Molto probabilmente il 2020 sarà ricordato come l’anno dei flashmob. Come l’anno che non si arrende alla pandemia per ricordare i momenti che ritiene importante. Ed è proprio con un flashmob che oggi viene ricordato il 28° anniversario della strage di Capaci.
Come sarà ricordato l’anniversario della strage di Capaci
Ogni anno per il 23 maggio Palermo ricorda Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo con diverse manifestazioni. Per le strade della città sfilano i cortei e al porto attracca la nave della legalità. Migliaia di giovani portano avanti il ricordo del lavoro fatto dai magistrati e raccolgono il testimone della lotta per la legalità. Quest’anno nonostante siano vietati gli assembramenti, la memoria non si ferma e le celebrazioni vanno avanti con diverse modalità. “Il messaggio che dobbiamo dare quest’anno è che le istituzioni, la democrazia, la vita di un Paese si salvano solo attraverso il compimento del proprio dovere, che in alcuni casi, come nel 1992 diventa eroismo. Questo punto di contatto con gli eroi di oggi, ci ha portato a pensare a una manifestazione in questa chiave: gli eroi di questi giorni“.
Sono le parole di Maria Falcone, sorella del magistrato, che da 28 anni mantiene vivo il ricordo del magistrato e di tutto il lavoro fatto dalle persone per combattere la mafia. Inevitabile il collegamento con la situazione odierna che ha fatto di tanti medici e infermieri degli eroi. Come ricordare, allora, quegli eroi che nel 1992 persero la vita nell’attentato dinamitardo? Con un piccolo, semplice gesto: un flashmob. Affacciarsi al proprio balcone alle 18 per esporre un drappo bianco.
Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini
Cronaca di una morte annunciata
Il titolo di uno dei romanzi più noti di Gabriel Garcìa Marquez si presta particolarmente bene per raccontare il clima nel quale Giovanni Falcone ha vissuto gli ultimi anni della sua vita. Il suo lavoro all’interno del pool antimafia, ideato da Rocco Chinnici e realizzato da Antonino Caponnetto, gli diede l’opportunità di seguire una geniale intuizione: seguire i soldi. Ricostruire i passaggi di soldi relativi alle attività di Cosa Nostra gli permise di ricostruire la struttura dell’organizzazione. Ulteriori dettagli gli furono poi dati da Tommaso Buscetta che dopo l’arresto decise di collaborare con la giustizia. Insieme al collega e amico Paolo Borsellino impiantò il primo grande processo contro la mafia tenuto in Italia: il maxiprocesso iniziato nel 1986. La morte di Giovanni Falcone divenne così una priorità per Cosa Nostra che decise di eliminarlo durante alcune riunioni delle sue “Commissioni” regionali e provinciali alle quali partecipò attivamente Totò Riina.
L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza
23 maggio 1992
Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone, insieme alla moglie, rientrò in Sicilia per il weekend come di consueto. Atterrato all’aeroporto di Punta Raisi, continuò il suo viaggio in auto insieme agli agenti della sua scorta. Arrivati all’altezza di Capaci, alle 18, una violentissima esplosione investì il corteo di macchine, tre fiat Croma blindate. 1000 chili di tritolo nascosti in un canale di drenaggio delle acque sotto il manto stradale. La prima auto, a bordo della quale viaggiano gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, viene investita in pieno e catapultata a qualche metro di distanza. Gli agenti muoiono sul colpo. La seconda auto, quella che ospita i giudici con uno degli agenti, si scontra con il muro di detriti provocato dall’esplosione. La terza auto resiste e gli agenti risultano leggermente feriti. Subito dopo l’impatto, il giudice Falcone e sua moglie, gravemente feriti, vengono trasportati all’ospedale di Palermo dove moriranno poche ore dopo.
Giovanni Falcone, che in vita, fu osteggiato da molti colleghi, oggi rappresenta, insieme a Paolo Borsellino, il simbolo della lotta alla mafia.