C’è chi si domanda se le riviste letterarie hanno ancora valore di esistere, o meglio, se il loro ruolo di divulgatrici culturali ‒ come avveniva nel ʼ900 ‒ è ancora determinante o si è esaurito. Intanto ci sono in circolazione riviste che, non solo non hanno esaurito il loro ruolo di divulgatrici culturali, ma resistono da più decenni con proposte a passo coi tempi. Una di esse è «Il Convivio», trimestrale di Poesia Arte e Cultura dell’Accademia Internazionale “Il Convivio”, che si pubblica in provincia di Catania ininterrottamente da ventidue anni, fondata da Angelo Manitta (che è anche il fondatore della omonima Accademia) e diretta da Enza Conti, di cui l’ultimo numero, n. 86, è da poco stato pubblicato (settembre 2021).
Nel descrivere la rivista non possiamo che iniziare dal formato, un A4 che sfoggia una copertina di un giallo vivo (con al centro una riproduzione di un quadro pittorico: in questo numero, San Masseo, dell’artista Violetta Franchi Sellari, la quale è presente anche nella sezione “Pittura”), allestita con punti metallici che racchiude 96 pagine corredate anche da immagini a colori.
Prima di sfogliarne il contenuto, una domanda sul titolo ci sembra imprescindibile, non già per curiosità, ma per l’affinità elettive che Angelo Manitta ha dimostrato di avere negli anni con il Sommo Poeta (si ricordi uno dei suoi ultimi volumi La botanica di Dante. Piante erbacee nella Commedia, Il Convivio, 2020), spendere qualche passo sul nome: perché Il Convivio? Infatti, si legge dal sito della rivista che quando «si è pensato di dar vita ad un’associazione culturale, il pensiero è andato subito a Dante e ad una delle sue più significative opere: Il Convivio. Dante immagina di imbandire un banchetto al quale partecipano “pochi beati”, cioè gli amanti dell’arte che si cibano della Sapienza. […] In questo senso Il Convivio si presenta come un movimento di idee che vuole valorizzare un’arte personale e innovativa, arte che deve essere equilibrio tra l’intima esigenza di chi vuole esprimere se stesso e l’aspettativa del lettore che desidera il coinvolgimento attraverso immagini snelle ed accattivanti, emotive e sensitive. Solo chi ha raggiunto quest’equilibrio può dire di aver conquistato le alte vette del Parnaso. L’arte, infatti, espressione dell’animo umano, non può essere fine a se stessa, bensì deve comunicare e trasmettere agli altri le emozioni e le sensazioni di chi scrive, scolpisce, pittura, recita, suona».
Dunque sediamoci anche noi a questa mensa imbandita di idee e sapere, e cerchiamo di nutrirci con svariati argomenti che la rivista ci propone. Non è suddivisa in sezioni come la maggioranza delle riviste in circolazione, che troviamo solo a partire dalla seconda parte: “Poesia in spagnolo”, “Pittura”, Poesia italiana”, “Poesia in francese”, “Poesia in portoghese”, “Recensioni”, “La vetrina delle notizie”, “Concorsi letterari”. Nonostante qualche traccia di prosa, il corpus primario è basato sulla poesia. Infatti, anc, Boris Pahorhe in questo numero la poesia “primeggia”.
Sin dall’inizio si parla di poesia, ma non prima di un ricordo e un’intervista, a firma di Nadia Scappini, allo scrittore triestino di lingua slovena, Boris Pahor, il quale il 26 agosto ha festeggiato 108 anni. L’intervista risale al 2011, ma qui viene riproposta con qualche aggiunta e aggiusto, e si erge particolarmente sulla schiettezza che ha sempre contraddistinto Pahor, da cui emerge una forte indignazione morale e civile che gli ha consentito una candidatura al Premio Nobel. «“Gli uomini ‒ dice ‒ dovrebbero cominciare a rivedersi, a fare un po’ di penitenza” in questa società basata sul denaro, sull’avidità, sul bisogno indotto di avere sempre di più, di acquistare in modo compulsivo. “Non vedo nessuna idea di voler cambiare, magari gradualmente, si capisce, arrivare a un punto di argomentare logico. Bisognerebbe forse, come già suggeriva Camus, l’uomo che si oppone, che fa resistenza a ciò che non è logico”. E propone un esempio semplice ma efficace, argomentando che se uno ha tre paia di scarpe che possono bastare alle sue necessità, non si capisce perché dovrebbe acquistarne un quarto, un quinto o addirittura un sesto paio» (p. 1). Con queste premesse, Boris Pahor ‒ secondo noi ‒ è uno scrittore decisamente da leggere.
Tornando alla poesia, successivamente all’articolo Per i 108 anni dello scrittore Boris Pahor della Scappini, va annota la rubrica “Poesia e poeti”, a cura di Angelo Manitta che ci propone quattro poeti:
1) Andrea Zanzotto, presentato da Maria Luisa Daniele Toffanin: Andrea Zanzotto. L’innocenza del creato («… E ogni sole e neve, punto di sole o neve / va per beatamente allacciare gli estremi di foco-luce e / di geno negato-negante, le allaccia per solo un dito / e poi per dita e fiati e fiati e baci e baci / E anche le più avverse potenze nel destino comune / si fanno carezze e nozze e illimiti titillii / fanno corona di gioia-lutto-iddii…», Ligonàs, p. 4);
2) Giorgio Moio, presentato da Angelo Manitta: Le Poesie d’estate di Giorgio Moio («io mi tiro fuori da babilonya | / per alzarmi Per alzarsi. basta un po’ di volontà | / per cadere ci vuole una spinta | / una parola messa di traverso | / ma lesta che rifiuti la società in decomposizione | un delirio perenne o in un sonno profondo…», Mi tiro fuori da babilonya, p. 6);
3) Corrado Calabrò, presentato da Francesco Casucelli: Corrado Calabrò. Marelungo («Il tempo s’è voltato allo scirocco; / incombe basso il cielo su Lavezzi. // Santa Maria, Budelli, Cavallò. Il mare passa sopra la frontiera / senza fare una ruga… / conosce solo il vento che lo spiana…, s.t., p. 9);
4) per terminare con Evaristo Seghetta Andreoli, anch’egli presentato da Manitta: Le visioni di corto raggio di Evaristo Seghetta Andreoli («Poi in questi giri notturni, (in cui l’inizio coincide con la fine / mi allontano ricacciando nel buio la memoria dei sorrisi, / delle mani, dei visi, dei passi. / Si diventa come sassi, / sassi svuotati, / sassi galleggianti, / sassi da Mar Morto…», La notte, le idee, p. 12).
Secondo lo stesso Manitta, lo scopo di questa rubrica «è quello di scandagliare il mondo poetico degli autori, ma anche offrire ai lettori una poesia che possa dare adito a riflessioni e commenti, ad analisi e approfondimenti» (p. 4), offerte che attendiamo volentieri e curiosi nei prossimi numeri.
La poesia non si ferma qui, prosegue con una nutrita proposta di poeti italiano di vario genere, soprattutto di matrice “tradizionale”; di poesia dialettale con La muiere intelligente del salentino Vittorio Buccarello; francese, di Stephen Blanchard, tratta dal volume Effleuressences dello stesso (France libris, Orthez-Francia, 2021), tradotta da Francesco Casuscelli e da Angelo Manitta, che «ci stupisce per la profondità del pensiero e lo scandaglio interiore dell’animo umano» (p. 62); di vari autori brasiliani (Maria de Lourdes Alba, Adão Wons, Márcia Guimarães, Julio Maciel Treiguer, Maria Neuza de Oliveira, Francisco Evandro de Oliveira), ancora con traduzione di Manitta, come Un poème dans la nuit della rumena Manolita Dragomir-Filimonescu; etc.
Anche la pittura di vari artisti (tra i quali ci piace citare soprattutto Rosaria Segreto, Marco Perna e in 4a di copertina di Giovanni Pione e Laurenţiu Midvichi, per una proposta di pittura informale rispetto a quella più ampia figurativo-paesaggistica, che ci piace di meno), fa bello sfoggio di sé con riproduzioni a colori, a cura di Adriana Repaci, ma soprattutto di Enza Conti. Il numero si chiude con un’ampia proposta di recensioni, a cura di Enza Conti, e La vetrina delle notizie di premi letterari e rassegne artistiche.