Al Caffè letterario Intra Moenia di piazza Bellini a Napoli, Carlo Cerciello ha presentato il cartellone 2018/2019 del teatro Elicantropo, da lui diretto.
Il cartellone è dedicato alla memoria di Gennaro Vitiello, maestro di Cerciello e, tra l’altro, fondatore di TEATROESSE e, poi, di Libera Scaena Ensemble.
Oltre che un teatro, il piccolo spazio in vico Gerolamini è un laboratorio ad alto livello, con attività riconosciute dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Cerciello ha ricordato la vocazione politica del teatro, che è nel suo DNA (non dimentichiamo che il teatro occidentale nasce nella polis greca, di cui era un fondamentale momento politico, appunto). Estremamente attuale questa vocazione, oggi che una sorta di analfabetismo di ritorno ha messo in fuga la capacità critica, quella che appunto il teatro stimola e feconda, per cui registi, attori e spettatori non possono più crogiolarsi nel narcisismo della rappresentazione scenica, ma devono commentare, dire la loro, pena il rischio di ritrovarci in condizioni autoritarie che credevamo superate dalla storia.
Naturale perciò la scelta della prima proposta per la regia dello stesso Cerciello, di “Terrore e miseria del Terzo Reich”, ripresa di testi di Bertolt Brecht appartenenti a un momento di crisi del suo teatro epico, quando l’autore tedesco mise in scena personaggi e situazioni della borghesia dell’epoca, rinunciando in parte anche alla tecnica dello straniamento per un’ancor più “agghiacciante” (termine di Cerciello) rappresentazione dell’inquietante realtà. Lo spettacolo è realizzato con la partecipazione degli allievi del progetto di Perfezionamento Professionale 2018/2021, di recente approvato dal MIBACT.
Politico in senso pieno è anche “Io so e ho le prove”, dal libro omonimo di Vincenzo Imperatore: un monologo particolare, perché Giovanni Meola (scrittore, regista ed interprete) si avvale della presenza di un’attrice “muta” (ma rumorista e musicista). Meola veste i panni di un manager bancario pentito, che ha deciso di uscire dal meccanismo e denunciarne le nefandezze.
Si inizia con “Ballerina”, diretto da Iolanda Salvato, una “favola nera per adulti” tratta dal racconto omonimo di Patricia Highsmith (in “Delitti bestiali”), in cui Carlo Di Maio, sostenuto dalla musica in questo che egli stesso ha definito “concerto per voce narrante”, interpreta l’elefantessa che fu strappata cucciola al suo mondo per entrare in un circo.
Il programma prosegue con “Orfeo – Piombato giù”, una riscrittura del mito di Orfeo attraverso parole di Rilke, Nietzsche, Pavese, Savinio ed altri per rappresentare la condizione del poeta che “non può che lasciarsi strappar via da questo fiume di parole, il fiume ebbro in cui fu gettata la testa d’Orfeo”.
Successivamente sarà il turno di “Pinuccio”, di e con Aldo Rapé, siciliano napoletanizzato, il quale ha presentato il suo lavoro come “una storia necessaria”: si tratta di una vicenda narrata con gli occhi di un bambino, Pinuccio, un “caruso” che lavora in una miniera di zolfo e che è alla ricerca di suo padre. Un testo che ha già vinto il premio TRAGOS (Piccolo Teatro di Milano) per il miglior monologo.
Seguirà “Moby Dick. La bestia dentro”, a cura della compagnia molisana del Loto, con Stefano Sabelli e Gianmarco Saurino. È stato Sabelli a presentare questa riscrittura di Melville (di Davide Sacco che ne cura anche la regia), all’interno della quale sono inseriti brani di vari autori (da Shakespeare a Molière, ad Artaud). Il messaggio, attualissimo per noi, è che “ciò che viene dal mare è buono”. Ogni riferimento al caso Riace non è casuale, ci fa capire Sabelli, se anche il caso Riace rappresenta l’uomo che insegue un suo sogno, in cui la balena bianca è il limite da superare (come non ricordare anche l’Ulisse dantesco?) con la sua fiocina particolare che è “l’ostinazione”.
Il 2018 si chiuderà con “Fosco. Storia de nu matto”, scritto, diretto e interpretato da Peppe Fonzo, che ha presentato il suo lavoro come un omaggio a un prozio ch’era stato lo “scemo del villaggio” nel proprio paese, nel Beneventano, terra di lingua dalle molte influenze, come annota Fonzo, che aggiunge trattarsi di una scrittura verista che si rifà al “cunto” antico. Protagonista è quella figura, dolente e affascinante nel suo mistero, che pensiamo somigli molto a quello che Eduardo De Filippo vide nel suo “Baccalà”, che vive nella necessità tragica della propria maschera.
Il 2019 s’inaugura con “Audizioni” (regia di Carlo Cerciello), altra realizzazione del progetto di Perfezionamento Professionale 2018/2021. Saranno infatti cinque attrici del progetto che si esibiranno in 17 monologhi tratti dall’opera di Gloria Calderòn Kellet, tranne due scritti da Angela Villa e dallo stesso Cerciello. L’universo femminile, irrequieto e problematico com’è, viene scandagliato dietro il velo sottile di una leggera autoironia.
In seguito torna il vero e proprio teatro politico con “Sincopi, deliqui, infarti e altri mancamenti”, dal geniale sottotitolo “Cechov fa male”. Drammaturgia e regia sono di Sergio Basile, che interpreta con Claudia Natale. È stata quest’ultima a presentare la pièce, ambientata nella Mosca del 1939: due attori devono giustificare davanti all’autorità la propria scelta di rappresentare Cechov, autore inviso a Stalin. Lo spettacolo è ispirato a un fatto vero: nel 1934 il regista Mejerchol’d restò vittima del regime per aver rappresentato appunto Cechov.
Interessanti anche gli altri spettacoli:
“A number”, di Cary Churchill (tradotto da Monica Capuani, con Giuseppe Pestillo e Massimo Rigo, regia di Luca Mazzone) sul tema della replicabilità tecnologica;
“Game over”, di e con Sergio Savastano e Federico Torre. La pièce si sofferma, spiega Savastano, sui “tanti omicidi misteriosi fatti passare per suicidi”. Il tutto attraverso la voce straniante di due killer.
“Quatt’ manc’ tre”, della Compagnia Live di Salerno, tratto da “La leçon” di Eugène Jonesco. Cerciello spiega la strana scrittura del napoletano nel titolo con una volontà di riprodurre suoni anche del francese, da cui è stato tradotto in napoletano questo testo, che “denuncia l’assurdità della vita e dei rapporti sociali grazie ed in ragione dell’universo della parodia”.
Poco noto è il testo alla base della pièce “Conferenza sulla pioggia” che è infatti tratto da “Conferencia sobre la lluvia” di Juan Villoro, drammaturgo e saggista messicano. L’interesse del monologo, come spiega l’attore che lo interpreta, Gregorio Maria De Paola, è nel “rapporto tra la pioggia e la poesia d’amore”, fuor di metafora tra la casualità e l’opera consapevole dell’artista, dove si mescolano “due forme di discorso: conferenza e confessione” (un conferenziere ha smarrito le sue carte ed improvvisa, finendo così per parlare di sé).
Cerciello annuncia uno spettacolo dedicato al suo maestro Gennaro Vitiello, i cui contorni precisi saranno delineati in seguito.
“Ménage à trois” (i “trois” sono l’amore, la vecchiaia, la morte), un interessante esperimento di teatro di figura che non somiglia né alle marionette e ai pupi né al nostro pulcinellesco burattino. Si tratta infatti di “pupazzi” a grandezza naturale costruiti in lana e manovrati – come dice Daniele La Torre, creatore anche del soggetto – “dall’interno”.
Tornerà poi il pluripremiato “Scannasurece” di Enzo Moscato, in attesa di andare dopo non molto al Piccolo di Milano.
Chiude il cartellone “Oltre la linea. Percorsi di danza contemporanea e teatro danza” a cura di Itinerarte e Akerusia Danza.