Il Ddl Zan, appena affossato in Senato, è stata una legge scritta male. Lo scriviamo qui in premessa e così ci togliamo il pensiero del milione di critiche, se, ma e lazzi vari che colpiscono chiunque si azzardi a parlare di questo travagliato Disegno di Legge che ha portato il nome di chi lo ha presentato, espressione delle ‘cosiddette’ forze progressiste del Paese.
In una democrazia rappresentativa come la nostra che un DdL non passi e non diventi Legge ci sta tutto, su questo non c’è il benché minimo dubbio e che le forze politiche che lo hanno avversato gioiscano anche ma che un ramo del Parlamento italiano si trasformi indecorosamente in una curva da stadio di quinta divisione reca vergogna a tutti coloro che si abbandonati a quella specie d’insulso sabba scoppiato subito alla proclamazione degli esiti della votazione.
Già la vergogna doveva fare capolino di suo in quell’aula che pone il voto a scrutinio segreto su una materia che riguarda i diritti dei cittadini, aprendo le porte alle orde di franchi tiratori di antica tradizione in Parlamento.
Il colmo, quello che non può non generare sensi di pura nausea, arriva nell’osservare allibiti come Senatori della Repubblica si abbandonano ad un festeggiamento insulso dove mancano solo diti medi ritti, gesti dell’ombrello, bestemmie e rutto libero.
DdL Zan affossato e l’esultanza del Senato che si trasforma in curva nord
Il confronto parlamentare, anche aspro o duro e fuori dalle righe è anche augurabile invece di avere sempre discussioni ingessate; almeno significa che la passione delle proprie idee produce gente viva che cerca di battersi per ciò in cui crede. Il dileggio, la sguaiataggine da cantina di infimo livello ci restituisce, invece, un ramo del Parlamento del tutto declassato e svuotato di ogni credibilità.
Si è parlato tanto di tagliola indegna ed escamotage che ora impedisce di fatto che una qualsiasi altra proposta sulla stessa materia possa essere posta all’attenzione delle Camere per i prossimi sei mesi almeno ma il problema vero non è quello. Disegni e proposte di legge, per una via o per l’altra, se si vuole si compongono e si scompongono e si presentano e ripresentano senza soluzione di continuità.
La rappresentazione oscena e becera vista al termine della votazione dimostra che la materia del DdL Zan è sentita più nella società che fra i rappresentanti del popolo. Quella scena dimostra come sia difficile dire se il voto esprime davvero i nostri rappresentanti e se è vero che la spaccatura non è fra progressisti e conservatori ma fra fazioni ultras.
Quel Senato del tutto fuori luogo
Il racconto su chi ha tradito chi e sulla nefandezza del voto segreto su questo tipo di materie, dove si può certo invocare il diritto al voto di coscienza ma in maniera fiera e palese come guanto di sfida verso quello che ci si riempie la bocca a definire ‘pensiero unico dominante’, sa di stantio perché non mette e non toglie nulla al disastro verificatosi in Senato.
Il discorso che la destra sovranista ha affossato il DdL con l’aiuto di pezzi della maggioranza, IV, Lega ma non solo, non sposta di un millimetro la discussione, anche perché se la maggioranza avesse tenuto davvero tanto a normare la materia delle discriminazioni con il DdL Zan aveva tutti i numeri per farlo. Per cui, se colpa ci fu è stata trasversale.
Ripetiamo, l’iter delle leggi è vario e nulla vieta che si ripresenti una normativa per regolare e punire i reati che il Ddl Zan prevedeva ma qui la domanda è: c’è davvero questa volontà? E’ stato detto che quel disegno di legge era frutto di una lobby, certo, ma anche qui la domanda è un’altra: Esistono, oggi, leggi che non siano emanazione di una qualche lobby?
L’epilogo in questa legislatura
Siamo seri e non prendiamoci in giro, sappiamo tutti come funziona dentro e fuori il Parlamento. Ora la necessità primaria è prendere atto che con questa situazione politica un legge del genere non passerà mai. Magari, poi, sarebbe il caso di attrezzare un altro disegno di legge scritto giuridicamente meglio che delinei precisamente cosa va fatto, cosa è consentito e cosa no in maniera meno apologetica e più concreta.