Nelle innumerevoli intercapedini dell’industria cinematografica contemporanea nostrana, si annida un’ostinata setta di seguaci e nostalgici della Golden Age dell’horror all’italiana, quella degli anni Settanta e Ottanta per intenderci, capitanata dal più celebre Dario Argento ma cavalcata da ‘meteore’ come Riccardo Freda, Mario Bava, Antonio Margheriti, Lucio Fulci, Sergio Martino, Lamberto Bava, Ruggero Deodato e Michele Soavi. E’ un sottobosco di piccole realtà produttive che con non poche difficoltà approdano alla sala, sopravvivono nell’home video, nelle vendite all’estero e grazie soprattutto alla nuova frontiera del web. A poco servono i sentiti encomi di Quentin Tarantino che sempre ribadisce quanto il suo cinema erediti il sapore di quelle vecchie pellicole splatter.
Diversi tentativi recenti, evoluti rispetto al sensazionalismo dell’esplicito taglio di gola, e votati al ritmo della suspense, sono opera del giovane Gabriele Albanesi, regista di due lungometraggi e diversi cortometraggi che hanno trovato un interesse distributivo per lo più oltreoceano. Dal 2012 è anche produttore e grazie alla sua Gabriele Albanesi Produzioni esce oggi in sala Surrounded, opera prima di Laura Girolami e Federico Patrizi, con Tatiana Luter e Daniel Baldock, distribuito da Explorer Entertainment. Così come la complessificazione del gergo richiede, questo film è inserito nel cosiddetto “home invasion”, quello delle storie in cui la vittima è perseguitata dentro casa, braccata e isolata, per novanta minuti di pressione psicologica nel buio di stanze tra porte e finestre che si aprono e si chiudono.
Qui la protagonista, rimasta da sola nella sua grande casa di campagna subirà tutta la prassi di paure e segreti da nascondere, il rituale del passato che ritorna, e relativa espiazione. Un’applicazione tecnicamente corretta di tutti gli espedienti della categoria cinematografica in questione, ma niente di particolarmente originale per far tornare il cardiopalma italiano alla ribalta.