La concentrazione di CO2 in atmosfera non è mai stata così alta. Lo ha affermato recentemente l’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) sottolineando che nel 2015 i valori hanno superato quei 400 ppm (parti per milione) che costituiscono una soglia molto importante nello studio dei cambiamenti climatici, delle loro cause e dei loro impatti. La notizia, che tanto spazio ha trovato nei media di tutto il mondo, arriva proprio alla vigilia della Conferenza sul clima di Marrakech, dove la comunità internazionale sta per riunirsi e discutere le vie migliori per attuare l’accordo di Parigi e le soluzioni più adatte a contenere l’incremento della temperatura media globale al di sotto dei due gradi centigradi.
In questo scenario, la comunità scientifica italiana – prima in Europa – istituisce ufficialmente una Joint Research Unit (Jru), un accordo di collaborazione siglato negli scorsi giorni da quindici istituti, centri e università che si impegnano a sostenere e promuovere la partecipazione italiana in Icos-Ri (Integrated carbon observation system – Research infrastructure), l’infrastruttura europea di ricerca distribuita che fornisce misure di alta qualità sul ciclo del carbonio, sulle emissioni di gas serra e sulla loro concentrazione atmosferica a scala europea.
Si tratta di un segnale molto importante che vede i principali protagonisti della ricerca italiana sui cambiamenti climatici impegnarsi formalmente a condividere competenze, dati e sistemi necessari al loro processo e utilizzo in attività scientifiche e divulgative.
Il ruolo italiano all’interno di Icos-Ri è altamente qualificato e molto rilevante per numerose attività che riguardano anche il monitoraggio della CO2 e degli altri gas a effetto serra a livello europeo, ossia proprio il lavoro che è di fondamentale importanza per arrivare a dare informazioni che hanno grande interesse per l’opinione pubblica e la comunità mondiale, come il superamento della soglia delle 400 ppm comunicata dalla Wmo.
In particolare, nell’ambito di Icos-Ri, l’Italia partecipa con le stazioni di osservazione e rilevamento dati per l’atmosfera (con i siti di Monte Cimone, Lampedusa, Potenza e Plateau Rosa), gli ecosistemi (con i siti di Castelporziano, Borgo Cioffi, Renon, Negrisia, Monte Bondone, Capodimonte, Arca di Noè, Bosco Fontana e Torgnon) e gli oceani (siti di Miramare, Paloma, E2M3A nel mare Adriatico e W1M3A nel mar Tirreno). Si tratta di una partecipazione di primo piano nella rete europea, che è evidenziata anche dalla guida italiana dell’Ecosystem Thematic Centre – Etc (ospitato a Viterbo presso l’Università degli Studi della Tuscia ed il Cmcc), il centro verso cui confluiscono tutti i dati dei siti ecosistemici di Icos-Ri e che è responsabile del processamento e del controllo qualità dei dati, degli sviluppi metodologici, della formazione e del coordinamento della rete.
L’accordo di collaborazione per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo nel campo delle infrastrutture di ricerca sul ciclo del carbonio tramite la JRU comunemente denominata Icos-Ri (Icos Italia) è coordinato dal Cnr-Dta ed è stato siglato da: Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), la Fondazione Cmcc – Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) della Val d Aosta, la Provincia Autonoma di Bolzano, Fondazione Edmund Mach (Fem), l’Università degli Studi di Sassari, l’Università degli Studi di Padova, l’Università degli Studi di Genova, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Istituto nazionale oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), la Libera Università di Bolzano e l’Università degli Studi di Udine.