Il Covid e la guerra in Ucraina sono i due trend topic del momento nell’informazione, senza alcuna ombra di dubbio. Diciamo anche che, ormai, la “cronaca” della pandemia è stata soppiantata, a torto o a ragione, dalle “cronache” di guerra.
Solo due anni fa nessuno, anche il più pessimista degli analisti, avrebbe mai profetizzato una pandemia. Meno che mai una pandemia a cui sarebbe non seguita ma, addirittura, sovrapposta una guerra. La più nefasta delle cassandre non avrebbe avuto tanta perversa fantasia.
Forse, solo la penna di Stephen King ha intrecciato trame ordite con orrori di questo genere. La piccola differenza è che non stiamo amabilmente leggendo una storia di genere ma vivendo la realtà. Un realtà che è mutata così fulmineamente sotto i nostri occhi che ora stentiamo a riconoscerla.
Il Covid e l’informazione
In due anni, finora, se ne sono dette di cotte e di crude sull’informazione che si è fatta intorno al Covid e tante luci, ma anche diverse ombre si sono appalesate. Si è parlato di sovraesposizione dell’informazione ed è venuto al pettino il problema enorme delle Fake news.
Se da un lato bisogna dare atto che che, molto spesso, più che informazione si è teso a fare infotainment sul Covid ad opera di gran parte di quei programmi, mattutini e pomeridiani, televisivi che meglio farebbero a interessarsi solo di gossip e rosa. Dall’altro anche i cosiddetti esperti alla fine hanno inflazionato tutto il possibile e l’immaginabile.
Improbabili interviste di approfondimento che sono presto diventate passerelle per mettersi in mostra, la mancanza di un coordinamento dell’informazione pura sulla pandemia. Numeri a momenti tirati fuori a fiumi e in altri forniti con il contagocce. Siti web – non testate giornalistiche in linea di massima – che hanno pubblicato tutto ed il contrario di tutto.
Risultato? Una degradazione della vera informazione assimilata alla marmellata mediatica spalmata in ogni dove con il ringalluzzire dei soliti bastian contrari di professione che sguazzano nel mediocrità.
La guerra e l’informazione
Quanto stiamo notando da queste prime settimane di conflitto è che il modello informativo usato per la questione Covid sta tornando pari pari ad essere applicato a questo nuovo argomento. Ore ed ore d’interminabili dirette dal nulla, create sul nulla e che nulla lasciano nello spettatore. Si sa la tv è così, fagocita tutto e digerisce in fretta ma questa volta come quella precedente al centro non ci sono solo notizie ma persone.
Non c’è distinzione nell’ambito di quello che viene definito molto male ‘main stream’ nella notiziabilità di quanto si dice e si riporta, quello che conta è l’abbuffata di notizie da dare in pasto alle persone che guardano. Contributo alla comprensione dei fatti uguale allo zero in quanto se tutto va bene si arriva alla solita zuffa fra pro Russia e pro Ucraina, alimentando solo contrapposizione ed odio.
Non abbiamo imparato nulla dai conflitti precedente ed a distanza di un secolo cadiamo negli stessi errori commessi all’epoca del primo e del secondo conflitto mondiale. Alla stessa identica maniera non abbiamo imparato nulla dagli errori commessi nella comunicazione intorno al Covid e li ripetiamo a pappagallo.
Un invito
Dalla Russia tutti gli operatori dell’informazione sono dovuti andare via. L’ultima legge che prevede fino a 15 anni di prigione per chi emetta “fake news” a detta, delle autorità russe è un deterrente fortissimo. Rimangono gli inviati sul campo in Ucraina e quelli nei Paesi limitrofi che monitorano il flusso dei profughi e seguono il loro cammino accidentato.
Una richiesta da parte di chi vive d’informazione e per l’informazione: fermiamo tutto quel flusso che informazione non è ma solo voyeurismo d’accatto su una disgrazia immane. Fermiamo programmi di pseudo approfondimento con improbabili generalissimi ed esperti analisti geopolitici che parlano di questa guerra come se stessero giocando a Risiko.
Diamo tutte le notizie e gli aggiornamenti dalla guerra due, tre, quattro volte al giorno o qualora ci siano delle novità. Basta, per favore basta con questa bulimia di non notizie o eterne ribattute delle stesse quindici o venti volte al giorno.
Basta, per favore!