Nel 2019 si celebrano il 30° anniversario della ratifica della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e il 70° anniversario delle 4 Convenzioni di Ginevra sulla protezione dei civili nei conflitti, eppure oggi il numero di paesi coinvolti in conflitti interni o internazionali è il più alto da 30 anni a questa parte.
Ad affermarlo è Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF. «I bambini che vivono in situazioni di guerra sono fra quelli che hanno minori probabilità di vedere garantiti i loro diritti fondamentali. Gli attacchi armati contro i bambini devono cessare» afferma Fontaine.
La panoramica dei conflitti in corso del 2018 è sconfortante.
Il 2018 di Unicef: la panoramica sui conflitti
In Siria, solamente tra gennaio e settembre, le Nazioni Unite hanno accertato l’uccisione di 870 bambini – il più alto numero mai registrato nei primi 9 mesi dell’anno da quando il conflitto è scoppiato, nel marzo 2011. Gli attacchi sono proseguiti per tutto l’arco dell’anno: nel solo mese di novembre, 30 bambini sono stati uccisi nel villaggio di Al Shafa, nella Siria orientale.
Nello Yemen, l’ONU ha verificato l’uccisione o il ferimento di 1.427 bambini, compreso il bombardamento di uno scuolabus avvenuto ad agosto a Sa’ada (oltre 60 le vittime, per lo più ragazzini tra i 10 e i 13 anni). Scuole e ospedali sono stati oggetto di frequenti attacchi o sono stati usati per scopi militari, negando ai bambini l’accesso al loro diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Questo sta ulteriormente alimentando una crisi in un paese in cui ogni 10 minuti un bambino muore a causa di malattie prevenibili e 400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta grave.
In Afghanistan, violenze e massacri sono avvenimenti quotidiani, con circa 5.000 bambini uccisi o feritinei primi 9 mesi del 2018, quanti nell’intero 2017. I bambini rappresentano l’89% delle vittime civili a causa delle mine e di altri residuati bellici esplosivi.
Nel Nord-est della Nigeria i gruppi armati, in primo luogo Boko Haram, continuano a colpire le ragazze: stuprate, costrette a sposare combattenti o utilizzate come bombe umane. A febbraio, Boko Haram ha rapito 110 alunne e uno studente del college tecnico di Dapchi, nello Stato di Yobe. Mentre la maggior parte delle studentesse sono state rilasciate, 5 ragazze sono morte e una è tuttora prigioniera in condizioni di schiavitù. Sono un migliaio, nel paese africano, le scuole chiuse o inagibili a causa delle ostilità.
In Somalia, oltre 1.800 bambini sono stati reclutati dalle parti in conflitto nei primi 9 mesi del 2018 e 1.278 sono stati rapiti.
Nella Repubblica Centrafricana, la drammatica recrudescenza delle ostilità ha coinvolto gran parte del paese, con 2/3 dei bambini bisognosi di assistenza umanitaria.
Nella Repubblica Democratica del Congo la violenza inter-etnica e gli scontri tra forze di sicurezza e gruppi armati/milizie nella regione del Grande Kasai e nelle province orientali del Tanganica, del Kivu meridionale, del Nord Kivu e dell’Ituri hanno avuto un impatto devastante sui bambini. La risposta all’attuale epidemia di Ebola è stata seriamente ostacolata dalla violenza e dall’instabilità nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Inoltre, si stima che 4,2 milioni di bambini siano a rischio di malnutrizione acuta grave (SAM). La situazione è aggravata dalle violazioni dei diritti dei bambini, tra cui il reclutamento forzato da parte di gruppi armati e gli abusi sessuali.
In Iraq, sebbene i combattimenti si siano in massima parte placati, a novembre 4 bambini sono stati uccisi nel nord del paese quando il furgone con cui si recavano a scuola è stato bombardato. I bambini e le famiglie che ritornano alle loro case in zone precedentemente colpite da pesanti violenze continuano ad essere esposti al pericolo degli di ordigni inesplosi. Migliaia di famiglie rimangono sfollate e devono affrontare le ulteriori minacce del gelo invernale e delle inondazioni improvvise, tipiche di questa regione.
Nel bacino del Lago Ciad, il conflitto in corso, gli sfollamenti e gli attacchi sulle scuole, contro gli insegnati e le altre strutture scolastiche hanno messo a rischio l’istruzione per 3,5 milioni di bambini. Tra Nord-est della Nigeria e regione del Lago Ciad, nell’estremo nord del Camerun e nella regione di Diffa in Niger, almeno1.041 scuole sono chiuse o inagibili a causa delle ostilità, negando la possibilità di studiare a circa 445.000 bambini.
Nel Camerun c’è stata un’escalation del conflitto nelle regioni Nord e Sud occidentali del paese, con le scuole, gli studenti e gli insegnanti spesso sotto attacco. A novembre, oltre 80 persone, compresi molti bambini, sono stati rapiti da una scuola a Nkwen, nel nord ovest del paese e rilasciati pochi giorni dopo. Ad oggi, 93 villaggi sarebbero stati bruciati parzialmente o totalmente a causa di conflitti, con molti bambini che hanno subito livelli estremi di violenza.
Una recente ondata di violenze nella regione di confine tra Mali, Burkina Faso e Niger ha causato la chiusura di 1.478 scuole.
Nel Myanmar, le Nazioni Unite continuano a ricevere notizie di violazioni dei diritti dei Rohingya rimasti nel nord dello Stato di Rakhine, che comprendono accuse di omicidi, scomparse e arresti arbitrari. Ci sono anche diffuse restrizioni dei diritti di libertà di movimento e ostacoli nell’accesso ai servizi sanitari e scolastici nel Rakhine centrale. Assicurare che i bambini abbiano accesso ad un’istruzione di qualità e ad altri servizi di base eviterà una “generazione perduta” di bambini Rohingya; se ciò non avverrà, essi perderanno le competenze di cui hanno bisogno per contribuire alla società.
In Palestina, quest’anno, oltre 50 bambini e ragazzi sono stati uccisi e altre centinaia sono rimasti feriti, molti mentre manifestavano contro il deterioramento delle condizioni di vita a Gaza. I bambini in Palestina e Israele sono stati esposti a paura, trauma e rischio di essere feriti.
Nel Sud Sudan, il conflitto inarrestabile e l’insicurezza durante l’annuale stagione magra hanno portato 6,1 milioni di persone alla fame estrema. Anche con l’arrivo della stagione delle piogge, oltre il 43% della popolazione rimane in condizioni di insicurezza alimentare. Mentre la promessa di un nuovo accordo di pace offre un barlume di speranza per i bambini, continuano le segnalazioni di estrema violenza contro donne e bambini, la più recente a Bentiu, dove oltre 150 donne e ragazze hanno raccontato di aver subito terribili aggressioni sessuali.
Nell’Ucraina orientale, oltre 4 anni di conflitto rappresentano un peso devastante sul sistema scolastico dei bambini, dato che centinaia di scuole sono state distrutte e danneggiate e 700.000 bambini sono costretti ad imparare in ambienti delicati, tra combattimenti instabili e pericoli causati da ordigni di guerra inesplosi. La situazione è particolarmente grave per 400.000 bambini che vivono nel raggio 20km dalla linea di contatti che divide le aree controllate e non controllare dal Governo e dove bombardamenti e forti rischi causati da mine rappresentano una minaccia mortale.
Il 2018 di Unicef: gravi violazioni contro i bambini
Secondo l’UNICEF, il futuro di milioni di bambini che vivono in paesi colpiti da conflitti armati è in pericolo, mentre le parti in guerra continuano a commettere gravi violazioni contro i bambini e i leader del mondo non imputano loro le responsabilità cui dovrebbero rispondere.
“I bambini che vivono in zone di conflitto negli ultimi 12 mesi hanno continuato a soffrire livelli estremi di violenza e il mondo ha continuato a deluderli,” ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF. “Da troppo tempo le parti in conflitto stanno commettendo atrocità con un’impunità quasi totale e tutto questo sta solo peggiorando. Molto di più può e deve essere fatto per proteggere e dare assistenza ai bambini.”
I bambini che vivono nei paesi in guerra sono sotto diretto attacco, utilizzati come scudi umani, uccisi, feriti o reclutati per combattere. Stupro, matrimoni forzati e rapimento sono diventati la normalità nelle tattiche di conflitto dalla Siria allo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, al Sud Sudan, al Myanmar.
Il 2018 di Unicef: il sostegno alla popolazione
L’UNICEF chiede alle parti in conflitto di rispettare i loro obblighi secondo il diritto internazionale di porre fine immediatamente alle violazioni contri i bambini e all’utilizzo, come obiettivi, di infrastrutture civili che comprendono scuole, ospedali e infrastrutture idriche. L’UNICEF chiede anche agli stati che hanno un’influenza sulle parti in conflitto di utilizzare quest’influenza per proteggere i bambini.
“È necessario fare molto più per prevenire la guerra e porre fine a molti disastrosi conflitti armati che devastano le vite dei bambini. Eppure, anche se le guerre continuano, non dobbiamo mai accettare gli attacchi contro i bambini. Dobbiamo fare in modo che le parti in guerra abbiano l’obbligo di proteggerli. Altrimenti, saranno i bambini, le loro famiglie e le loro comunità che continueranno a soffrire conseguenze devastanti, ora e negli anni a venire”, ha detto Fontaine.
In tutti questi paesi, l’UNICEF lavora con i suoi partner per fornire ai bambini più vulnerabili servizi sanitari, per la nutrizione, l’istruzione e la protezione. Per esempio, ad ottobre, l’UNICEF ha contribuito al rilascio di 833 bambini reclutati in conflitti armati nel nordest della Nigeria e sta lavorando perché questi bambini siano reintegrati nelle loro comunità. Da quando il conflitto è esploso in Sud Sudan 5 anni fa, l’UNICEF ha riunito circa 6.000 bambini non accompagnati e separati con le loro famiglie. In Bangladesh, nel 2018, l’UNICEF ha raggiunto migliaia di bambini rifugiati Rohingya con supporto per la salute mentale e psicosociale. In Iraq, l’UNICEF sta lavorando con i suoi partner per fornire servizi specialistici alle donne e ai bambini colpiti da violenza di genere.