Tra freddo e pioggia non c’è tregua per i clochard di Napoli che cercano di arrangiarsi come possono improvvisando file al Cardarelli o attrezzandosi al meglio nelle Gallerie di Napoli che diventano case fatte di cartoni e coperte. Ma l’inverno è ancora lungo e le associazioni di volontariato faticano a fronteggiare la situazione.
Il volontariato di strada. Diverse realtà sul territorio partenopeo forniscono servizi primari, pasti caldi e coperte, in alcuni casi attrezzandosi a dormitori. Una di queste è l’Associazione Centro la Tenda che ha allestito un dormitorio pubblico nel rione Sanità ospitando all’incirca 130 persone alle quali è consentito rimanere un massimo di 15 giorni.
Ma una guida più completa su Dove mangiare, dormire, lavarsi è pubblicata, come ogni anno, dalla Comunità di Sant’Egidio per fornire informazioni dettagliate ai senza fissa dimora. Sul territorio sono attive 42 mense per poveri, oltre 20 gruppi di volontari che distribuiscono pasti e coperte in strada, 25 centri di accoglienza, 36 centri di ascolto nelle parrocchie, 18 ambulatori medici e 6 sportelli legali, per un totale di 450 indirizzi utili.
I disagi abitativi. Tuttavia gli sforzi non sono sufficienti, a Napoli sono più di 1.500 i senza fissa dimora e non c’è posto per tutti, molti continuano a rimanere in strada. Anche il Centro di Prima Accoglienza del Comune di Napoli a Via De Blasis è pieno, come racconta uno dei funzionari. «Qui i posti letto sono solo 300, insufficienti rispetto alle richieste e le liste di attesa sono lunghissime. Il panorama è cambiato. Oggi a finire in strada sono intere famiglie che hanno come unica alternativa quella del dormitorio pubblico. Ci sono persone che vengono qui da venti anni ». E quando le porte si chiudono, rimane solo la strada, gelida, come unica alternativa. È ancora vivo il ricordo di Samuele, il clochard che morì per il freddo, nell’indifferenza dei tanti, nei pressi di piazza Municipio. Un episodio che tuttavia rappresenta solo la punta dell’iceberg dove povertà e disagi abitativi sono all’ordine del giorno.
Va infatti considerato che in Italia solo il 6% del patrimonio immobiliare è di edilizia residenziale pubblica mentre in Francia si arriva al 18% e in Germania al 21%. A ciò si aggiunge la crisi e ancor di più l’austerity che hanno dato il colpo di grazia.
I nuovi poveri. Il 14,4% degli italiani è povero e il 4,6% si trova in una condizione di povertà assoluta. Ma i numeri non sono gli stessi tra nord e sud Italia. Secondo il Rapporto Caritas 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale nel settentrione le persone richiedenti aiuto e in stato di povertà sono per la maggior parte stranieri (61,8%) mentre invece al meridione il 59,7% di poveri e disagiati sociale sono connazionali. I dati confermano che sicuramente gli anni dell’austerity hanno influito pesantemente sull’aumento dei poveri con effetti catastrofici. Non siamo infatti di fronte a casi isolati, o a persone che hanno fatto scelte di vita, preferendo la strada ad una occupazione, ad una famiglia ma siamo bensì al cospetto di coloro che hanno pagato le spese sociali dell’austerity, a caro prezzo, ingrossando così le file degli indifferenti della società, degli “esuberi” a cui il sistema non è in grado di farvi fronte, gli stessi che possono morire per strada senza che nessuno se ne accorga.