I medici italiani risultano tra i meno pagati in Europa. Secondo l’Anaao Assomed, tra il 2015 e il 2022 i salari dei dirigenti medici in Italia sono calati del 6,2%, mentre la spesa per i contratti a tempo indeterminato è diminuita del 2,8%. Questa situazione, divenuta ancor più rilevante in vista della nuova legge finanziaria, richiede un’attenzione europea e una riflessione sull’impatto dei fenomeni migratori che riguardano non solo l’Italia.
Un confronto europeo
Una recente analisi della Federazione Europea dei Medici Salariati (FEMS) evidenzia la scarsa valorizzazione economica dei professionisti italiani, sin dal percorso formativo specialistico. L’indagine, basata sui dati di 21 Paesi europei, mostra infatti come l’Italia non sia competitiva rispetto ad altre nazioni nel retribuire adeguatamente i propri medici.
La classifica: Italia in coda tra i Paesi europei
In Italia, i medici in formazione specialistica si collocano al quint’ultimo posto in Europa per remunerazione, davanti solo a Spagna, Grecia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Tuttavia, mentre la Spagna migliora già nella fase successiva con un incremento salariale, Paesi come Olanda, Germania, Austria e Svezia investono in modo significativo nella retribuzione dei medici sin dall’inizio della carriera. Sorprende anche la posizione di Romania, Bulgaria e Croazia, che offrono stipendi competitivi, calcolati a parità di potere d’acquisto, nelle prime fasi di carriera, favorendo la stabilità professionale e personale.
Carriera e remunerazione dei medici: Italia ancora lontana dai vertici
La situazione non migliora significativamente per i medici italiani nelle fasce di carriera successive (0-10 anni di esperienza), mentre solo tra i medici senior si guadagnano posizioni in classifica. Tuttavia, questo dato non basta a rassicurare: i professionisti con oltre 25 anni di anzianità, nonostante le competenze acquisite, spesso preferiscono il settore privato, dove trovano maggiori riconoscimenti economici. Anche Paesi come Germania, Francia, Austria e Olanda continuano a investire sulla figura del medico senior per limitare la migrazione dei professionisti e contrastare il rischio di carenze nelle strutture sanitarie.
Fenomeno migratorio: medici italiani verso l’estero
Mentre l’Italia si affaccia con interesse verso l’Est europeo e l’America Latina, proprio i Paesi dell’Est, una volta noti per i bassi salari, stanno aumentando le retribuzioni e migliorando l’organizzazione lavorativa. Come sottolineano Alessandra Spedicato, Presidente FEMS, e Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed, “il quadro italiano rispetto all’Europa è allarmante”. Tra il 2015 e il 2022, infatti, i salari dei dirigenti medici in Italia sono scesi del 6,2%, e la spesa per i contratti a tempo indeterminato è calata del 2,8%, contribuendo alla fuga di medici italiani verso Paesi più competitivi.
Lavoro in Italia: non solo un problema di stipendi
Non sono solo gli stipendi bassi a spingere i medici italiani a cercare lavoro altrove. Secondo Anaao, oltre 8000 dirigenti medici hanno lasciato il SSN nell’ultimo anno e mezzo, a causa anche delle carenti condizioni di lavoro, delle scarse opportunità di carriera (solo il 12% raggiunge ruoli apicali, di cui appena il 2% donne) e di politiche che non premiano il merito. Inoltre, la sicurezza sul lavoro è compromessa dall’aumento delle aggressioni (16.000 solo nel 2023, dati FNOMCEO) e dalle frequenti denunce civili e penali (35.000 l’anno).
Una richiesta di cambiamento: lo sciopero del 20 novembre
L’Anaao Assomed ha indetto uno sciopero il 20 novembre per chiedere un cambiamento immediato. “Il governo attuale non è l’unico responsabile della crisi della sanità italiana, ma potrebbe dare il colpo di grazia a un SSN già in profonda difficoltà,” dichiarano i rappresentanti dell’Anaao. La questione delle retribuzioni, affermano, non è solo economica, ma anche politica: un sistema retributivo inadeguato riduce l’attrattiva della professione medica e alimenta la fuga dei talenti.
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