meno quelli che hanno iniziano a “dialogare” con i cittadini per chiedere sostegno economico. I partiti non sono stati capaci di convincere i cittadini a donargli, nella scorsa dichiarazione dei redditi, nemmeno il 2 per 1000, che peraltro non ha nessun costo per il contribuente. Solo una piccola parte dei contribuenti ha aderito ai pochi appelli alla donazione. Questo dovrebbe far ripensare al rapporto tra politica e cittadini anche alla luce della grande astensione e del voto di protesta di queste amministrative. I dati che emergono da questa analisi sono purtroppo in linea con i rapporti che presentiamo ogni anno sullo stato del fundraising per la politica in Italia. I partiti ed i candidati devono comprendere che i fondi da raccogliere devono essere sempre legati ai programmi elettorali: la motivazione è quella. Si sostiene un candidato perché si condivide con lui un programma per il proprio territorio, non per altro.”
«Il ritardo nell’adozione delle tecniche di fundraising è dovuto soprattutto a un problema di mentalità, di comunicazione e di trasparenza – spiega Marina Ripoli, fellow di Competere.Eu, comunicatrice e consulente politico, coautrice del libro “Fundraising e comunicazione per la politica” – Chiedere fondi ai cittadini non è semplice e questo nessuno lo mette in dubbio, soprattutto di fronte al crollo di credibilità che la politica sta vivendo. Molti candidati preferiscono autosostenersi o ricorrere a finanziatori di cui però non conosceremo mai l’identità. Questo fenomeno è un danno per il processo democratico e per i candidati stessi che hanno a che fare con cittadini sempre più assetati di trasparenza. Occorre quindi abbandonare ogni timore, rivolgersi ai professionisti giusti, rendere pubblici i rendiconti e i nomi dei propri donatori, e infine adattare e orientare la comunicazione agli obiettivi del fundraising».
I dati che sono stati raccolti confluiranno nel quarto rapporto comparativo sul fundraising per la politica tra Italia, Stati Uniti e Regno Unito che sarà presentato alla Camera dei Deputati.