Anatocismo e “milleproroghe”: prima ordinanza sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Benevento che invia gli atti alla Consulta, affinché decida sulla costituzionalità o meno della norma di legge che nega il diritto al recupero delle somme indebitamente percepite a titolo d’interessi anatocistici se richieste dopo dieci anni dalla singola annotazione sul conto corrente
Nelle scorse settimane, prima dell’approvazione in pompa magna da parte del governo, avevamo già analizzato le incongruenze del famigerato decreto “di-tutto-di-più”. Ora interviene la prima richiesta sulla verifica di legittimità costituzionale della legge appena varata. Era certo infatti, non solo, tra gli operatori del diritto che gli effetti del famigerato “milleproroghe” ed in particolare della scandalosa norma “salva banche” in materia di anatocismo e prescrizione di cui all’art. 2 comma 19 della suddetta legge, si sarebbero fatti sentire immediatamente nelle aule di giustizia. Ecco che, a distanza di pochissimi giorni dalla pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”, il giudice unico dr. Andrea Loffredo del Tribunale Ordinario di Benevento, ha promosso di ufficio con apposita ordinanza del 10 marzo 2011questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione per violazione degli artt. 3, 24, 41, 47 e 102 della Costituzione. Cosa è successo ? Facciamo un passo indietro. Con la disposizione in questione ormai nota ai più, la lobby delle banche abilmente rappresentata dai parlamentari della maggioranza attuale, aveva sconfessato la recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 24418 del 02 dicembre 2010 che aveva confermato il diritto da parte dei correntisti a vedersi restituire tutte le somme indebitamente percepite a titolo di interessi passivi dalle banche su tutti i conti correnti con capitalizzazione trimestrale degli interessi come noto di fatto vietata dall’art. 1283 del Codice Civile. Nella sentenza era stato ribadito il principio secondo cui la prescrizione del diritto del correntista a ottenere la restituzione delle somme, illegittimamente addebitate dalla banca sul conto corrente, decorre dal termine di estinzione del rapporto e non dalla data della singola annotazione a debito sul conto, riaffermando il divieto assoluto dell’anatocismo trimestrale e annuale garantendo in questo modo il diritto di tutti i correntisti, vittime dell’anatocismo alla restituzione dell’indebito relativo ad una prassi bancaria illegale.Con un emendamento, già da più parti definito “criminale”, inserito nella suddetta legge di conversione veniva ribaltato il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte e stabilito con una norma d’interpretazione autentica secondo cui in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente con l’art. 2935 del codice civile, si interpretano nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. Al di là delle giuste polemiche sollevate e dalle dissertazioni dottrinarie sulla efficacia o meno della norma “salva banche” siamo d’accordo, e grati per avercelo segnalato, a Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di IDV e fondatore dello “Sportello Dei Diritti”  quando afferma che è assai importante che tale disposizione venga posta al vaglio di costituzionalità poiché, anche come confermato dall’ordinanza riportata, sussistono evidenti profili d’incostituzionalità della stessa. Non ci resta che attendere il giudizio della Consulta e confidare come consumatori e correntisti che sia cancellato quest’ennesimo scempio in danno dei cittadini.