Il diritto del lavoro durante il ventennio fascista
Durante il ventennio fascista i lavoratori e datori di lavoro dovevano convergere verso l’interesse nazionale superiore. Il diritto del lavoro si proponeva di realizzare questo fine.
Durante il ventennio fascista le libertà sindacali erano abolite. Si riconosce il sindacato unico fascista, è la corporazione che unifica i sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Il contratto collettivo diventa fonte del diritto. Questo significa che qualsiasi clausola in deroga al contratto collettivo nazionale contenuta nel contratto individuale di lavoro è nulla. Si parla della cosiddetta nullità di diritto.
Scioperare è reato, secondo il codice Rocco del 1930. Era presvisto il carcere per i trasgressori.
Nel ventennio fascista vengono approvate anche una serie di leggi speciali.
La legge sull’orario di lavoro nel 1923, che rappresenta la prima legge approvata sull’orario di lavoro.
Legge sull’impiego privato nel 1924, che disciplina tutto il rapporto di lavoro, ma soltanto degli impiegati. Non vengono presi in considerazione gli operai.
Legge sul riposo domenicale e settimanale nel 1934.
Istituzione della tutela pensionistica obbligatoria. La tutela previdenziale per i lavoratori nasce per la prima volta con il fascismo.
Il Codice Civile del 1942 disciplina per la prima volta organicamente il diritto del lavoro, nel libro V del lavoro.