Sono un simbolo della città, esempio di architettura sostenibile e inclusiva, celebrati dagli artisti che li hanno vissuti, sono i portici di Bologna che le Nazioni Unite hanno deciso di includere nella lista dei siti patrimonio dell’umanità. Sono il terzo sito italiano a essere entrato nella prestigiosa lista nel 2021 e con loro il nostro Paese raggiunge quota 58.
Piove molto forte ma tanto non mi bagnerò. C’è un bar col portico, mi faccio un cappuccino
Lucio Dalla, Dark Bologna
Da opera abusiva…
Non solo le Torri dalle quali si può ammirare la città, non solo Piazza Grande celebrata da Lucio Dalla, Bologna è anche i suoi portici. 62 chilometri, di cui 42 nel centro storico, di passeggiata al riparo dalle intemperie nel quale convivono pacificamente, ambienti religiosi e civili, attività artigianali e abitazioni private e che rappresentano un unicum nel mondo. Una realtà di ispirazione per la concezione di più moderne città. Eppure i portici di Bologna sono nati per soddisfare un’esigenza più di spazi interni che esterni. Sono nati, cioè, per aumentare la cubatura degli appartamenti siti al primo piano.
… a simbolo della città
La pratica, di cui esistono testimonianze già nell’alto medioevo, consisteva nel poggiare i nuovi spazi sul prolungamento delle travi portanti del solaio, poi col passare del tempo, spingendosi sempre un po’ oltre, è stato necessario creare dei pilastri di sostegno. Questi nuovi spazi, nati se vogliamo in modo abusivo, portarono alla città un valore aggiunto: una migliore abitabilità dei pianterreni, l’espansione delle attività commerciali e artigiane e riparo dalle intemperie. Senza considerare che l’allargamento degli spazi abitativi riuscì a reggere l’aumento dell’immigrazione nella città dovuta soprattutto agli studenti dell’Università. Nel 1288, poi, un bando comunale prescrisse che ogni casa dovesse essere realizzata con un portico e che le case già esistenti dovessero esserne dotate. I portici divennero così una tradizione della città e col passare dei secoli furono realizzati seguendo le linee artistiche del momento. A questa stratificazione artistica dobbiamo la grande varietà di forme nelle diverse zone della città. Passiamo, infatti, dal Casa Isolani, realizzato intorno al 1250 interamente in legno, al rinascimentale portico del Pavaglione che si integra con l’edificio dell’Archiginnasio o al portico che costeggia la basilica di San Giacomo Maggiore. Quello di più recente costruzione (iniziato nel 1811) è il portico del Cimitero Monumentale della Certosa mentre il più lungo è il portico di San Luca: 3796 metri di lunghezza e 666 arcate.
🔴 BREAKING!
— UNESCO 🏛️ #Education #Sciences #Culture 🇺🇳😷 (@UNESCO) July 28, 2021
The Porticoes of Bologna, #Italy🇮🇹, just inscribed on the @UNESCO #WorldHeritage List! Bravo!👏
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I portici di Bologna diventano patrimonio dell’umanità
“Straordinario esempio di spazio privato ad uso pubblico, rappresentativo del sistema urbano di percorsi coperti che definisce l’identità urbana della città di Bologna, contribuendo al senso del luogo e alle dinamiche sociali” con queste parole il Comitato per il patrimonio mondiale dell’agenzia culturale delle Nazioni Unite riunito a Fuzhou (Cina) ha riconosciuto il valore “di questa particolarissima forma di spazio pubblico e privato ad un tempo” come definita dal ministero dei Beni Culturali guidato da Dario Franceschini e deciso di inserirla tra i nuovi patrimoni dell’umanità Unesco. Una decisione resa nota alla vigilia del G20 cultura che si è appena aperto a Roma e che l’Italia ospita per la prima volta.