Avvisaglie e prevenzione
“Il cancro al seno non è solo roba da femmine di Stefano Saldarelli edito da Phasar è un libro autobiografico che racconta con toni lievi e a tratti ironici una vicenda che ha coinvolto l’autore, e che ogni anno registra nuovi casi negli uomini: il tumore alla mammella.
Stefano Saldarelli ha 52 anni, vive e lavora a Prato. Nel 2017 ha ricevuto un’ inattesa diagnosi che lo disorienta, oggi conclusasi felicemente: cancro al seno.
Da quell’esperienza nasce un libro, uscito qualche settimana fa, ad ottobre, il “mese rosa”, dedicato alla prevenzione del tumore al seno delle donne. Con questo libro Stefano fa un appello: non ignorare il rischio, perché anche gli uomini possono ammalarsi di un tumore considerato solo “femminile”.
“Il cancro al seno non è solo roba da femmine di Stefano Saldarelli è un racconto scritto con la preziosa prefazione del dottor Alessandro Battaglia, Chirurgo Senologo presso l’Ospedale Santo Stefano di Prato, che ha operato Stefano e che apre un’importante finestra su questa patologia, vista, per una volta, dal punto di vista maschile.
“Il cancro al seno non è solo roba da femmine di Stefano Saldarelli
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Stefano che ringraziamo per la sua preziosa testimonianza. La nostra speranza è che anche questo suo contributo possa essere uno stimolo per tutti gli uomini, affinché non trascurino le avvisaglie e si tutelino con una costante prevenzione.
Il suo libro è un appello agli uomini affinché non ignorino il rischio di cancro al seno. Qual è il consiglio più importante che si sente di dare agli uomini alla luce della sua esperienza?
Non trascurare i segnali che il proprio corpo dà ad ognuno di noi. Di prendersi cura e fare prevenzione per indagare in merito alla possibile insorgenza di neoplasie, facendolo in una fase precoce. Di condividere la cultura della prevenzione come gesto di amore verso se stessi e verso coloro che amiamo. L’autopalpazione, nel caso del tumore al seno ma anche del tumore al testicolo, per esempio, è un gesto semplice ma fondamentale che permette di fare un’autodiagnosi.
Non pensare mai che “a me non toccherà mai” perché l’unico modo perché ciò non accada mai, o se dovesse accadere sia facilmente trattabile, è fare prevenzione.
Secondo lei, anche in base alle informazioni che le hanno dato i medici durante il suo percorso di cura, il tumore al seno maschile insorge in determinate condizioni (ad esempio problemi ormonali, familiarità etc..) oppure colpisce indistintamente come accade alle donne?
Il tumore al seno maschile rientra in un quadro specifico che è riconducibile a tutta una serie di patologie, disfunzioni, stili di vita, fattori genetici ed età che a tutt’oggi sono ben inquadrati ma che non danno una certezza assoluta, in termini di “fattori predittivi”. Per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda una buona parte degli uomini con cui sono entrato in contatto nel corso della mia esperienza col cancro al seno, a cominciare da me, non ho riscontrato nessuno dei fattori noti come responsabili o corresponsabili dell’insorgenza di questa neoplasia. Credo che per l’uomo sia ancora un “mondo” tutto da indagare in modo serio e approfondito. Io ho avuto il cancro a 48 anni; conosco uomini che lo hanno avuto che non avevano ancora quarant’anni. La maggior parte in buona salute, persone che si allenano, fanno sport, molti non fumano… Io non ho mai fumato in vita mia e non sono mai stato in sovrappeso. Ho sempre fatto sport… La scienza ci dirà in futuro quali saranno davvero i fattori scatenanti che sono correlabili all’insorgenza del cancro al seno nell’uomo. Quando mi sono operato si parlava di circa 300 uomini l’anno a cui veniva diagnosticato il k al seno, in Italia. La maggio parte sopra i 60 anni di età. Già nel 2019 si parlava di 500 uomini e le proiezioni sul 2020-21 parlano di 700 uomini. I casi sono in aumento. Forse fino a qualche tempo fa il numero era tale da non suscitare un “campanello d’allarme”. I dati non venivano nemmeno raccolti e quei pochi non destavano molto interesse. Oggi, probabilmente, le “breast unit”, un po’ più di cultura (ancora troppo poca) e iniziative come la mia, portano a conoscenza gli uomini ma anche tutta l’opinione pubblica che “IL CANCRO AL SENO NON E’ SOLO ROBA DA FEMMINE”
Dopo l’esperienza che l’ha coinvolta nel 2017, com’è cambiata la sua vita? Ha accantonato il tumore come una parentesi drammatica della sua vita oppure si attiva in qualche modo per diffondere la sua testimonianza?
Il mio libro è la testimonianza del mio impegno nel voler divulgare il messaggio della consapevolezza, a partire dal titolo del libro stesso. Non si può prevenire nulla se non si ha una base culturale adeguata per adoperarsi nel fare la prevenzione ed educare alla prevenzione. Prevengo il cancro al seno nell’uomo se so che nell’uomo può insorgere questa neoplasia; a cominciare dal capire che l’uomo ha un seno; cosa del tutto ignorata dalla maggior parte degli uomini poiché culturalmente siamo portati a identificare quella parte anatomica, nell’uomo, come il pettorale, tour court.
Partecipo tutt’ora ad iniziative di divulgazione della prevenzione con particolare attenzione al tumore al seno maschile.
In “Il cancro al seno non è solo roba da femmine. una carezza puo’ salvarti” lei parla dell’intervento decisivo di sua moglie. Perché gli uomini sono così restii a fare prevenzione e, in generale, ad andare dal medico?
L’uomo è il maschio, il cacciatore, quello che gli stereotipi della comunicazione, a partire dagli anni ’70 per poi imperversare negli anni ’80, hanno delineato come “quello che non deve chiedere mai”. È colui che deve essere forte a prescindere. È l’highlander per definizione. Vede il medico come qualcosa di associato alla malattia e non alla prevenzione, a differenza della donna che fin dalla pubertà ha un approccio col ginecologo, in primis, che la porta sia ad avere fiducia nel medico sia a contestualizzare la prevenzione come qualcosa che entra a pieno titolo nella propria vita.
Sono molte le persone che dopo un trauma si approcciano per la prima volta alla scrittura. Molti beneficiano dell’aspetto “terapeutico” che essa offre, altri scoprono un talento che non pensavano di avere, altri ancora si appassionano alla divulgazione. E per lei invece? Cos’è stata la scrittura?
Scrivo da sempre. Mi piace farlo. Nel 2013 aprii un blog per parlare di droni che divenne un punto di riferimento per la community del settore. Nel 2011 aprii una pagina Facebook che divenne il ponte tra il Giappone e l’Italia, nel momenti in cui si verificò il terremoto e il conseguente disastro di Fukushima. Avevo mia sorella in Giappone, in tourneé col Maggio Musicale Fiorentino. Decisi di aprire una pagina Facebook attraverso la quale fornivo notizie, raccoglievo informazioni e mantenevo i contatti tra chi era in Giappone e chiedeva aiuto per Tornare a Casa… Ho scritto altri due libri, ne sto scrivendo un quarto; mi piace scrivere. Col tumore al seno ho trovato nella scrittura un mezzo importante per dare un senso a ciò che stavo provando. Grazie alla scrittura sono entrato in contatto con moltissime persone con molte delle quali, oggi, ho il piacere di annoverarle tra coloro che posso definire amiche. Scrivere fa bene, permette di trasferire i propri pensieri su carta rendendoli qualcosa di tangibile, di poterli leggere, conservare, rileggere e condividere.
Progetti per il futuro?
Vivere più serenamente possibile. Battermi per ogni causa che ritengo giusta e che vale la pena combattere. La vita è unica, bella ed ha una scadenza. Meglio la conserviamo e più riusciamo a rendere gustoso, piacevole, significativo e importante questo passaggio.