Con il Decreto Ministeriale n.156/2018, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) ha vietato la pesca delle oloturie, Echinodermi comunemente noti come ‘cetrioli di mare’, presenti nel Mar Mediterraneo con numerose specie. Le ragioni del divieto sono da ricercare nella pesca incontrollata di questi organismi marini che vengono esportati nei Paesi orientali dove rappresentano un alimento ‘di lusso’ nella cucina tradizionale. Ma i ‘cetrioli di mare’ svolgono un ruolo ecologico troppo importante e il depauperamento delle popolazioni di oloturie comporta il rischio di sconvolgere gli equilibri degli ecosistemi marini costieri.
Nei Paesi Asiatici, in particolare in Cina, le oloturie, oltre ad essere considerate una prelibatezza gastronomica ‘di lusso’, trovano utilizzo anche nel settore farmaceutico e cosmetico. La fortissima domanda alimenta un notevole giro d’affari in quanto le oloturie seccate vengono vendute tra 10 e 600 $/Kg, con punte di 3.000 $/Kg, a seconda delle specie.
Per questi motivi la pesca delle oloturie, iniziata nei mari asiatici negli anni ’50, si è poi estesa esponenzialmente a tutti i mari del globo anche per la mancanza di una appropriata regolamentazione delle catture. Nel Mediterraneo, le prime coste ad essere interessate da questa pesca indiscriminata sono state quelle di Turchia, Grecia e Spagna. Negli ultimi anni la pesca incontrollata di questi organismi marini ha interessato anche le coste italiane.
Già nel 2016, a seguito di un grosso sequestro di oloturie, le considerazioni scientifiche fornite dalla Sede di Taranto dell’Istituto per l’ambiente marino costiero avevano supportato il Tribunale di Taranto nel denunciare che “la pesca abusiva di tonnellate di esemplari di oloturie, asportando totalmente dai fondali marini tale specie, causa un grave danno alla biodiversità presente nei tratti di mare interessati, nonché l’alterazione grave ed irreversibile dell’ecosistema marino”.
Finalmente, il DM n.156/2018 stabilisce il divieto di “…pescare (catture ‘bersaglio-target’ e/o ‘accessorie-by catch’), detenere a bordo, trasbordare, ovvero sbarcare, esemplari di oloturie fino a dicembre 2019”. I ricercatori della Sede di Taranto dell’Iamc-Cnr hanno significativamente contribuito a questo importante risultato fornendo al Mipaaf il supporto scientifico necessario ad emanare questa norma. In particolare, è stato evidenziato il ruolo ecologico delle oloturie: sono dei detritivori che, proprio come i lombrichi di terra, ingeriscono il sedimento e si nutrono delle particelle di materiale organico (microalghe, batteri, ecc.) in esso contenuto. Come afferma la Loredana Stabili, le oloturie sono “dei veri biorimediatori naturali, capaci di assimilare e abbattere i batteri, compresi quelli potenzialmente patogeni, e di fornire alle popolazioni rivierasche un servizio ‘eco-friendly’ di depurazione degli inquinanti batterici presenti nell’ambiente marino”. Nella dettagliata relazione, compilata per il Ministero insieme alla collega Ester Cecere, le ricercatrici hanno fornito, inoltre, le evidenze scientifiche su altre importanti funzioni svolte dai ‘cetrioli di mare’ nell’ecosistema marino, quali ad esempio, contribuire ad impedire l’insorgere di crisi anossiche e a favorire l’insediamento delle fanerogame marine, Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa, importantissime specie degli ambienti marini e salmastri.
È stato così sottolineato che la pesca eccessiva ed indiscriminata di oloturie può compromettere la stabilità dell’ecosistema di riferimento che viene reso, quindi, più vulnerabile alle varie pressioni cui è sottoposto, antropiche e non. In aggiunta, si può determinare la perdita di numerosissimi ‘servizi’ resi agli ecosistemi stessi.
In assenza di una legge o di un decreto ministeriale, che prevedesse il divieto di pesca e commercializzazione delle oloturie, si era dovuta pronunciare la Suprema Corte di Cassazione. Con una sentenza del 20 aprile 2017, la stessa aveva stabilito che anche se le oloturie non sono tra le specie in via d’estinzione, “il depauperamento dei fondali è tale da far ritenere verosimile l’ipotesi che la pesca delle oloturie stia portando all’estinzione della specie nei fondali marini italiani”.
Finalmente, oggi si può dire che è stato sciolto questo nodo e che è stato compiuto un passo importante in difesa del mare. Non possiamo quindi che accogliere con entusiasmo il divieto di pesca delle oloturie, tenuto anche conto che le risorse marine sono un bene prezioso per l’intera comunità e non possono diventare un vantaggio per pochi.