Lo studio, molto accurato, è stato condotto ad opera di ricercatori di oltre 30 istituti e università, principalmente del Nord Europa, fra cui l’Istituito dei Salute Occupazionale Finlandese. Sono stati analizzati i dati di circa 80 ricerche effettuate in circa 14 Paesi dell’Unione Europea e non su un campione di circa 400mila persone.
I risultati dello studio sono stati tanto accurati quanto strabilianti: chi lavora oltre 48 ore settimanali è più incline a superare la soglia alcolica comunemente accettata, 21 bicchieri di vino a settimana per gli uomini e 14 per le donne. Circa l’inclinazione, i ricercatori non hanno evidenziato alcuna differenza di le etnia, sesso, status sociale o altre differenziazioni di genere; ciò che accomuna il bisogno del bicchierino in più è l’agenda: più è fitta, più si beve.
Perché l’alcool? Da sempre il liquorino, l’aperitivo, o il buon bicchiere di vino, sono considerati antistress per eccellenza, indipendente dagli stereotipi. E’ pur vero che gli Italiani hanno una diversa visione e cultura del consumo di alcolici rispetto alle usanze anglosassoni o nord europee, tuttavia, è altresì vero, che globalizzazione e mode del momento condizionano non poco le nostre abitudini.
Bere alcool rappresenta uno di quegli atteggiamenti di coping che generalmente si mettono in atto più o meno consapevolmente per alleviare lo stress. Se le proprie risorse non sono considerate adeguate allo svolgimento del compito assegnato sul lavoro, se l’obiettivo sembra troppo oneroso, se non c’è solidarietà fra colleghi o se il proprio ruolo non è ben qualificato si è più a esposti a stress da lavoro correlato e, di riflesso, all’abuso di alcolici.
L’alcool, alla pari di altre abitudini insane, comporta non pochi rischi per la salute, quali l’insorgere di patologie come il diabete o la cirrosi epatica, per non parlare dei rischi derivanti dalla vera e propria dipendenza. Le stime Italiane ci dicono che esistono circa nove milioni di consumatori di alcool a rischio; secondo uno Studio della Technische Universitat di Dresda in cima alla classifica delle principali cause di pericolo per gli individui vi è l’alcool seguito dalle droghe più utilizzate e dal tabacco.
Il lavoratore tende a consumare alcool per due motivazioni: una prima legata al bisogno di scaricare lo stress in compagnia, detta “conviviale”, la seconda per uno stato depressivo che preesiste al momento del consumo, causato dal senso di inadeguatezza. Per questi ultimi soggetti, il rischio è maggiore in quanto se in prima battuta il bicchierino genera uno stato di ebbrezza poco dopo l’effetto sarà l’aumento dello stato d’ansia precedente, insomma, un circolo vizioso.
La prima tipologia di consumo derivante dal senso di aggregazione spesso e volentieri può essere superata attraverso la diversificazione delle attività che riguardano il tempo libero, una passeggiata al parco o una serata al cinema con le stesse persone che avrebbero accompagnato il bicchierino potrebbero rappresentare buone soluzioni. Diversamente nei casi che riguardano la seconda tipologia di consumo è necessario adoperare terapie quali l’aiuto dello psicoterapeuta o di gruppi anonimi che consentano di condividere le proprie esperienze.