Troppo autoritari o eccessivamente amichevoli, fastidiosamente lunatici, avari di lodi o poco stimolanti. Oppure carismatici, in grado di gratificare, autentici leader o visionari. Come tutte le persone, anche i boss hanno i loro pregi e i loro difetti. Possono assumere mille volti, anche nel corso della stessa giornata. Ma da loro non dipende solo la busta paga, ma anche il benessere personale: basti pensare che secondo uno studio riportato da Fortune, ben il 50% dei lavoratori americani ha lasciato il proprio posto a causa di dissapori con il capo. Ma quali caratteristiche deve avere allora il “capo dei sogni”? Se per le italiane il capo ideale è comprensivo (45%) e aperto al dialogo (41%), per gli uomini le peculiarità più importanti sono carisma (43%) e autorevolezza (39%).
Qualità rare se si pensa che, come riporta Business.com, quasi la metà dei lavoratori negli USA non è soddisfatta del proprio supervisore. Ma chi incarna al meglio queste caratteristiche secondo gli italiani? Nella top 5 del “capo dei sogni” secondo le donne trionfa Pierfrancesco Favino (17%) che, reduce dalla popolarità di Sanremo, ha raccolto consensi per la propria capacità di adattarsi alle diverse situazioni dando sempre il meglio di sé, mentre gli uomini vorrebbero avere come boss Mark Zuckerberg (19%), a cui viene riconosciuta la capacità di anticipare il futuro riuscendo a coniugare il benessere dei dipendenti in un ambiente lavorativo competitivo. Il meno desiderato? Il presidente USA Donald Trump.
È quanto emerge da uno studio promosso da Espresso Communication condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis), su circa 1500 persone tra i 18 e i 55 anni, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community, con il monitoraggio di oltre 30 testate internazionali, per capire quali caratteristiche debba avere il capo dei sogni degli italiani.
Ma quali sono, secondo gli esperti, le caratteristiche del perfetto leader? “La ricetta del successo di un grande leader è fatta da 4 capacità fondamentali: capacità di organizzare il buon funzionamento dell’azienda attraverso operations eccellenti; capacità strategica di innovare ed anticipare il mercato ponderando con lucidità le decisioni che portano l’azienda verso il futuro; capacità di pianificare una politica lungimirante delle risorse umane, in grado di determinare lo sviluppo e la selezione/gestione di collaboratori aziendali preparati; capacità di gestire le proprie reazioni emotive, legate al peso della performance dell’azienda – spiega la master coach Marina Osnaghi, che ha affiancato grandi leader aziendali ed imprenditori nel raggiungimento dei propri obiettivi – Far progredire un’intera organizzazione è un’impresa da titani e i leader ne sentono tutto il peso sulle spalle. Come Executive Master Coach e fondatrice a mia volta di un’azienda, ho potuto vivere storie di successo e insuccesso, e ho visto anche la sincera sofferenza di esseri umani alla guida dell’organizzazione quando agli sforzi non seguivano i risultati; la gioia per i successi e il sincero interesse per i collaboratori.
Il leader perfetto è chi sa coniugare le varie imperfezioni legate agli aspetti aziendali; e trasformarle in un insieme vincente nonostante tutto; inserendosi nel flusso degli eventi e guidandoli ad hoc. Da tempo ho imparato che molti dei problemi aziendali derivano da processi e procedure non sviluppate, un’imprecisa gestione umana e piani di comunicazione non coordinati e pianificati ad hoc; le persone spesso sono vittime inconsapevoli di una disorganizzazione nei sistemi che dovrebbero sostenere l’operatività e che nella pratica non lo fanno. I leader rischiano di soccombere molto spesso sotto il peso di problemi organizzativi, che mettono in crisi la loro forza innovativa e realizzativa nella fase di implementazione; perché non hanno a disposizione una macchina ben funzionante, in grado di reagire in maniera precisa e fulminea in grado di seguire prontamente nel realizzare le idee del capo visionario. Per non parlare poi delle tematiche di percezione esterna della qualità dei prodotti/servizi, del pricing e del brand aziendale”.
Ed è proprio la gestione del “capitale umano” che fa la differenza in un leader secondo gli italiani. Il capo dei sogni, infatti, dovrebbe essere comprensivo con i collaboratori (45%), aperto al dialogo, pronto ad ascoltare le problematiche (41%) e capace di trasmettere serenità e distendere le frizioni (38%) secondo le italiane; mentre secondo gli uomini il proprio boss dei desideri dovrebbe spiccare per carisma (43%), autorevolezza (39%) e per la capacità di motivare i propri dipendenti (33%). Tra gli atteggiamenti più detestati invece le donne non sopportano i capi che non ammettono i propri errori (27%), che allo stesso tempo addossano le responsabilità di un fallimento ai sottoposti e s’arrogano i meriti di un successo (22%), mentre gli uomini fuggirebbero da un capo che insulta o umilia chi fa un errore davanti a tutti (24%) e da chi risulta troppo soffocante ponendo il proprio sguardo costantemente sul lavoro svolto (17%).
Anche gli esperti si sono interrogati sull’influenza che un cattivo rapporto col boss può avere sulla quotidianità. Ad esempio, come riportato dalla rivista New Scientist, i ricercatori della Eindhoven University of Technology hanno scoperto che, nonostante l’amore per il proprio lavoro, la mancanza di gratificazioni da parte del boss conduce inevitabilmente allo stress. L’odio per il capo può portare addirittura al licenziamento volontario dal lavoro che si è sempre desiderato, come evidenziato da una ricerca pubblicata dalla Harvard Business School. Un effetto causato soprattutto da quei capi che assomigliano a “Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, come sostengono sulle pagine di Metro.co.uk gli scienziati dell’Università di Exeter: indagando su oltre 320 gruppi di lavoro, i ricercatori hanno rilevato che gli impiegati sono più produttivi e sereni avendo un brutto rapporto con il capo, piuttosto che avere a che fare con una personalità instabile che cambia più volte al giorno.
Una categoria, quella dei leader, che secondo gli esperti vede tra le proprie fila un numero di casi di disturbo psicologico quadruplo rispetto alla popolazione totale: infatti se tra i manager ben il 4% del totale viene definito dagli scienziati della Università del Québec uno “psychopathic boss”, ovvero una persona che si prende gioco dei propri collaboratori, li umilia, li “bullizza” o li incolpa di ogni insuccesso, nella popolazione la percentuale si ferma all’1%, come riportato da Psychology Today.
Ma quali sono i personaggi pubblici che più incarnano questi valori secondo gli italiani? Nella top 5 stilata dalle donne, oltre a Pierfrancesco Favino, troviamo anche, al secondo gradino del podio, l’amata Meryl Streep (15%), aiutata anche dall’immagine del proprio ruolo di editrice audace nel film campione d’incassi “The Post”, mentre sulla terza piazza si posiziona Leonardo di Caprio (12%), che ha dimostrato tenacia nella corsa al tanto agognato Oscar e attenzione verso gli altri con il suo impegno per l’ambiente.
Chiudono la classifica Papa Francesco (9%) e l’ex first lady Michelle Obama (6%). Tra gli uomini invece trionfano i guru della tecnologia: oltre al CEO di Facebook Mark Zuckerberg, creatore del social network che ha cambiato per sempre il rapporto digitale tra le persone, il 16% vorrebbe avere frequentemente una riunione con Elon Musk (16%), CEO visionario di Tesla, che ha appena inviato nello spazio una propria auto; tallonato da Sergio Marchionne (14%), esempio di autorevolezza nel campo dell’organizzazione e dello sviluppo aziendale. Chiudono la top 5 Roger Federer (8%), l’immortale campione di tennis capace di raggiungere ogni obbiettivo con stile ed eleganza, e lo chef televisivo Alessandro Borghese (6%). Giudizio univoco invece per il meno apprezzato: Donald Trump è il boss da cui fuggirebbero il 55% delle donne e il 46% degli uomini.
“Un grande Leader deve saper gestire e sostenere tutti questi aspetti, gestendoli con umiltà, pazienza, forte auto disciplina ed attenzione – conclude Marina Osnaghi – Gestisce la cultura prevalente in azienda, che non sempre è una cultura che lavora per processi. Si preoccupa dei risultati e nello stesso tempo di essere capace di relazioni vincenti e motivanti, il mix delle due cose è necessario se si vuole raggiungere gli obiettivi e nello stesso tempo essere seguiti dal gruppo e veramente amati. Anticipa, innova e si occupa delle strutture di supporto e degli esseri umani che le gestiscono in contemporanea. Utilizza con sapienza elementi umani e pragmatici mescolati insieme ad arte e sa di non poter fare tutto da solo, quindi si circonda di collaboratori capaci a cui affida i compiti sensibili, la delega consapevole è uno dei suoi obiettivi.
Trasmette la gratitudine verso il contributo di ognuno, ascolto attento e riconoscimento delle milestones intermedie già realizzate, feedback puntuali e piani di comunicazione efficaci e anticipatori dei cambiamenti interni; agisce sullo sviluppo di processi interni e della cultura del lavoro per obiettivi, ownership consapevole, capacità di sviluppo dei target e lavoro sull’interfaccia fra le varie aree. Lo scopo è quello di potenziare responsabilità diffusa che permea l’organizzazione e di stimolare la prospettiva della gestione dei processi, della responsabilità e della integrazione della diversity aziendale. Molte volte ho visto leader perdersi in questo sentiero ed altrettante uscirne vittoriosi. La differenza è stata la capacità di utilizzare gli strumenti corretti”.