A cento anni dalla morte il mondo celebra il genio di Gustav Klimt (1862–1918), uno degli artisti più popolari del ‘900. In tutta Europa e in America si allestiscono mostre e seminari che ne esaltano l’apporto fondamentale all’arte del nostro tempo e a Vienna, la sua città, per commemorarlo, oltre a varie conferenze e esposizioni, nel Museo di Storia dell’Arte è stato installato “il ponte di Klimt”, una scalinata di 12 metri che offre ai visitatori la possibilità di vedere da vicino alcuni dei famosi murales realizzati dal pittore proprio nella hall del museo.
Ma soprattutto Parigi lo celebra in modo originale con una mostra interattiva che consente al visitatore di immergersi virtualmente nelle sue più celebri pitture. La mostra aperta il 13 aprile chiuderà l’11 novembre del 2018. L’allestimento è la più grande installazione digitale al mondo al servizio dell’arte con 140 proiettori. Permette al visitatore di entrare letteralmente dentro sei tra i quadri più famosi del pittore in un percorso audiovisivo che dura 30 minuti. Ogni dettaglio, i suoi magici ori, il suo intenso rosso, il simbolismo delle forme, gli inconfondibili elementi decorativi, i volti iconici delle donne, tutto ci sommerge mentre la musica austriaca del diciannovesimo secolo si diffonde nello spazio. Ad ospitare la mostra è L’Ateliers de Lumières di Parigi, una grande sala di 2000 metri quadrati, che era un tempo una fonderia oggi recuperata alla cultura cittadina.
Michael Couzigou, il direttore dell’Atelier dice che scopo della mostra è quello di raccontare l’evoluzione del lavoro di Klimt, da giovane pittore dell’Art-deco fino a giungere al Simbolismo e all’Art Nouveau.
Le foto che abbiamo del pittore spesso lo ritraggono in tunica e sandali, era la sua divisa da lavoro, un modo inappropriato di vestirsi per i tempi, ma Klimt si mosse sempre all’insegna della trasgressione provocando ripetutamente la Vienna del secolo XIX con la predilezione nella sua pittura dell’immagine femminile carica di erotismo e la sensualità nell’uso delle forme e dei colori.
Il primo enorme scandalo si ebbe quando nel 1894 Klimt ricevette la commissione per decorare il tetto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna. Vi doveva raffigurare la Filosofia, la Medicina e la Giurisprudenza. All’inaugurazione la stampa lo attaccò per quella che fu considerata una non necessaria carica erotica delle figure e il Parlamento lo accusò di pornografia e perversione, considerando che nessuna di quelle immagini poteva essere esposta in una istituzione accademica. Alla proposta di trasferire quelle opere alla Galleria d’Arte Moderna, Klimt si oppose e finì con il ricomprare le sue stesse opere al governo che le aveva commissionate. Purtroppo di questi affreschi ci sono restati solo dei bozzetti preparatori e una foto della Medicina. Nel ’45 le opere furono distrutte dalle SS hitleriane che lo considerarono da allora un artista proibito, inviso al regime per la carica libertaria e iconoclasta che le sue opere trasmettevano.
Ma nonostante le accuse di artista trasgressivo lo abbiano accompagnato per tutta la vita, Klimt seppe con molta abilità e con la forza del suo talento riconciliarsi con la società viennese, al punto che un anno prima della morte fu nominato membro onorario dell’Accademia di Belle Arti di Monaco e Vienna, riconoscendogli in questo modo la marcata originalità dello stile dove confluivano il fascino dei mosaici bizantini, le influenze orientali e le atmosfere enigmatiche del modernismo.
Il suo motto “Ad ogni tempo la sua arte. A ogni arte il suo tempo”, ci fa comprendere come il pittore avesse perfetta coscienza del ruolo innovativo della sua arte, nonostante nel 1918, l’anno della sua morte, la pittura astratta si fosse radicata in Europa e tanto il dadaísmo come il costruttivismo sembrassero aver azzerato tutta l’arte precedente ai loro valori. Certamente questi stili e movimenti caratterizzano la modernità e secondo i loro parametri l’arte di Klimt ne sembrerebbe esclusa. Per questo sul momento l’influenza di Klimt fu limitata e solo últimamente la sua opera è stata considerata un altro approccio di alto valore estético alla modernità, anche per l’influenza di differenti culture all’interno dei suoi quadri sia nelle tecniche che nelle tematiche.
Klimt era un artista dedito al suo lavoro, indifferente all’opinione altrui sia che riguardasse le sue opere che la sua stessa persona. Il suo studio continuo della figura femminile rifletteva il suo amore per le donne che furono moltissime nella sua vita, modelle e amanti e spesso entrambe le cose. Tra quelle da lui ritratte, Adele Bloch-Bauer, fu certo una grande musa ispiratrice, l’unica che ritrasse due volte; è lei la famosa “dama d’oro”, quadro iconico nella produzione del pittore, la cui storia avventurosa è stata raccontata nel film “La Dama d’oro”, del 2015 interpretata da Helen Mirrer e diretta da Simon Curtis. Le donne di Klimt hanno spesso l’oro che veste in parte le loro carni nude, quell’oro era per lui un materiale non solo molto familiare, sua madre e suo fratello erano incisori del prezioso metallo, ma l’ornamento della luce che si impreziosiva sulla bellezza del corpo femminile e lo rendeva non solo oggetto di desiderio carnale ma immagine della perfezione e dell’innarrivabile.
Insieme alle figure femminili di Egon Schiele e Oskar Kokoschka, suoi grandi amici, le donne di Klimt trionfano di una carnalità insostenibile per la morale del tempo. Tutti e tre per questo furono considerati dai nazisti come artisti degenerati, estranei alla purezza della razza ariana.
Chi lo conosceva trovava inconciliabile la raffinata qualità delle sue opere, che avrebbe fatto supporre come autore un uomo la cui vita vi si adeguasse, con i suoi modi franchi, diretti, a volte rudi, il suo popolare umorismo, uno stile di vita dove l’unico lusso che si concedeva riguardava i piaceri sessuali. Questo contrasto ne segnava comunque il fascino e l’attrazione che esercitava sulle donne.
Se dovessimo definire le caratteristiche più evidenti della sua opera le troveremmo come tema nella potenza non solo erotica delle sue figure femminili, nell’uso della elaborata tecnica di rivestire le forme pittoriche con fogli d’oro e d’argento, nella creazione di intricati motivi decorativi cui si mischiavano immagini classiche con reminescenze orientali creando, come per esempio nell’opera Danae, una rappresentazione del mito che più che raccontarci la fecondazione di Danae da parte di Giove, ci fa entrare segretamente nell’estasi orgasmica del piacere femminile.
Sicuramente nel ‘900, nessun altro artista ha dipinto come Klimt una donna che cominciava a farsi protagonista del suo stesso immaginario, della sua sessualità e della sua storia.