Secondo una ricerca svolta da Codacons, il 35, 8% della popolazione italiana ricorre al “fai di te” per curarsi. Un dato sconcertante se paragonato ai risultati di ricerche precedenti. Gli italiani si improvvisano medici di se stessi e valutano le scelte da adottare riguardo la loro salute informandosi attraverso il web. Se da una parte tale dato è significativo in termini di “self-efficacy” e promozione delle pratiche da mettere in atto in relazione alle proprie condizioni di salute “non gravi”, dall’altra pone in risalto il volto più oscuro e allarmante della crisi. Dai risultati ricavati da un campione rappresentativo di 2.500 soggetti, è emerso che il 50% degli italiani in particolare i giovani, nella fascia compresa tra i 18 e 30 anni, ha rinunciato alle cure mediche, ponendosi come assoluti protagonisti della propria salute. Il concetto di salute si è modificato nel tempo sino ad assumere una significato sempre più ampio, incentrandosi sulla qualità della vita e del benessere della persona piuttosto che sulla specificità della patologia. Un approccio bio-psico-sociale che pone al centro l’interesse per il soggetto, inteso come un sistema complesso e interagente con l’ambiente.
Se la percezione dell’efficacia personale nell’attuazione di pratiche salutari agisce da fattore predittivo e influenza significativamente le intenzioni dei soggetti modificando quelli che potrebbero essere i potenziali comportamenti nocivi per la propria salute, secondo quanto dichiarato da Codacons, la pratica del “fai da te” è estremamente pericolosa. “ Alla base del fatto che il 35, 8% dei cittadini cerca nel web la soluzione dei disturbi fisici – dichiara Codacons – vi sono la crisi economica e le lista d’attesa nella sanità pubblica infinite sono forse anche peggiori, perché allontanano l’utente medio dalla sanità pubblica, rendendo difficoltoso e snervante l’accesso a ospedali e strutture sanitarie per le quali i cittadini pagano le tasse”.
La crisi colpisce dunque ogni settore, anche quello più apparentemente intaccabile ed economicamente forte ( farmaceutico-sanitario). Il web assume dunque le vesti del nostro medico di fiducia, sempre disponibile ad ogni ora del giorno e a costo zero. Basta connettersi, digitare i sintomi e sul vostro desktop compariranno i rimedi da utilizzare per curarsi: semplice, veloce ed economico. Un take away apparentemente “salutistico”, ma che sicuramente non garantirà benefici e certezze rispetto a ciò che il soggetto intende curare ( spesso dietro ad un sintomo possono celarsi situazioni più gravi di cui il soggetto non ne sa nulla). Internet viene letto dalla gran parte degli italiani come una realtà attendibile e fruibile in ogni sua parte, la ricerca del “fai da te”, di tipo self-care, cela dietro di sé non solo il dramma della crisi, ma anche la difficoltà dell’utente di avvicinarsi ad una consultazione medica.
La persona deve superare inizialmente sentimenti negativi: si temono diagnosi sfavorevoli, esami imbarazzanti. Ci sono poi categorie di persone per le quali l’accesso ai servizi pubblici risulta molto complesso: una di queste è rappresentata dagli adolescenti. Il rapporto tra i giovani e i servizi è piuttosto contraddittorio, caratterizzato da aspetti che connotano il rapporto di quest’ultimi con le istituzioni, con il mondo degli adulti: ne sono un esempio il rifiuto del formalismo, la difficoltà a comprendere la logica delle organizzazioni. Il problema di tali servizi sta proprio nell’essere collocati, all’interno del sistema sociale, in modo strategico. Da un lato esiste sicuramente un problema di marketing dei servizi stessi e dunque di promozione alla salute, dall’altro occorrerebbe sperimentare nuove forme di cura con lo scopo di raggiungere determinati target.
Nel corso degli ultimi anni ha assunto sempre maggior rilievo il vissuto soggettivo degli utenti in merito alla valutazione dei servizi. Gli indicatori utilizzati nella valutazione dell’efficacia e dell’efficienza di quest’ultimi, sono le aspettative e la soddisfazione,. L’utente dev’essere l’elemento centrale di ogni attività sanitaria, purtroppo oggi tale centralità si è persa di vista. Un altro fenomeno che concerne il rapporto ambivalente che viene ad instaurarsi tra utente e l’ambito strettamente sanitario, è la “non adesione terapeutica” ( più comunemente conosciuto come compliance): gli utenti non seguono il trattamento terapeutico prescritto dal medico. Tale discordanza tra prescrizione medica e comportamenti reali del paziente non è assolutamente sorprendente perché è insita nella relazione medico-paziente, caratterizzata da un tipo di comunicazione disfunzionale rispetto al contenuto del messaggio che il medico trasmette all’utente ( artificioso e ricco di tecnicismi), rispetto alla freddezza della comunicazione emotiva e alla mancanza di reciprocità che non costituisce altro che il preludio della sindrome del burnout da parte dell’operatore. Da sottolineare il ruolo eminentemente passivo conferito al paziente ( tendenza del medico a porre domande chiuse), aggiunto alla difficoltà dell’utente ( in particolare la categoria degli anziani) di memorizzare le informazioni sulla diagnosi o sulla prognosi di una determinata malattia ( il soggetto mette in atto meccanismi psicologici di rifiuto o di evitamento). La crisi sembra dunque non essere il solo fattore determinante del fenomeno “fai da te”, ma dietro a tali scelte vi sono nascosti meccanismi psicologici ben più profondi.