Il piccolo Charlie Gard è affetto da una malattia mitocondriale. Ma non è il solo. In Italia si stima che i malati siano intorno a 15.000, e dietro di loro 15.000 famiglie vivono un’esperienza unica fatta di fatica, talvolta di solitudine, ma anche di speranza e di grande apertura alla vita. 15.000 famiglie che vivono la vicenda del piccolo Charlie con sgomento, perché di bambini come Charlie ne conosciamo tanti, con problemi importanti, e che nonostante tutto sono riusciti a vivere, sostenuti dalla forza e dall’affetto delle loro famiglie. Ecco perché la nostra Associazione ha sentito forte il desiderio di esprimere il proprio punto di vista in questa vicenda. Cosa che proveremo a fare con ordine in quel che segue.
Le terapie disponibili
Ad oggi non esistono terapie efficaci per le malattie mitocondriali. Tuttavia, negli ultimi anni diverse ipotesi sono state formulate e un numero crescente di sperimentazioni sono state avviate sia su modelli animali sia in studi clinici. In particolare, per quanto riguarda le deplezioni del DNA mitocondriale è attualmente in corso un dibattito scientifico relativo ad alcune possibilità terapeutiche. Come Associazione di pazienti e familiari non possiamo né vogliamo sostituirci ai nostri medici e ricercatori, né anticipare conclusioni sull’efficacia dell’ipotesi terapeutica di cui sopra, che non spettano a noi, ma è importante qui affermare e ribadire il diritto del paziente o dei suoi genitori di decidere di provare una terapia sperimentale quando questa è disponibile almeno in linea di principio.
La libertà di scelta dei pazienti e/o dei loro genitori
Anzitutto va nuovamente riaffermato con forza il diritto dei pazienti e dei loro genitori di decidere il meglio per sé stessi o per i loro figli. I pazienti e le loro famiglie devono compiere le scelte più importanti insieme ai medici che li assistono e li consigliano, in questi momenti anche le associazioni di pazienti come la nostra devono esercitare un ruolo di supporto e indirizzo. Nel caso del piccolo Charlie abbiamo dovuto tuttavia riscontrare la sostanziale estromissione dei genitori da questo processo decisionale. Dal nostro punto di vista è inconcepibile che proprio nel momento delle scelte fondamentali si sia venuta a creare una frattura così importante tra la famiglia e i medici. Tale frattura è ancora più inconcepibile alla luce del fatto che la scienza medica ancora non conosce una storia naturale delle malattie mitocondriali, che vuol dire che l’evoluzione delle malattie non è ancora ben nota ed è ancora frequentemente imprevedibile. Come Associazione di pazienti e famiglie siamo stati spesso testimoni di casi in cui le previsioni di sopravvivenza dei medici sono state smentite dalle inaspettate capacità di recupero di tanti piccoli pazienti, a cui, come Charlie, erano stati dati pochi mesi di vita e che invece da anni continuano a vivere circondati dall’affetto dei propri familiari.
Accanimento terapeutico
A proposito del caso del piccolo Charlie abbiamo sentito più volte parlare di accanimento terapeutico. Bisogna distinguere tra l’accanimento terapeutico, che è riferito a una terapia i cui costi sono di molto superiori ai benefici per il paziente e il supporto alle funzioni vitali: la nutrizione, idratazione e il supporto alla respirazione con la ventilazione assistita. Questi ultimi non possono e non devono essere considerati terapie. Anche perché, se lo facessimo, dovremmo riconsiderare i casi di decine e decine di tanti altri nostri bambini che vivono da anni con tali supporti e il cui diritto di vivere è assolutamente fuori discussione.
Qualità della vita dei malati mitocondriali
La qualità della vita dei pazienti, specie di quelli più gravi, è fatta spesso di piccole cose, è fatta del rapporto profondo e autentico con i propri familiari. È fatta di piccole conquiste che illuminano la vita e le danno la dignità di essere vissuta fino in fondo, nonostante le limitazioni a volte importanti che le malattie spesso impongono. Le soglie di accettabilità si modificano quando un paziente, una famiglia sono investiti dalla malattia. La qualità della vita di un paziente, specie se piccolo e grave, deve essere ridefinita da tutti coloro che ne hanno piena esperienza. È una valutazione che devono fare i medici insieme con i pazienti, con le famiglie e con i caregiver. La vicenda del piccolo Charlie ci sembra che metta in evidenza la mancanza di una adeguata condivisione delle scelte tra tutti i soggetti coinvolti.