Circa quattro miliardi e mezzo di anni fa, il materiale roccioso che circondava l’allora giovanissimo Sole ha iniziato ad aggregarsi attorno alla Terra appena nata, formandone gli strati che oggi chiamiamo nucleo, mantello e crosta.
Gli elementi più pesanti, primo tra tutti il ferro, hanno poi iniziato ad affondare sempre di più verso il centro del nostro pianeta.
Col tempo il cuore terrestre è diventato una palla di ferro solido, mentre lo strato immediatamente esterno al nucleo è rimasto ferro liquido: il movimento di questo metallo fuso e bollente ha dato origine al campo magnetico terrestre.
Si tratta di un fenomeno fisico di fondamentale importanza: senza il magnetismo terrestre, probabilmente non si sarebbe sviluppata sulla Terra la vita come oggi la conosciamo.
Il campo geomagnetico si estende infatti per svariate decine di migliaia di chilometri nello spazio, e forma così un vero e proprioscudo elettromagnetico, la magnetosfera, che devia i raggi cosmici dannosi e gran parte delle particelle cariche.
Gli scienziati oggi sanno che il campo magnetico che circonda il nostro pianeta è in continuo cambiamento, si riduce e si rafforza con il passare del tempo. Grazie alle immagini satellitari sempre più dettagliate possiamo monitorare questa evoluzione geomagnetica con grande precisione, provando addirittura a prevederne il comportamento futuro.
Ma per quanto riguarda il passato? Cosa sappiamo sull’origine di questo scudo protettivo, e sulla “scintilla” che per prima ha dato origine al movimento del ferro liquido responsabile della nascita del campo geomagnetico? Ancora decisamente poco.
Ricostruire ciò che avvenuto nel cuore del nostro pianeta miliardi di anni fa non è affatto facile, e ovviamente non abbiamo a disposizione campioni del bollente strato ferroso attorno al nucleo.
Per questo un gruppo di ricercatori guidati dal Carnegie di Washington ha pensato di aggirare il problema provando ariprodurre artificialmente le condizioni della giovane Terra.
Gli scienziati hanno utilizzato un metodo chiamato cella a incudini di diamante, strumento che permette di studiare materiali sottoposti a pressioni altissime – paragonabili a quelle che potremmo trovare nel centro nel nostro pianeta. Questa tecnologia è stata combinata a un congegno laser, in grado di scaldare il materiale fino ad arrivare a temperature molto elevate.
Queste due variabili – pressione e temperatura – sono state applicate a diversi campioni di ferro, fino a raggiungere l’equilibrio richiesto: da 345.000 a 1.3 milioni di volte la “normale” pressione atmosferica, e da 2.400 a 4.900 gradi Fahrenheit.
Ecco riprodotte “in provetta” le condizioni che hanno reso possibile la nascita del campo geomagnetico, che finalmente i ricercatori hanno potuto analizzare con tutta calma.
I risultati, pubblicati su Nature, mostrano che la chiave del mistero della nascita del magnetismo terrestre sta nella particolare modalità di trasmissione di calore tra lo strato di ferro solido e quello liquido.
In particolare, gli studiosi del Carnegie affermano che i campioni di ferro analizzato trasmettevano calore tra 18 e 44 watt per metri per kelvin – l’unità di misura usata per questo genere di calcoli.
Tradotto: la conduttività del cuore della giovane Terra era probabilmente molto alta, e di conseguenza l’energia necessaria per dare origine al campo magnetico terrestre era lì sin dall’inizio.
L’origine del magnetismo dipende dunque dalla combinazione di pressione e temperatura del ferro, che ha trasferito il calore dal cuore del nostro pianeta verso l’esterno. Resta ancora da capire come questo campo magnetico si sia propagato e mantenuto: domande a cui forse la “Terra in laboratorio” potrà in futuro rispondere.